Latina

3 dicembre 2003
Intervista a Gigi Eusebi

INTERVISTA DI GIGI EUSEBI CON MAURIZIO CAMPISI

PER LA RIVISTA URUGUAYANA "JUVENTUD"

1) Il Brasile di Lula rappresenta oggi una speranza per molti osservatori esterni. Come si percepisce questa speranza sul fronte interno?

Con la stessa sintonia, anzi con un carico di speranza e desiderio quasi disperato. La storia contemporanea del Brasile e la "carriera" umana e politica di Lula hanno contribuito in maniera decisiva a portare l´uomo, e gli ideali che rappresenta, al potere. L´elezione di Lula ha segnato una sorta di punto di svolta per il paese, che dopo quasi un ventennio di teorica democrazia vuole tentare il grande passo di coniugare sviluppo ed equilibrio sociale, il tutto in un mondo complesso e neoliberista come quello dell´inizio del terzo millennio.

2) Di quanto tempo avrebbe bisogno il Brasile per sconfiggere le emergenze della povertà, la miseria e lo sfruttamento?

Ce lo chiediamo in molti qui. E´ stato chiaro fin da subito che il quadriennio presidenziale di Lula sarebbe stato appena sufficiente per mettere le basi per un reale cambiamento, per invertire una rotta di colonialismo, sfruttamento, schiavitù, corruzione che può essere datata utilizzando come unità di misura i secoli e non gli anni.

500 anni di dominazione coloniale non si cancellano in un mandato di 4 anni e nemmeno in due (qui infatti si ragiona già sull´ipotesi augurabile di una rielezione di Lula, che oggi sarebbe quasi garantita, visti gli ancora attuali alti indici di approvazione personale del Presidente, situati intorno al 70%).

Personalmente credo che il processo sia partito, lentamente ma sia partito e che ci vorrà almeno una generazione per vederne i frutti, sia pratici sia soprattutto culturali.

3) Che capacità di cambio reale ha Lula? Mi sembra di capire che i migliori progetti possono rimanere lettera morta se non si raggiungono accordi con gli altri partiti di governo e, soprattutto, con i gruppi di potere.

Una delle frasi più ricorrenti di Lula è che lui ed il PT hanno vinto le elezioni ma non hanno preso il potere. Ciò è tanto vero quanto faticoso ed é testimoniato dall´andamento a zig-zag della strategia politica del governo.

Le lobby moderate se non reazionarie interne ed esterne sono fortissime e pesano fortemente sulle politiche governative, economiche e sociali (basti pensare ad esempio alla controversa decisione di liberare per un altro anno la coltivazione di soia transgenica negli stati del sud).

Direi che a distanza di quasi un anno si vedono cambiamenti visibili e soddisfacenti nella politica estera, finalmente autonoma, innovativa e terzomondista. Mentre in politica interna, specie in campo economico e sul piano delle grandi riforme (previdenziale, tributaria, agraria, del lavoro) i risultati per ora sono stati molto parziali, anche se é innegabile che i principali indicatori macro-economici del paese sono tutti in netto miglioramento, almeno secondo le categorie tradizionali.

4) Come reagisce il Partito dei lavoratori alle necessità di compromesso di Lula?
Esiste un conflitto interno forte, a volte una vera e propria crisi. Una parte del partito non accetta il riflusso di Lula e del governo su temi e bandiere storiche del partito (ALCA, transgenici, FMI, riforme), e alcuni parlamentari - i cosiddetti "radicali" - hanno ripetutamente votato contro il governo e sono oggetto di pressioni e minacce di espulsione dal partito.

Dal canto suo il governo non riesce ancora a convivere con il fatto che il PT non é il governo (pur standoci dentro ai massimi livelli), e non può pensare di mortificare dibattito e storia con provvedimenti e minacce verso coloro che non sono fedeli alla linea, anche perché questi ultimi hanno dalla loro la facile argomentazione di non stare facendo altro che rivendicare esattamente ciò che il PT e Lula hanno sostenuto per decenni.

Una sfida per il PT governista sarà quella di apprendere a gestire una mediazione che coniughi la necessità di governabilità e consenso con la possibilitá per il partito di mantenere una propria fisionomia autonoma.

Preoccupante in questo senso é un fenomeno tipico in Brasile, il "governismo", vale a dire l´entrata nel PT di figure politiche mercenarie e opportuniste, sempre pronte a schierarsi con chi comanda, che rischiano di inquinare il profilo ideologicamente definito e più militante che ha caratterizzato finora la storia di questo partito.

Il "relatore" ufficiale della riforma tributaria in discussione e approvazione in questo periodo è, per fare un esempio, Romero Jucá Filho, un rampante senatore pernambucano ma eletto nello stato di Roraima, del quale é stato per anni governatore. Lo conosco bene perché ho vissuto e lavorato con gli indios nella cooperazione internazionale per 4 anni in Roraima e ne ho tracciato il profilo e le "bravate" in un libro sul genocidio degli indios Yanomami (A Barriga morreu, Ed. Sonda, Torino, 1990). Ebbene, Romero Jucá è stato per tutta la vita un politico corrotto, opportunista, governista e da governatore di Roraima ha favorito, stimolato (quando non ordinato) veri e propri massacri delle popolazioni indigene. Come fa ora questo "Previti tropicale", pur appartenente all´opposizione, ad avere un ruolo così di rilievo nelle articolazioni politiche del governo Lula?

5) In base a questi equilibri, che futuro potranno avere le riforme che si stanno preparando, come quella sull'educazione o quella sul fisco?

Tutte le riforme, quelle già passate (previdenziale) e quelle in discussione (tributaria al momento), soffrono l´ambiguità tra ideali e realtà, del fatto cioè di partire con determinati presupposti di maggior equità sociale per finire poi per produrre degli ibridi che risentono di mediazioni politiche, accordi, equilibrio di interessi contrapposti.

Ne escono fuori riforme che sono sì dei progressi oggettivi, per un paese che per decenni ha tentato inutilmente di venire a capo di tali problemi, ma che rispondono solo in minima parte alle aspettative di maggior giustizia sociale.

E´ la famosa storia del bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto...

6) Quali sono i progetti attivati nel campo sociale e che accettazione hanno avuto nelle comunità interessate?
Oltre al famoso programma "Fame Zero", mirato a sradicare la fame atavica, che ancora oggi colpisce quasi 50 milioni di brasiliani (su 175), attraverso un mix di azioni assistenziali e strutturali, esistono diverse azioni parallele, dal programma "Borsa Famiglia" a quello "Primo Lavoro", oltre a diverse misure in campo educativo che puntano ad alfabetizzare (realmente e non solo sulla carta come avveniva in passato) circa 20 milioni di persone (metà forse irraggiungibile e già ricondotta ad un più realistico numero di 5 milioni).

Stranamente, soprattutto nel mondo del terzo settore locale e internazionale, si parla poco di un mega programma di microcredito di stato, che sta investendo 5,4 miliardi di Reais (cambio attuale: 1$US= 2.85 Reais) in finanziamenti per infrastruttura, acquisto di materia prima, capitale di giro, a favore principalmente di comunità della cosiddetta agricoltura familiare (nota personale: il ministero dove sono inserito, dello sviluppo territoriale, opera esattamente in questo settore, costituendo una delle "ali sinistre" della squadra del governo Lula...).

Questo programma ricalca in parte il modello di finanza etica reso famoso nel mondo dalla "mitica" esperienza della Grameen Bank del Bangladesh fondata da Mohammed Yunus, l´icona internazionale della finanza etica.

Lo stesso appoggio politico ed economico al commercio equo e solidale (visibile anche con la mia presenza nel governo) e più in generale all´economia solidale, è testimoniato dalla creazione di un ministero-segreteria dell´economia solidale, coordinata da un grande nome del mondo accademico e militante della sinistra brasiliana, Paul Singer.

Credo però che il vero spartiacque della coerenza dell´azione sociale del governo Lula sarà la realizzazione durante i 4 anni di governo di una vera riforma agraria, per ora solo timidamente abbozzata.

7) Come sta progredendo il lavoro unitario tra i paesi che a Cancún si sono opposti alle regole dell'Omc?
Sinceramente non ho grandi informazioni relativamente a questo punto. Dopo il lavoro di... marketing internazionale svolto brillantemente dal Brasile a Cancún non si sono viste molte azioni successive. Mi pare che il gruppo iniziale dei 23 paesi si sia già ridotto a 14-15 e che non ci siano state particolare azioni di sviluppo politico. Si sta invece consolidando un dibattito razionale ma coerente rispetto all´ALCA. Il Brasile coordina un´azione continentale a livello latino-americano di disponibilità al dialogo con USA e multinazionali, ma di ferma posizione rivendicativa rispetto al fatto che non saranno negoziabili né la sovranità nazionale né il diritto dei paesi più deboli di cercare uno sviluppo autonomo e conveniente per loro. Su questo Lula é chiarissimo: o un´ALCA equilibrata o nessuna ALCA. Ed infatti gli USA sono già partiti con azioni parallele, fatte di accordi bilaterali con ciascun paese, visto che ormai si può escludere che all´inizio del 2005, come inizialmente agendato, possa partire questo accordo commerciale del continente americano. Gli USA dichiarano pubblicamente che con o senza Brasile l´ALCA passerà, ma sanno bene che un´ALCA senza Brasile e Argentina (anche il nuovo presidente Kirchner sta "Luleggiando") non avrebbe nessun valore reale.

8) Quanto può essere valida la proposta del commercio equo solidale?
Da sola rappresenta molto poco, appena una testimonianza di "un altro mondo é possibile" senza molta efficacia concreta. Inserita invece in un piano organico di azioni di sviluppo sociale armonico, autogestito e rispettoso dei diritti degli esclusi e delle catene produttive di base, ha una portata potenzialmente "revolucionaria".

Leggo in questo modo anche il senso della mia presenza a Brasilia. L´obiettivo del mio lavoro é di sviluppare nuovi accordi solidali con piccole cooperative ed associazioni brasiliane, ma soprattutto di far passare dentro le istituzioni la cultura fairtrade, la necessità ed anche la convenienza di privilegiare politiche di sostegno all´agricoltura familiare. In questo senso ho la fortuna di vivere un momento storico favorevole a queste dinamiche, almeno in Brasile.

9) Non c'è il rischio che con il commercio equo solidale le comunità interessate dai progetti entrino in un differente tipo di sfruttamento?

Il rischio effettivamente esiste, dopo oltre 40 anni di commercio equo internazionale. Dopo una prima fase pioniera di appoggio a volte assistenziale e amatoriale si é passati oggi in qualche caso all´eccesso opposto. Troppe realtà del primo mondo del fairtrade sono strutturate e - quel che è peggio - ragionano con una cultura a mio avviso esagerata di dare priorità a efficienza e competitività, a spazi di mercato conquistati in maniera tradizionale, cioè aggressiva. Se il commercio equo prende questa strada probabilmente moltiplica i fatturati ma dimezza la potenzialità alternativa e brucia i valori positivi conquistati a fatica in questi decenni con un lavoro lento ma coerente.

In Italia ero solito esprimere il timore che alcuni settori del commercio equo stiano scambiando i mezzi con i fini, nel senso che i numeri del fatturato e l´affermazione dei propri marchi offuscano la vera ragione che dà senso a questa attività, vale a dire la ricerca di percorsi alternativi di nuova economia locale e globale.

Se ciò passasse, le prime vittime di tale logica sarebbero i produttori del sud (in quanto ormai si cercano prevalentemente partnership con controparti solide e competitive e non più con gruppi di base) ed i consumatori del nord (spesso ignari dei meccanismi potenzialmente perversi che potrebbero innescarsi se il fairtrade si limitasse ad essere la (brutta) copia del modello vigente di economia di mercato.

In questo senso credo sia fondamentale la vigilanza di tutti, consumatori, addetti ai lavori, media

10) Che futuro vedi per Lula e le sue proposte di governo?
Salvo fatti straordinari oggi imprevedibili, prevedo una prima parte di governo "soft", che tranqullizzerà mercati, FMI, potenze occidentali e lobby interne. Mentre verso la fine del primo mandato e - "se Deus quiser", come si dice qui - durante il secondo, confido in un'accelerata più decisa in campo sociale e realmente riformista.

Lula dice spesso che il Presidente non riesce sempre a fare e dire ciò che vorrebbe, ma sono ancora convinto (conosco Lula personalmente da quasi 10 anni e con un po' di megalomania mi potrei definire un amico...) che il coefficiente umano e politico dell´uomo sono di grande spessore, a prova di bomba (spero...), imparagonabile nel desolante panorama politico mondiale attuale.

Il governo di Lula non sarà certamente quello dei nostri (e dei suoi...) sogni, ma sarà ed in parte è già di gran lunga il miglior governo che il Brasile avrà avuto in 500 anni di storia.

Bicchiere mezzo vuoto o mezzo pieno...?

Luigi Eusebi

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