Argentina: libero il torturatore Patti
Torturatore durante gli anni della dittatura argentina (1976-1983), adesso Luis Patti è di nuovo un uomo libero. Non è bastato alla Camera Federale il suo coinvolgimento in crimini orrendi, sequestri, omicidi e torture per mantenerlo in regime di carcerazione preventiva e annullare l'inquietante verdetto espresso dalla Corte Suprema, che gli ha riconosciuto il diritto a richiedere il suo posto da deputato conquistato a Escobar (provincia di Buenos Aires) nel 2005 con oltre il 70% dei voti nelle file del Partido de Unión Federalista.
Il curriculum da perfetto torturatore Luis Patti comincia a crearselo nel 1973 quando, in una pasticceria di Escobar, uccide tre giovani ritenuti presunti responsabili di aver violentato una donna, ma in realtà del tutto estranei a questo episodio: il fatto viene segnalato soltanto dal piccolo giornale locale "El Actual", diretto dal militante comunista Tilo Wenner che il 25 Marzo 1976, un solo giorno dopo il colpo di stato della giunta militare insediatasi alla Casa Rosada, viene sequestrato e diventa uno dei primi desaparecidos.
Patti "lavora" talmente bene come repressore che nel 1976 riesce ad ottenere l'archiviazione sia per l'assassinio dei tre giovani rivelatasi innocenti sia per le torture inflitte in prigione al detenuto Julio Di Battista, e nel frattempo diventa uno dei più stretti collaboratori del generale Camps, che più di una volta si congratula con lui per la "capacità di svolgere brillantemente i suoi compiti".
Altre denunce piovono negli anni seguenti contro Patti: la Conadep (Comisión Nacional sobre la Desaparición de Personas) lo ha riconosciuto come il torturatore soprannominato "El Loco", mentre Isabel de Mariani, appartenente alle Abuelas de Plaza de Mayo trovò la sua casa messa a soqquadro da una squadraccia di cui lui stesso era il responsabile e che assassinò a sangue freddo sua nuora e sequestrò sua nipote. Infine, in occasione dell'assassinio di Augustin Cambiasso e Eduardo Pereyra, avvenuto il 17 Maggio 1983 dopo tre giorni di sequestro, l'allora capo della Bonaerense Fernando Verplaesten (anch'esso integrante del gruppo di torturatori vicini alla giunta militare), giustificò il rapimento e la successiva sparizione. Il successo elettorale del maggio 1995 a Escobar gli valse l'immunità nonostante nel 1990 il giudice Raul Alberto Borrino avesse formulato contro di lui l'accusa di tortura.
Evidentemente i lunghi mesi di carcerazione preventiva non gli hanno tolto influenti agganci con i giudici della Camera Federale e della Corte Suprema, altrimenti non si spiega in alcun modo la sua scarcerazione: "la giustizia argentina aveva l'opportunità storica per dimostrare quanto teneva ai diritti umani", hanno spiegato i familiari delle vittime, ricordando inoltre che la libertà concessa a Patti potrebbe invitarlo alla fuga, come già hanno fatto altri personaggi legati alla dittatura militare in attesa della sentenza definitiva della Camera dei Deputati, che già nel 2006 aveva impedito a Patti di assumere il suo incarico politico per "mancata idoneità morale".
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