Colombia: la marcia indigena prosegue nonostante le aggressioni governative
Prosegue la marcia dei movimenti indigeni e popolari colombiani verso Bogotà per rivendicare i diritti ancestrali sulle proprie terre e protestare contro le politiche repressive del governo Uribe, sempre più legato ai paramilitari. Sulla sua strada però, la Minga de Resistencia Social y Comunitaria, organizzata dal Cric (Consejo Regional Indígena del Cauca), ha trovato ancora una volta le provocazioni governative. Il 13 Novembre (34° giorno di marcia) i movimenti avevano in programma l'arrivo nella città di Ibagué, dove la situazione era già critica per l'attività eruttiva del vulcano Machín. Sfruttando questo fatto, il governo ha colto l'occasione per chiedere alla Minga di modificare il percorso della marcia con il pretesto che le autorità della città non sarebbero state in grado di ricevere l'arrivo della mobilitazione indigena. In realtà Ibagué rappresenta un luogo simbolo dello sfruttamento intensivo e indiscriminato del territorio, "la stessa eruzione del vulcano simboleggia la rivolta della Madre Terra", hanno spiegato gli indigeni in marcia, il cui obiettivo era visitare gli sfollati causati dall'eruzione del Machín. Già il giorno prima dell'arrivo a Ibagué il governo aveva fatto presagire quali sarebbero state le sue intenzioni, trattando i marciatori alla stregua di pericolosi terroristi e minacciandoli di interrompere la manifestazione con la forza tramite l'invio dei Carabineros e dei temibili Escuadrones Móviles Antidisturbios. Inoltre, precisano gli indigeni, "il governo ha preferito investire tutte le sue risorse nell'invio dell'esercito piuttosto che occuparsi della popolazione sfollata a causa dell'eruzione del vulcano Machín". A circa sei chilometri dal centro di Ibagué, le organizzazioni popolari sono state bloccate con violenza dall'esercito colombiano, che ha aggredito i partecipanti alla marcia violando i loro più elementari diritti: alcune persone sono state calpestate dalla Cavalleria dell'esercito, e durante l'attacco non sono state risparmiate donne e minori.
La protesta della Minga, iniziata lo scorso 14 Ottobre, intende arrivare ad ogni costo a Bogotà per protestare contro le fallimentari politiche di "sicurezza democratica" a cui crede fermamente Uribe, che lo scorso anno ha addirittura rifiutato di sottoscrivere la Dichiarazione Universale dei Popoli Indigeni presso le Nazioni Unite.
Purtroppo le provocazioni verso i movimenti indigeni sono ben lontane dall'essere terminate: lunedì 17 la marcia dovrebbe arrivare all'Universidad de Cundinamarca, sede di Fusagasugá, dove il rettore e il sindaco del municipio non sembrano assolutamente intenzionati a ricevere i circa dodicimila partecipanti. Stavolta la motivazione addotta come scusa riguarderebbe i problemi derivanti dall'impossibilità di accogliere ben dodicimila indigeni. "L'università è pubblica, non appartiene né al rettore né al sindaco", hanno scritto in una nota gli studenti, che già hanno organizzato seminari congiunti con i movimenti popolari su sicurezza alimentare e sanità.
Il prossimo 21 novembre la marcia raggiungerà Bogotà, dove si terrà un dibattito con il presidente Uribe, mentre il giorno successivo la Minga parteciperà, sempre nella capitale, al Foro de los Pueblos Indígenas.
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