Colombia: nonostante gli scandali Uribe punta al terzo mandato
Il governo Uribe prosegue la sua corsa circondato dal discredito. Solo negli ultimi giorni l'inquilino di Palacio Nariño ha tentato di districare una matassa di fili assai complessa: la ribellione delle comunità indigene colombiane, lo scandalo delle esecuzioni extragiudiziali in cui si è trovato coinvolto il generale dell'esercito Mario Montoya, e infine l'acceso dibattito sull'eventualità di presentarsi per un terzo mandato alla presidenza del paese.
Andiamo con ordine. La Onic (Organización Nacional Indígena de Colombia) da giorni ha dato luogo alla Minga Indígena y Popular por la Resistencia allo scopo di chiedere giustizia al governo per tutti i fratelli indigeni uccisi dal 2002 nel segno del programma uribista denominato "sicurezza democratica". Nell'ultimo colloquio tra i rappresentanti della Onic e Uribe, avvenuto all'inizio del mese dopo numerosi rinvii da parte governativa, le comunità indigene hanno redatto un significativo documento dal titolo "Le verità dei popoli indigeni colombiani che il governo nasconde". Nel testo emerge in maniera significativa la principale accusa che pende da anni su Uribe, sia che si tratti della resistenza delle comunità indigene, sia che la posta in gioco riguardi i diritti dei desplazados piuttosto che le attività di denuncia delle organizzazioni non governative, ovvero quella di associare qualsiasi forma di protesta o dissenso al terrorismo. In realtà, come risulta ben evidente da anni, è lo stesso Stato colombiano ad aver costruito forti legami tra esercito e paramilitari ed aver legittimato un'impunità di fondo a vantaggio dei persecutori. Scrivono le comunità indigene: "Lottiamo perché sia garantito il nostro diritto a partecipare alla costruzione di uno stato plurietnico, includente, tollerante e rispettoso dei diritti umani, in cui venga riconosciuta la possibilità di far parte, con garanzie certe, della vita sociale, economica e politica della nostra nazione". Tutto questo alle comunità indigene è sempre stato negato, considerate come un ostacolo allo sviluppo del territorio tanto da privarle delle loro terre e obbligarle, spesso, allo sfollamento forzato tramite l'intervento violento dell'esercito.
Lo stesso esercito nazionale è adesso alla ribalta per un caso che ha suscitato grande scalpore: il generale Mario Montoya è stato costretto a dimettersi dopo il suo coinvolgimento nel cosiddetto "assassinio di Soacha", nel dipartimento di Santander. Dovrà presentarsi al Senato (sembra divenuto indifendibile addirittura dallo stesso Uribe) per spiegare l’esecuzione di undici giovani colombiani seppelliti in una fossa comune lo scorso settembre: l'esercito aveva definito il ritrovamento dei cadaveri come "morti in combattimento", mentre in realtà si trattava di vere e proprie esecuzioni. Per questo caso Uribe è stato inoltre costretto a destituire ventuno persone appartenenti agli alti comandi militari. Non era ancora passato lo scandalo per questo caso denominato dei "falsi positivi", che già lo stesso giorno in cui il generale Montoya era costretto a presentare le sue dimissioni, una organizzazione non governativa denunciava un nuovo ritrovamento di altri 120 cadaveri in una fossa comune nella zona di Medellin: anche in questo caso si tratta di esecuzioni extragiudiziali.
E' probabilmente per questo motivo che l'entourage uribista ha consigliato al presidente di allentare momentaneamente la sua pressione per modificare la costituzione e ottenere così il terzo mandato presidenziale. Di fronte ai 75 voti contrari del Congresso rispetto ai 40 favorevoli in relazione all'emendamento costituzionale che prevedeva la proposta di una sua nuova rielezione, Uribe ha preferito per il momento non insistere. Il suo obiettivo resta però fermo: cercare di aggregare l'Articolo 19 (che darebbe luce verde alla sua candidatura per la terza volta) alla riforma costituzionale e farla votare ai colombiani per mezzo di un referendum che potrebbe mantenerlo in carica fino al 2014. La sua conferma non sorprenderebbe, dato che la sua popolarità è cresciuta del 10% a cavallo delle due elezioni. Quando fu eletto per il primo mandato nel 2002 era al 53%, nel 2006 fu votato dal 63% dei colombiani. Nel frattempo Uribe ha già dichiarato che vorrebbe avere la possibilità di un terzo mandato per prolungare il suo programma di "sicurezza democratica": per gli attivisti dei diritti umani, gli indigeni e i partiti d'opposizione i tempi duri proseguiranno.
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