Paraguay: sei campesinos chiedono asilo politico all'Argentina
E' una storia grottesca, e al tempo stesso drammatica, quella che stanno vivendo da quasi due anni sei campesinos paraguayani attualmente detenuti nel carcere argentino di massima sicurezza di Marcos Paz.
I sei entrarono legalmente in Argentina per chiedere l'asilo politico in seguito alla pesantissima accusa formulata contro di loro di essere gli autori del sequestro e del conseguente assassinio di Cecilia Cubas (figlia dell'ex presidente del Paraguay Raul Cubas) avvenuto nel 2004, in relazione al quale si sono sempre professati innocenti.
Al loro arrivo in Argentina il Cepare (Comité de Elegibilidad para los Refugiados) concesse immediatamente loro lo status di rifugiati politici, ma solo pochi giorni dopo la Polizia Federale ne decise l'arresto. Adesso, dopo un anno e dieci mesi di prigione la giustizia argentina intende estradarli al loro paese d'origine, che significherebbe per loro un ritorno all'inferno in quanto oppositori politici di un governo che farebbe di tutto per toglierseli di mezzo. Se fossero veramente rispediti in Paraguay rischierebbero la morte sicura, per questo motivo si attende con impazienza la decisione della Corte Suprema di Giustizia argentina, che potrebbe revocare l'estradizione e contestualmente concedere l'attribuzione dello status permanente di rifugiati politici.
La lista dei firmatari in appoggio ai sei campesinos affinché la giustizia argentina non si presti alle pressioni del Partido Colorado paraguayano e rifiuti l'estradizione si moltiplicano giorno dopo giorno: al lungo elenco di organizzazioni sociali argentine e paraguayane (tra le altre il movimento politico di Monsignor Fernando Lugo "Tekojoja", il Movimiento por la Paz y la Solidariedad entre los Pueblos e la Liga Argentina por los Derechos del Hombre) si sono aggiunti prestigiosi premi Nobel quali Rigoberta Menchù e Adolfo Perez Esquivel e la giornalista Estela Calloni.
Sono gli stessi sei campesinos (Augustìn Acosta, Roque Rodriguez, Simeòn Bordòn, Gustavo Lezcano, Brasiliano Cardozo, Aristides Vera) che, in una lettera aperta all'opinione pubblica, si dichiarano prigionieri politici e spiegano le motivazioni per cui sono accusati di un delitto che non hanno mai commesso. Attaccano il Partido Colorado e le sue varie fazioni in lotta per il potere di essere i veri responsabili dell'omicidio di Cecilia Cubas, sottolineando come l'attribuzione a loro dell'assassinio faccia parte di un piano prestabilito per gettare discredito sul movimento politico al quale appartengono, il Partido Patria Libre. "Il sequestro e l'assassinio rispondono ad un regolamento di conti interno all'oligarchia mafiosa paraguayana", scrivono nella loro lettera. "Che ci accusino pure di essere i responsabili dei blocchi stradali e dell'occupazione delle terre, ma non di cose che non abbiamo fatto", hanno dichiarato, ribadendo di essere "vittime della potere assolutista e delle ingiustizie commesse dal Partido Colorado e dalla magistratura a loro vicina".
Da anni il movimento campesino paraguayano, che i sei definiscono "los sin nombre y sin historia", si batte contro le gravi violazioni dei diritti umani che avvengono ne loro paese, messo in ginocchio dalla più longeva dittatura dell'America Latina, cominciata nel 1954 sotto il governo di Alfredo Stroessner e terminata ufficialmente nel 1989 dopo 35 anni di torture, sparizioni e deportazioni di cui sono stati vittime i contadini paraguayani, costretti negli anni successivi a fronteggiare il generale Lino Oviedo. Quella che per molti sembrava una fase di transizione democratica si rivelò invece uno specchietto per le allodole per mantenere al potere il Partido Colorado dopo che Stroessner era divenuto troppo impresentabile anche per gli Stati Uniti che pure lo avevano portato al potere.
La strategia di denunciare gli oppositori politici del Partido Colorado sembra aver preso piede anche nell’ultima fase della campagna elettorale in vista delle presidenziali del 20 Aprile, per le quali i sondaggi danno come ampiamente favorito Monsignor Fernando Lugo: molti candidati dell'opposizione noti per il loro impegno nella redistribuzione della terra e nella denuncia dei latifondisti sono stati infatti accusati di essere dei sequestratori.
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