Latina

Il referendum per l'autonomia dei dipartimenti dell'Oriente boliviano segna un punto a sfavore dei separatisti

Bolivia: a Beni e Pando prevale l'astensione

Irregolarità e provocazioni dei comitati civici durante il voto

6 giugno 2008
David Lifodi
Fonte: Bolpress

Come già avvenuto in occasione del recente referendum autonomista proclamato dai comitati civici di Santa Cruz, anche quelli svoltisi negli altri due dipartimenti della media-luna Beni e Pando lo scorso 1 Giugno, sono stati contrassegnati da un'alta percentuale di astensionismo.
Per i prefetti e gli aggressivi comitati civici dell'Oriente boliviano si tratta di un duro colpo, anche se i principali sostenitori dell'autonomia della media-luna continuano a soffiare sul fuoco allo scopo di creare le condizioni per quella balcanizzazione del paese di cui già da tempo si parla. A Pando l'astensione ha raggiunto il 45,23%: su quasi 29mila votanti è vero che oltre 12mila hanno votato per l'autonomia, ma è altrettanto innegabile che circa 14mila hanno disertato le urne e ben 2700 si sono espressi per il "No". Per quanto riguarda Beni invece, l'astensione si è attestata al 34%, a cui va aggiunto il 20% dei votanti per il "No". Il fallimento dei referendum è spiegabile anche con l'incessante lavoro dei movimenti sociali, che si sono prodigati per invitare la popolazione a votare "No" o a boicottare la consultazione, nonostante si siano verificate numerose irregolarità dovute alle azioni dei comitati civici. Gruppi di aderenti alla Ujc (Unión Juvenil Cruceñista)provenienti da Santa Cruz sono intervenuti in entrambi i dipartimenti allo scopo di costringere i cittadini a votare per il "Si" all'autonomia, come riportato dall'inviato del governo Morales Palmiro Soria a Bolpress e Radio Erbol. Sempre Soria non ha potuto fare a meno di condannare la presenza a Beni e Pando, a scopo puramente provocatorio, del prefetto di Santa Cruz Costas, del leader dell'opposizione Quiroga (appartenente al movimento politico "Podemos" – Poder Democrático Social) e del presidente del Comitato Civico cruceño Branko Marinkovic. Tutti e tre hanno più volte negato la campagna di compravendita dei voti allo scopo di pilotare il referendum, ma la loro presenza, unita alle molteplici irregolarità durante il voto, hanno fatto dichiarare al ministro Alfredo Rada che il governo non avrebbe riconosciuto in ogni caso l'esito di una consultazione referendaria già illegale in se stessa. A questo proposito suonano come beffarde e poco credibili sia le dichiarazioni di Marinkovic, che ancora una volta ha tenuto a sottolineare che i comitati non aspirano ad un'autonomia separatista quanto ad un progetto di una nuova Bolivia che coinvolga tutto il paese, sia le rassicurazioni dei prefetti di Beni e Pando, secondo i quali il referendum avrebbe rappresentato un'occasione storica per tutto il paese. Miguel Becerra, dirigente del Movimiento Amazónico de Renovación (Mar), ha denunciato un vero e proprio piano di frode elettorale che sarebbe stato organizzato dal prefetto di Pando Leopoldo Fernández, responsabile di aver speso una considerevole somma di denaro per comprare l'elettorato pandino affinché votasse per il "Si".
Un altro tentativo di destabilizzazione del governo Morales e del Mas è arrivato da Quiroga che, il giorno successivo al referendum, ha scritto una lettera allo stesso presidente boliviano per convincerlo della bontà dei progetti autonomisti della media-luna con la velata minaccia di offrirgli l'ultima opportunità per siglare un patto in cui fosse garantita ai dipartimenti separatisti mano libera in campo politico, economico e sociale.
Il tentativo di manipolare l'esito del referendum è venuto però non solo dai settori più reazionari e razzisti della Bolivia, ma anche dall'Europa. In una lettera inviata al quotidiano spagnolo "El País" Bartolomé Clavero, membro del Foro Permanente de Naciones Unidas para las Cuestiones Indígenas, ha duramente contestato gli articoli dedicati alla questione boliviana (e più in generale all'America Latina) da parte del giornale. In particolare, "El País" è finito sotto accusa per la sua politica editoriale, che ha del tutto tralasciato "il contenuto discriminatorio degli statuti autonomisti e il carattere apertamente razzista dei gruppi che se ne fanno portavoce", insistendo invece sui rischi derivanti da un eventuale conflitto etnico che potrebbe scoppiare in Bolivia per mano indigena.
L'esito dei referendum in realtà non intende negare la presenza di ampi settori della popolazione a favore dell'autonomia, ma non si può fare a meno di evidenziare come a Beni, Pando e Santa Cruz la percentuale di astenuti e votanti per il "No" è stata molto maggiore di quanto le forze secessioniste si attendessero: quello che però potrebbe alla lunga condizionare il governo Morales è la politica del muro contro muro voluta dall'opposizione, che di fatto mira a spaccare il paese a metà e a bloccare qualsiasi iniziativa governativa.

Note: Articolo realizzato da David Lifodi per www.peacelink.it
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