Guatemala: le promesse mancate di Colom
Sono trascorsi soltanto pochi mesi dall'elezione di Álvaro Colom alla presidenza del Guatemala, ma le timide speranze suscitate dalla sua affermazione sul generale Otto Perez Molina sembrano già svanite. La scelta del 53% guatemaltechi di rifiutare un presidente nuovamente legato agli anni più bui della repressione, incarnato dal candidato del Partido Patriota, aveva autorizzato a sperare in qualche piccolo ma significativo cambiamento, anche se nessuno si aspettava da Colom una politica radicalmente diversa da quella del suo predecessore Berger (Gran Alianza Nacional).
Si era detto che Colom difficilmente avrebbe potuto far meglio di Berger, ma i primi atti del nuovo governo in materia di sicurezza, diritti umani e politica economico-energetica sono davvero poco confortanti.
Il Guatemala continua ad essere uno dei paesi con il più alto tasso di omicidi dell'America Centrale, sia per le violenze commesse dai pandilleros (verso i quali il governo addossa tutte le colpe), sia soprattutto per la presenza di gruppi criminali le cui azioni sono volte a destabilizzare il paese, come sostiene l'Onu. Se tutti i governi, indipendentemente dal loro colore politico, hanno sempre perseguito ferocemente le pandillas e i ragazzi di strada, da Colom ci aspettava una politica quantomeno più moderata, maggiormente disponibile alla risoluzione dei problemi che alla repressione indiscriminata. Al contrario, piuttosto che cercare di porre un freno o indagare seriamente sui tentativi di destabilizzazione in atto (cosa peraltro non facile), il governo ha preferito adottare misure eclatanti per far credere alla popolazione di poter risolvere con mano dura il problema dell'insicurezza sociale. In questo senso è stato messo in pratica il Plan Quadrante (dal nome delle zone 1 e 2 di Città del Guatemala, divise appunto in quadranti), che aumenta a dismisura la presenza della polizia nella capitale al solo scopo di proseguire l'opera di "limpieza social" non solo contro i pandilleros, ma anche nei confronti dei ragazzi di strada non necessariamente aderenti ad una banda: l'obiettivo è quello di cacciarli a qualunque costo fuori dal centro storico. Il Plan Quadrante rappresenta la faccia forse più feroce della politica aggressiva praticata da anni dai governi e dalla Municipalidad di Città del Guatemala e denunciata più volte dai giovani del Mojoca (il Movimiento Jovenes Callejeros, struttura autogestita composta da ex ragazzi di strada che opera nella capitale e cerca di aiutare i giovani ad abbandonare le pandillas con il supporto delle ong italiane Amistrada e Mani Tese), ma non si può far a meno di collegarlo con la volontà di Colom di riapplicare la pena di morte. La possibilità di approvazione della pena di morte ha creato molto scalpore poiché poco dopo il suo insediamento Colom aveva garantito che non era sua intenzione riattivare la pena capitale, anche se un sondaggio svolto lo scorso marzo dal quotidiano Prensa Libre riportava l'opinione favorevole del 97,4% dei guatemaltechi contro il solo 2,6% di contrari su un totale di quasi 8000 cittadini consultati. Il voto schiacciante a favore della pena di morte si spiega anche con il clima di profonda insicurezza che si respira in tutto il paese e che inevitabilmente ha finito per condizionare lo stesso presidente guatemalteco. In una lettera inviata a Colom lo scorso 25 Aprile, Amnesty International invita il governo a lavorare per un sistema giudiziario capace di affrontare l'impunità e sottolinea come la pena capitale di certo non servirà a risolvere le paure dei guatemaltechi. Anche all'interno dello staff presidenziale le opinioni sull'argomento sono molto diverse: il vicepresidente Espada ha fatto notare a Colom come la pena di morte non sia conciliabile con il percorso socialdemocratico che il governo dice di voler seguire, mentre a questo proposito si è mossa anche la Cecg (Consejo Ecuménico Cristiano de Guatemala), invitando il governo ad occuparsi seriamente dei massacri finora impuniti di cui sono rimasti spesso vittime indigeni, sindacalisti e campesinos, e di migliorare le condizioni di sanità, istruzione e lavoro piuttosto che ristabilire la pena capitale.
Diritti umani e sicurezza non sono però gli unici aspetti su cui il governo sembra essere in difficoltà.
Il Frente Nacional de Lucha en Defensa de los Servicios Publicos y de los Recursos Naturales ha attaccato duramente Colom per le sue prime mosse in campo energetico. In particolare, il Frente accusa il governo di aver concesso la gestione dell'energia del paese alla multinazionale Ashmore Energy International, dietro alla quale starebbe Unión Fenosa. L'appalto prevede che la Ashmore Energy International produca energia a partire dal carbone minerale, che, spiega ancora il Frente, è profondamente nocivo per l'ambiente: "nel momento in cui la maggior parte dei paesi smettono di usufruire questo tipo di energia il Guatemala comincia a generarla e ad utilizzarla". Inoltre è evidente che la situazione di monopolio di Ashmore Energy International in campo energetico costringerà i guatemaltechi a spendere per poterne usufruire poiché non ci saranno altre fonti di energia disponibili. Già a fine 2007 Colom si era recato in Spagna per accordarsi con Unión Fenosa, privatizzare l'energia e annullare di fatto l’opera dell'Inde (l’Instituto Nacional de Elecrticidad statale).
Infine, i dati più impietose sono offerte dall'Istituto Nazionale di Statistiche guatemalteco: nell'ultimo anno, e in particolare sotto la presidenza Colom, il costo di cibo e bevande sono aumentati del 12% (soprattutto mais, farina, ortaggi, carne), il trasporto pubblico del 10% e lo stesso consumo di energia elettrica è salito notevolment
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