L'orologio invisibile delle Ande
C'è un orologio invisibile sulle Ande che segna il trascorrere del tempo, di un altro tempo di cui si dice che solamente i saggi delle comunità possano leggerne l'ora, e dare a conoscenza a tutti gli altri dello scorrere invisibile della storia di chi è tenuto ai margini della società.
Qui, nella periferia dell'impero, la subalternità si sperimenta per essere indigeni, per appartenere ad un altro tempo che scorre con i raccolti, con le pietre mosse dai fiumi, con le preoccupazione nel vedere i loro figli crescere e sognare la città, "la civiltà", al di là di un muro, che è premura di chi detiene il potere fortificare. Sulle Ande peruviane, nella regione di Cusco, a Cusco e non solo, un tempo ancestrale, scandito dai rintocchi di un orologio invisibile, ha battuto nello stesso momento i desideri di migliaia di peruviani, aprendo una breccia in quel muro.
Le Organizzazioni Agrarie: CNA, CCP, CONACAMI, la Junta de Regantes, il Frente de Ganaderos e le Rondas Campesinas hanno raccolto il malcontento popolare e hanno convocato lo Sciopero Agrario Nazionale. La seconda metà di un febbraio che non ha voluto liberare le montagne dalle grandi ombre delle nuvole di questa stagione di piogge ha visto riunirsi le istanze della società civile nella protesta contro la svendita del patrimonio nazionale e l’incuria che lo stato ha dimostrato verso lo stesso.
Lo sciopero ha mostrato un nuovo volto dei popoli peruviani, segnato dalla stanchezza verso le politiche neoliberali di cui sono vittima e che si concretizzano con:
le "Leggi della Selva": aggiustamenti strutturali che svendono milioni di ettari di selva amazzonica alle multinazionali senza previa consulta alle popolazioni indigene originarie, violando così l’art. 169 della Organizzazione Internazionale del Lavoro.
le due leggi sulla messa in asta del patrimonio nazionale, la 29164 e la 29167.
il Trattato di Libero Commercio (accordo bilaterale che il Parlamento peruviano ha recentemente firmato con gli Stati Uniti) contro cui la popolazione ha levato un grido, sordamente inascoltato.
la cecità del governo di Alan García Pérez, ingiustificato assente e sfacciatamente latitante nei confronti di tutti i danneggiati del terremoto del 15 agosto 2007, semplicemente "invisibilizzati" dallo stato e dai grandi mezzi di comunicazione.
Allo Sciopero Agrario si sono sommati lo Sciopero Regionale e il Forum Solidale di Cusco (21, 22 e 23 febbraio), volendo essere quest'ultimo uno spazio creato proprio per articolare esperienze e proporre alternative alla difficile situazione che vive il paese.
Il Forum è stato pensato sin dal principio come un momento di riflessione sui Movimenti Sociali, che nascendo direttamente dal seno delle esigenze popolari, sono portatori di una nuova forma di fare politica, che viene dal basso. Hanno preso parte ai cantieri tematici del Forum dirigenti delle organizzazioni locali e regionali, studiosi dei movimenti sociali e rappresentanti della società civile impegnati nelle lotte per la difesa del patrimonio culturale e ambientale.
L'elaborazione di proposte alternative al dissestato cammino che sembra aver intrapreso lo stato peruviano si è incrociata con l’espressione del malcontento popolare che ha paralizzato la regione di Cusco il 21 e 22 febbraio. I contadini, gli studenti, le lavoratrici del mercato, i venditori ambulanti che sono scesi in strada per manifestare sono stati gli stessi protagonisti che hanno affollato le assemblee del Forum. In questo ha trovato sfogo la rabbia per la brutale risposta repressiva del governo agli scioperi, che ha portato all’uccisione di cinque persone.
L'autopsia sui corpi di Rubin Pariona Camposanto, Emiliano García Mendoza, Julio Rojas Roca, Santiago Llaclla Cañuri ha accertato che ad almeno tre di loro è stato sparato alla testa. Due presentavano due colpi di arma da fuoco alla testa, un altro addirittura tre. Certo qua nessuno ha sostenuto che una pietra tirata in aria abbia cambiato la direzione delle pallottole, anch'esse sparate inoffensivamente in aria, e così ucciso un uomo. D'altronde, nei giorni immediatamente successivi alle morti, il presidente peruviano Alan García Pérez si è congratulato per l'operato delle forze dell'ordine, generando indignazione e repulsione. Ma cosa aspettarsi da chi ha varato un Decreto Legislativo, il 982 che permette l'uso di armi da fuoco per controllare le manifestazioni pubbliche?
Il pacchetto di Decreti, 982-992 è stato creato per combattere la criminalità organizzata, e porta delle rilevanti modifiche al Codice Penale, aggiungendo per esempio all’art. 20 un nuovo inciso di non-imputabilità, che stabilisce che è esente da responsabilità penale il personale delle Forze Armate e della Polizia Nazionale che nel compimento del suo dovere e nell'uso delle sue armi secondo la forma regolamentata, causi lesione o morte.
Un'altra reazione che ha visto agire congiuntamente il governo nazionale e i mass media è stata la criminalizzazione della legittima lotta del popolo cusqueño e peruviano. Si è arrivati alla formulazione dell'accusa di terrorismo per i dirigenti della protesta e gli organizzatori del Forum. Ma l'esperienza che si è vissuto a Cusco, rifuggendo le esasperazioni del governo centrale, è stata un esercizio di democrazia e cittadinanza attiva che ha generato nuovi sogni e speranze per il futuro. La settimana pacifica di protesta è stata il rintocco di un orologio invisibile, che ha fissato un nuovo appuntamento.
I dirigenti regionali e delle organizzazioni agrarie hanno indetto un nuovo sciopero, questa volta di 72 ore, per i diritti economici dei lavoratori, per la difesa del Patrimonio, contro la crisi di rappresentatività politica di cui è espressione questo governo. Ad Aprile si terrá un nuovo Forum Solidale, al quale saranno nuovamente invitate tutte le organizzazioni sociali e popolari che vogliano partecipare uno spazio di incontro, articolazione e riflessione. La sfida sarà ancora una volta la ricerca di alternative alle politiche neoliberali che assoggettano le popolazioni indigene in ogni angolo del mondo.
Sembra inevitabile continuare una lotta pacifica, così come sembra inevitabile continuare a costruire la democrazia, la libertà e la giustizia sociale. Senza di esse rimarremmo attori passivi di quel muro che segna il confine tra la guerra e una pace terrificante.
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