Nicaragua: Unidos y revueltos
A capeggiare la marcia c'era il Movimiento por Nicaragua (MPN), un'organizzazione sorta nel 2005 dalle viscere dell'impresariato nazionale in difesa del governo Bolaños durante la crisi istituzionale che lo aveva fatto pericolosamente barcollare e finanziata da agenzie nordamericane.
Al MpN si è accodata un'ampia gamma di organizzazioni e di partiti, tra cui il MRS, il Partido Conservador, una rappresentanza del PLC, il Movimiento "Vamos con Eduardo", la Coordinadora Civil, la Comisión Permanente de Derechos Humanos (CPDH), il Movimiento Autonomo de Mujeres (MAM). Un miscuglio di origini, tendenze politiche ed ideologiche che vanno da posizioni apertamente socialiste (Movimiento por el Rescate del Sandinismo di Monica Baltodano), a posizioni centriste o socialdemocratiche (MRS), fino ad arrivare ai settori più reazionari nostalgici del somozismo, passando attraverso le oligarchie locali (PC), il liberalismo finanziario e gente comune, molti i giovani, attratti dalla campagna mediatica in atto ed allergici all'immagine autoritaria di questo governo, che può anche ispirare ribellione. Tutti uniti, ma questa volta anche revueltos (mescolati), in una preoccupante accozzaglia di non facile interpretazione, se non quella di dare spallate all'amministrazione Ortega.
Non è certo facile digerire l'immagine di ex comandati guerriglieri/e e giovani osannanti alla rivoluzione marciare o condividere il palco con l'ex banchiere Eduardo Montealegre (proprio oggi accusato formalmente per lo scandalo dei CENIS), con l'ex contra nostalgico del somozismo Enrique Quiñonez, con la créme dell'oligarchia conservatrice e l'opulenza della classe criolla, con i deputati del liberalismo financiero a braccetto con gli esponenti delle fantomatiche organizzazioni della società civile, gli imprenditori, i cantautori infuriati, da un punto di vista legale giustamente, con il governo, e poi scrittori, poeti ed intellettuali di varia indole, per concludere con i bananeros del Nemagón.
Una sorte di "brodaglia primordiale" che sventola la bandiera della lotta contro la dittatura e che proclama non essere più il momento di distinguere tra "destra o sinistra", ma tra "democrazia ed autoritarismo", o dittatura istituzionale, come viene chiamata. Se si vuole, un ottimo modo per evitare di guardarsi attorno ed arrossire, o di cercare almeno punti comuni per costruire qualcosa in termini progettuali.
Sconcertanti le dichiarazioni di alcuni personaggi.
"Questa marcia significa che la maggioranza dei nicaraguensi sono per la difesa della democrazia. Una marcia che è andata oltre le aspettative, sia come partecipazione che come pluralità. Qui ci sono persone di tutte le origini politiche e di tutte le classi sociali. Questo è il Nicaragua. E se questo, come dice qualcuno, è finanziato dall'ambasciata americana vuol dire che hanno dato davvero tanti soldi, ma non tanti come quelli del Venezuela...", ha detto Edmundo Jarquín, coordinatore del MRS.
"Questo è l'inizio della trasformazione del Nicaragua verso una vera democrazia e il popolo non accetterà altre imposizioni. Come ha detto una donna nel barrio 380, i poveri sono abituati a soffrire la povertà, ma non la dittatura. Questa è una vera espressione del cuore dei nicaraguensi, senza nessuna manipolazione e Ortega ha paura di questo", ha invece detto Eduardo Montealegre.
Per Enrique Quiñonez, derechista doc, "Diciamo NO alla dittatura e non vogliamo il Patto e il popolo oggi ha chiarito la sua posizione e cioè che se ne devono andare e che andiamo de frente contra el Frente".
Per Violeta Granera, presidentessa del Movimiento por Nicaragua (MpN) "È un vero successo perché ci sono migliaia di persone che sono qui perché amano il Nicaragua. È assolutamente falso che questa marcia sia stata finanziata dal governi stranieri. Posso assicurare che non c'è un solo cordoba che non sia il frutto dello sforzo e della donazione dei nicaraguensi".
Visto lo spiegamento di mezzi è difficile crederci.
Secondo Dick Emanuelsson, giornalista di Argenpress, "Una sconosciuta Unión Ciudadana por la Democracia, che agglutina 17 organizzazioni non governative, ha convocato questa marcia civica a cui parteciperanno tutte le espressioni che vogliono difendere la democrazia e lottare contro la dittatura e per una giustizia indipendente - raccontava alla radio Benjamín Lugo, del Movimiento por Nicaragua. Ma chi c'è dietro il Movimiento por Nicaragua e quanta indipendenza rappresenta?
Cercando in internet ho trovato la sua pagina web, nella quale non si occulta nulla. Cliccando su "Donatori" appaiono Inversión Nacional por la Democracia/National Endowment for Democracy (NED), Instituto Nacional Democrático/National Democratic Institute (NDI), Agencia de los Estados Unidos para el Desarrollo (USAID), l'ambasciata degli Stati Uniti in Nicaragua, Red PROBIDAD con l'auspicio del Instituto de la Sociedad Abierta / Open Society Institute (OSI), Instituto Republicano Internacional/International Republican Institute (IRI), Ambasciata del Giappone e di Taiwan. Quello che non dice è l'importo che questi potenti organismi e paesi hanno consegnato a questa "ONG" che, nella sua agenda di attività degli ultimi due anni, non presenta molte attività realizzate. Venerdì si è comunque mobilitate per attaccare il governo sandinista.
Tra le altre "organizzazioni senza fini di lucro" che partecipano alla marcia, per attaccare un governo che lavora per ricostruire un paese sepolto dai tre precedenti governi neoliberisti, non può mancare l'organismo dei diritti umani. In questo caso la Commissione Permanente dei Diritti Umani (CPDH).
Nella ricerca fatta risulta che il segretario esecutivo di questo nobile organismo, Marcos Carmona, ha ricevuto 24.970 dollari dai generosi rappresentanti di USAID, equivalenti a 35.671 salari minimi di un nicaraguense. Non male questa pisciata - come si dice in Svezia!
Ma ci sono anche altre "ONG" a Managua che girano con le 4X4, una più esclusiva dell'altra e che frequentano i banchieri.
L'ONG col pomposo nome di Istituto di Studi Strategici e Politiche Pubbliche (IEEPP)" ha ricevuto dalla NED - l'ufficio salariale della succursale civile della CIA - la considerevole somma di 58.654 dollari nel 2006. Siamo sicuri che abbia ricevuto una somma simile anche nel 2007 e quest'anno, dato che la stessa somma figura per l'anno 2005.
Nel suo sito web si informa che ha avuto il sostegno del National Democratic Institute (NDI), del Banco Interamericano de Desarrollo (BID) e del International Republican Institute (IRI), per organizzare un meeting con "specialisti internazionali sul tema della difesa e sicurezza ed anche esperti in modernizzazione legislativa".
La famosa avvocatessa e scrittrice statunitense-venezuelana Eva Golinger, spiega cosa sia il National Democratic Institute (NDI). Nel suo ultimo libro "National Democratic Institute and Human Rights Foundation", citiamo:
"Lontano da essere una ONG, il National Democratic Institute non è altro che il braccio finanziario e consultivo del governo degli Stati Uniti, promuovendo la sua agenda nel mondo a scapito delle democrazie partecipative e la volontà dei popoli" (...)
(...) L'International Republican Institute (IRI) è stato diretto fino alla sua morte, il 7 dicembre 2006, dall'ardente anticomunista Jean Jordan Kirkpatrick. Questa signora era l'ambasciatrice degli Stati Uniti alla ONU nel 1983, mentre il suo capo, il presidente Ronald Reagan, seminava mine nel Golfo di Fonseca ed impediva alle barche di entrare a Corinto, il principale porto del Nicaragua sulla costa pacifica".
Cui prodest?
A chi giova? verrebbe da chiedersi.
La destra reazionaria sembra finalmente aver trovato, con l'aiuto fondamentale di una offensiva mediatica senza precedenti, che vilipende o fa passare nel silenzio qualsiasi risultato dell'opera governativa (senza per altro considerare minimamente l'inaspettata crisi energetica e alimentare mondiale. Cosa sarebbe il Nicaragua senza il petrolio venezuelano e l'ALBA?) ed esalta invece gli evidenti ed a volte evitabili errori del governo, lo strumento giusto per lanciare la sua offensiva destabilizzatrice, con il beneplacito di un governo gringo che fatica a nascondere il timore di perdere anche il centroamerica (negli ultimi sondaggi il FMLN è saldamente in testa per le elezioni presidenziali del 2009 in Salvador), dopo aver dovuto ingoiare i risultati sudamericani degli ultimi anni.
Come già espresso nel passato, da parte sua il governo Ortega, ben lungi dal tradurre in azioni tangibili il concetto di Governo di Riconciliazione ed Unità Nazionale, ha fatto ben poco per cercare di smorzare i toni e non offrire su un piatto d'argento motivi che portassero ad un'unione di tutti i settori dell'opposizione (ricordiamo che Ortega ha vinto con il 38 per cento dei voti e continua ad avere una netta minoranza in Parlamento), come ad esempio la cancellazione della personalità giuridica del MRS o il conflitto davvero evitabile con i fratelli Carlos e Luis Enrique Mejía Godoy.
A questo punto vale la pena ricordare alcuni momenti di questo ultimo anno e mezzo che hanno aiutato ad arrivare a questa difficile situazione, come ad esempio l'aver accettato le lusinghe della Chiesa cattolica ed evangelica penalizzando l'aborto terapeutico, l'aver imposto i famosi Consejos del Poder Ciudadano (CPC), non aver sviluppato una vera e propria politica di comunicazione fin dall'inizio, coinvolgendo i mezzi informativi e decentralizzando la struttura del Consejo de Comunicación y Ciudadania, ancora saldamente in mano a Rosario Murillo.
Non possiamo nemmeno dimenticare la fragilità di un modello in cui si vuole riconoscere i CPC come unico referente delle politiche governative e motore dei progetti sociali e una politica internazionale fortemente conflittuale (pur riconoscendo il pieno diritto del Nicaragua di dare asilo a qualsiasi persona che è in pericolo di vita, come il caso delle tre sopravvissute all'attacco colombiano a una base delle FARC, era davvero necessario prendere posizione così apertamente a favore di questo gruppo guerrigliero, aprendo una nuova crisi diplomatica con la Colombia, quando lo stesso Chávez ha evitato di fare commenti sulla morte di Marulanda ed ha chiesto ufficialmente la liberazione dei prigionieri senza condizioni?).
Non si può infine non menzionare una serie di problemi legati a conflitti d'interesse di personaggi contemporaneamente legati al FSLN, al governo ed alla realizzazione di progetti sociali, dove è evidente la mano del settore imprenditoriale sandinista, la solita tattica di graduale sostituzione del personale pubblico precedente con uno di fiducia e il silenzio sull'uso fatto fino ad ora sui fondi derivanti dal petrolio venezuelano. In questo modo non si è fatto altro che offrire continui spunti all'opposizione per scatenare la caccia alle streghe.
Se la situazione sembra diventare ogni giorno più complicata ed urge poter diffondere un'informazione più equilibrata, che esca dai settarismi di questo "muso contro muso", vale la pena quindi ricordare che esistono anche altre posizioni, evidentemente boicottate dalla maggioranza dei media nazionali.
Per chi legge un po' di spagnolo ve ne segnalo alcune:
Toni Solo (Rebelión) http://www.rebelion.org/noticia.php?id=69098
Dick Emanuelsson (Barricada.com) http://www.barricada.com.ni/2008/06/19/benedetti-chomsky-y-galeano-%c2%bfsaben-a-quienes-apoyan/
Esaul Loza Pérez (Argenpress) http://www.argenpress.info/nota.asp?num=056615&Parte=0
Celia Hart (Radio La Primerisima) http://www.radiolaprimerisima.com/noticias/general/32361
© (Testo e Foto Giorgio Trucchi - Lista Informativa "Nicaragua y más" di Associazione Italia-Nicaragua - www.itanica.org )
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