Venezuela: alle amministrative Chávez conferma la sua forza, ma avanza l'opposizione
Le elezioni amministrative di domenica scorsa in Venezuela rivestivano un'importanza particolare per entrambi gli schieramenti in campo. Da un lato Chávez, che voleva riprendere la marcia interrotta lo scorso anno, quando perse il referendum sulle modifiche da apportare alla Costituzione con una percentuale di scarto minima, dall'altro l'opposizione, desiderosa di infliggere una nuova e più consistente sconfitta al presidente bolivariano.
I numeri dicono che il Psuv (Partido Socialista Unido de Venezuela) ha vinto in 17 dei 22 stati in cui si sono svolte le elezioni ed ha ottenuto circa 5,3 milioni di voti contro i meno di 4 conquistati dall'opposizione. La partecipazione è stata ancora una volta molto alta, ben il 65,45% degli aventi diritto si è recato ai seggi elettorali, nonostante dal 1999 (anno in cui Chávez è arrivato al governo) ad oggi il paese sia andato per ben 14 volte alle urne. Se i freddi dati testimoniano una piena ed innegabile vittoria del movimento bolivariano, queste elezioni possono essere lette da diversi punti di vista e prestarsi a differenti e talvolta persino contraddittorie valutazioni.
Gli antichavisti di professione, venezuelani ed internazionali, intendono dare una lettura vittoriosa a queste elezioni: cinque stati conquistati, più quattro dei cinque municipi in cui è suddivisa Caracas segnalano senza dubbio un risultato non trascurabile. D'altra parte però, è impossibile non far notare ad un'opposizione che fin qui a giocato spesso sporco, che il Venezuela non è certamente una dittatura, come dimostra il riconoscimento dei voti guadagnati dagli anti-chavisti da parte del governo di Miraflores. Al tempo stesso, non si può non sottolineare che le forze in campo in Venezuela vedono ancora un'ampia maggioranza favorevole al processo bolivariano, come dimostrano le percentuali non troppo diverse alle altre consultazioni elettorali in cui Chávez si è largamente imposto. Preoccupa semmai il recupero, lento ma altrettanto inesorabile, dell'opposizione, che dopo il successo di strettissima misura nel referendum dello scorso anno, consolida le sue roccaforti e contemporaneamente guadagna qualcosa anche nel resto del territorio. Questo forse è il dato che dovrebbe consigliare il Psuv a non sottovalutare questi scricchiolii e a correre ai ripari. Chávez ha sottolineato che dopo il voto di domenica scorsa "la mappa del Venezuela è sempre più rossa", e in effetti il divario con l'opposizione resta ampio, nonostante la martellante campagna di stampa contraria alla rivoluzione bolivariana. Altrettanto vero è che il voto consegna all'opposizione cinque stati chiave dal punto di vista economico e politico. Se la stampa internazionale che sogna da anni l'allontanamento di Chávez dalla presidenza del paese sbandiera con orgoglio i successi in stati come Zulia e Nueva Esparta, scordandosi che da sempre sono feudi dell'opposizione antichavista più dura, a lasciare perplessi è soprattutto il risultato proveniente dai municipi della Gran Caracas, dove il Psuv ha subìto una dura sconfitta. Solo il municipio Libertador è rimasto nelle mani dei fedelissimi di Chávez, mentre Sucre, El Hatillo, Chacao e Baruta sono stati conquistati dall'opposizione al pari dell'alcaldia mayor, quella di Caracas. Sempre nella capitale il barrio del Petare, dove abita un terzo della popolazione della città, ha visto imporsi gli antichavisti, e anche questa è una novità assoluta poiché si trattava di un quartiere da sempre vicino al presidente.
Quanto agli stati di Zulia e Miranda fa riflettere il numero di voti raccolto da due governatori che da anni cercano di togliere di mezzo Chávez in qualsiasi modo: Rosales (antagonista di Chávez alle presidenziali del 2006) è diventato sindaco di Maracaibo e non potendosi più ripresentare per un terzo mandato come governatore di Zulia ha fatto eleggere un suo delfino, mentre Radonski, uno dei personaggi più in vista durante il tentato golpe del 2002, governerà lo stato di Miranda. Infine, l'opposizione ha fatto il pieno anche a Tachira, stato di frontiera situato al confine di sud-est con la Colombia, e Carabobo, importante distretto industriale manifatturiero. Un altro fattore che ha di fatto aiutato l'opposizione a rialzare la testa e ad autorizzare commenti di alcuni analisti politici secondo i quali il processo bolivariano sarebbe in declino, è stata anche la costante separazione dal Psuv di membri legati al Partito Comunista e al Partido Patria para Todos, che hanno provocato piccole ma dolorose scissioni mettendosi in proprio.
Adesso sarà interessante seguire le prossime mosse di entrambi gli schieramenti. Una vittoria significativa di Chavez con una percentuale maggiore dell'attuale avrebbe permesso al presidente di presentare un emendamento alla Costituzione per una sua ricandidatura in vista delle prossime elezioni presidenziali previste alla scadenza del suo mandato nel gennaio 2013, mentre l'opposizione, il cui risultato è stato comunque significativo rispetto alle precedenti disastrose amministrative del 2004 (solo due stati conquistati in quell’occasione), non ha comunque i numeri necessari al momento per dare una spallata al movimento bolivariano.
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