In Colombia, tra guerriglie e paramilitari vecchi e nuovi, aumneta il numero di sfollati interni e di “falsos positivos”.
In Colombia,
tra guerriglie e paramilitari vecchi e nuovi, aumneta il numero di sfollati
interni e di “falsos positivos”.
In questo inizio
di ottobre è tornato sotto i riflettori il tema dei rifugiati interni
in Colombia dopo la pubblicazione da parte del CODHES di un documento
che indica un aumento delle cifre tra gennaio e luglio. La Consultoría
para los Derechos Humanos y el Desplazamiento (CODHES)
promuove il rafforzamento della pace in Colombia e il rispetto dei Diritti
Umani, specialmente ai profughi e agli sfollati del conflitto armato
interno. È un ente privato non governativo senza scopo di lucro creato
il quindici febbraio 1992 e presieduto attualmente da Marco Romero.
I dati hanno cadenza semestrale e quelli riguardanti i primi sei mesi
del 2008 parlano di 270.675 persone costrette ad abbandonare i luoghi
di residenza, 1503 al giorno, con un aumento del quarantuno percento
rispetto allo stesso periodo del 2007. Una situazione tanto grave non
si verificava dal 1985 e riguarda soprattutto le zone di Nariño, Chocó,
Antioquia, Alto e Medio Guaviare, Vichada, Arauca, Boyacá, Magdalena
Medio, la Sierra Nevada de Santa Marta e Córdoba. La situazione è
peggiorata con l’arrivo al potere di Alvaro Uribe, e ha avuto due
picchi: nel 2002 e nel 2005. Mentre CODHES parla di quattro milioni
di sfollati, il governo si limita a parlare di due milioni e mezzo.
La Colombia è il secondo stato al mondo dopo il Sudan per numero di
“desplazados” interni. Due sono i motivi di queste migrazioni. Da
una parte la presenza di gruppi guerriglieri e paramilitari, legati
al traffico internazionale di droga; dall’altra il crescente uso delle
terre con fini agroindustriali da parte di acziende locali o multinazionali.
Tra gli usi più in aumento vi è la coltivazione della palma o della
canna da zucchero. Le FARC, anche se colpite dai recenti omicidi dei
loro capi storici, l’ELN e le nuove bande paramilitari emuli delle
disciolte AUC, continuano nei rispettivi territori le loro azioni di
estorsione e minaccia verso la popolazione civile. Effettuano reclutamenti
forzati, individuali o di massa, per sopperire alle perdite e alle diserzioni.
Gli scontri tra i gruppi, guerrigliero e paramilitare, avvengono frequentemente
nelle zone di Arauca, Nariño, Cauca e Chocó. In quest’ultima città
c’è stato un aumento del 153% dei cittadini costretti ad emigrare.
Nelle zone di forte conflitto si verificano blocchi stradali, limitazione
alla produzione di frutta e verdura, alla caccia e alla pesca, con effetti
sul commercio e sull’acquisto dei viveri e beni di prima necessità.
L’offensiva delle forze di pubblica sicurezza, messe sotto pressione
dalla pubblica opinione, non è esente da gravi violazioni ai diritti
umani e infrazioni al diritto internazionale. Si tratta di esecuzioni
extragiudiziali e arresti arbitrari che minano la fiducia dei cittadini
verso le istituzioni e generano timori. Altro punto dolente è costituito
dalle “fumigaciones” contro le coltivazioni illegali di foglia di
coca. Coloro che sono ritornati nelle loro terre lo hanno fatto senza
le minime garanzie di sicurezza e in condizioni di estrema povertà.
I dati del
documento presentato dalla Consultoría para los Derechos Humanos y
el Desplazamiento, si legano alla notizia delle indagini su membri dell’Esercito
colombiano che avrebbero assassinato senza alcun motivo decine di giovani.
Le vittime, tutte povere e provenienti da diversi punti del paese, erano
stati denunciati come scomparsi dalle rispettive famiglie. Sono poi
ricomparsi come cadaveri in luoghi appartati e lontani da dove risiedevano.
La versione dell’Esercito è che siano stati reclutati dalla guerriglia
e morti in scontri a fuoco, ma non convince parte della stampa, dell’opinione
pubblica e le famiglie. I corpi sono stati ritrovati pochi giorni dopo
la denuncia di scomparsa quando è noto che i paramilitari e la guerriglia
allenano i loro futuri combattenti in scuole speciali per settimane.
Ultimamente sono spuntati ventitrè corpi di ragazzi dei quartieri periferici
di Bogotà, Ocaña e Soacha, quasi tutti con colpi di arma da fuoco
alla schiena. Avevano tra diciassette e trentadue anni, disoccupati
o lavoratori saltuari come operai e muratori. Già da tempo in Colombia
si parla dello scandalo dei “falsos positivos”: contadini o gente
senza fissa dimora alla quale viene messa una divisa dei guerriglieri
delle FARC e che viene mostrata al pubblico come trofeo dalle forze
di sicurezza. È un modo di ingannare il pubblico fingendo che il governo
colombiano stia attuando la guerra alle bande criminali. In questo modo
i soldati dell’Esercito guadagnano punti nella loro carriera militare.
Alcuni battaglioni regalano licenze premio per chi informi il pubblico
di morti guerriglieri in battaglia. Sono settecentocinquanta le indagini
al momento, cinquanta le condanne emesse. In una riunione del tre ottobre
il Ministro de Defensa, Juan Manuel Santos, il giudice Mario Hernán
Iguarán e il Defensor del Pueblo, Volmar Pérez hanno annunciato la
creazione di un gruppo speciale che investigherà fino alla fine chiunque
sia coinvolto.
Proprio Volmar Perez però è finito nell'occhio del ciclone. Il sito
internet del CODHES e quello di Caracol
hanno pubblicato, il dieci ottobre, la notizia che il Consejo de Estado
ha ammesso la domanda di annullamento, proposta da Camilo Arauque Blanco,
della elezione di Volmar Perez come Defensor del Pueblo. Arauque è
uno studente universitario di Diritto che ha sottolineato l'llegalità
della elezione di Perez avvenuta lo scorso diciannove agosto. Infatti
la Ley de cuotas (Ley 581 de 2000) prevede che il Presidente della Reubblica
includa nelle terne di nomi per questi incarichi elettivi una donna,
cosa che non è avvenuta. Il Consejo de Estado ha sospeso temporalmente
Perez dall'incarico. Dalla segreteria del Defensor del Pueblo è arrivata
la notizia della presentazione di un ricorso. Ora è il Presidente della
Repubblica colui che deve nominare un sostituto pro tempore, come informa
il quotidiano El
Espectador.
Intanto, relativamente ai "falsos positivos", l’Alto Commissariato
delle Nazioni Unite ha detto al governo colombiano che deve far luce
sulla vicenda, punendo le responsabilità ideologiche e materiali dei
fatti e presentando cifre date e nomi di presunti scomparsi in diverse
regioni del paese. Da tempo nelle periferie delle grandi città e nei
quartieri marginali sono nati gruppi paramilitari emergenti come le
Águilas Negras, che minacciano gli abitanti, ma anche sindacalisti,
dirigenti di partiti politici, giornalisti, studenti e attivisti dei
diritti civili e umani. Sono in molti ad essere costantemente vessati
da questa formazione paramilitare.
Quest’anno Amisnet, Information Safety and Freedom (ISF)
e l’osservatorio Selvas, hanno presentato “Sotto pressione.
Il giornalismo in Colombia prigoniero di guerriglia, narcotraffico,
paramilitari e Governo”, un libro sullo stato del ‘informazione
nella nazione andina; una raccolta di testimonianze, interventi e interviste,
anche a carattere esclusivo, di professionisti dell’informazione colombiani.
Un nuovo problema anche per i poveri della Colombia. La loro carenza
di cultura e informazione; la disperazione per le condizioni di povertà
e mancanza di lavoro in cui vivono li rendono facile preda dei nuovi
paramilitari, i vecchi sciacalli.
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