Guatemala: sgombero violento delle comunità residenti nell'area di Laguna del Tigre
Due morti, oltre 40 arrestati e uno sgombero violento: è stata questa la risposta dello stato guatemalteco contro le 37 comunità indigene e contadine che abitano nella zona di Laguna del Tigre (San Andrés Peten), "colpevoli" di difendere il loro territorio dalle estrazioni petrolifere selvagge e dal continuo furto del pregiato legname del luogo. Tutto è cominciato lo scorso 20 Gennaio, quando un incendio ha completamente distrutto le case delle 160 famiglie della comunità di El Vergelito, costrette a ritrovarsi improvvisamente in mezzo alla strada. Tra i sospettati alcuni membri del Consejo Nacional de Áreas Protegidas (Conap). Il giorno successivo i campesinos hanno deciso di sequestrare due guardie forestali del Conap: l'intento non era quello di far loro del male, ma di costringere la direttrice del Conap Mariela López e il governatore del dipartimento petenero Rudel Álvarez ad aprire un tavolo di dialogo, oltre ad una richiesta di risarcimento danni per gli abitanti di El Vergelito. Le istituzioni hanno deciso di rifiutare qualsiasi forma di dialogo, un fatto gravissimo anche perché Laguna del Tigre sarebbe in teoria un'area protetta fin dal 1990 e le comunità abitano in questa zona da oltre 15 anni vivendo di un'economia di sussistenza e sviluppando piccole attività agricole. Effettivamente Laguna del Tigre risulta un'area protetta, ma non per la tutela di indigeni e contadini, quanto piuttosto per le attività estrattive dell'impresa petrolifera Perenco (che prosegue imperterrita la sua opera di perforazione e costruzione di nuovi pozzi di petrolio) e dei madereros messicani, che sconfinano continuamente saccheggiando il legname e portandolo nel loro paese per rivenderlo: in entrambi i casi lo Stato del Guatemala è assente, tollera tutto ciò e finge di non vedere, ma quando decide di agire lo fa in modo violento e contro delle comunità indigene pacifiche. Così, per liberare le due guardie forestali tenute prigioniere da alcuni giorni e dopo aver rifiutato qualsiasi offerta di dialogo, Conap e autorità dipartimentali hanno deciso di mandare nelle comunità polizia, elicotteri da guerra e pattuglie dell'esercito, un utilizzo spropositato di forza militare contro comunità composte da persone inermi e indifese. Il risultato di questa vera e propria aggressione ha lasciato due morti, mentre 44 persone delle comunità vicine a quella di El Vergelito, che si erano mobilitate per dare sostegno e solidarietà durante l'assedio dei militari, sono state letteralmente sequestrate e condotte in luoghi sconosciuti. Infine, la polizia ha saccheggiato le poche tiendas della comunità e ha devastato le case dei contadini che avevano tentato difendersi.
I leader delle comunità scampati all'arresto e la Coordinadora Nacional Indígena y Campesina (Conic) hanno invitato il presidente guatemalteco Colom a porre fine a questa violenza istituzionalizzata che si protrae da tempo nei confronti degli abitanti di Laguna del Tigre, già in passato costretti a subire altri attacchi del genere, e soprattutto hanno chiesto un processo immediato per i responsabili di questi fatti, in particolare la direttrice del Conap e i governatore del dipartimento, ritenuti i veri mandanti dell'assalto.
Qui di seguito riportiamo un comunicato del Vicariato Apostolico del Peten sul brutale intervento armato del 26 Gennaio scorso contro i villaggi dell'area della Laguna del Tigre:
"Il Vicariato Apostolico del Peten, e i suoi agenti pastorali riuniti nei giorni 26/27 di gennaio, desiderano portare a conoscenza dell'opinione pubblica e del governo socialdemocratico, presieduto dall'Ing. Alvaro Colom, l'energica sua protesta per l'intervento della Polizia e dell'esercito contro uomini, donne, bambini e bambine di varie comunità della Laguna del Tigre, intervento che si è concluso con due persone uccise e vari feriti, oltre a più di 40 persone arrestate.
La Costituzione del Guatemala inizia sottolineando che lo Stato del Guatemala si istituisce per proteggere la persona e la famiglia; e lo scopo principale è la realizzazione del bene comune (art. 1). L'azione è stata giustificata, da parte del Governatore dipartimentale, per liberare due guardie forestali del Consiglio nazionale delle aree protette, sequestrate da vari giorni dai contadini, sequestro che non condividiamo, e che era stato attuato sia come protesta per la brutale cacciata della comunità El Vergelito, sia come mezzo di pressione per sollecitare un dialogo con le autorità, in particolare col Governatore e colla direttrice dell'Area protetta.
Crediamo che in questo caso si sia ripetuta l'incapacità istituzionale di ottenere un dialogo con i contadini, sollecitato da questi in più occasioni, e si è alla fine attuato con la repressione senza aver percorso tutte le vie pacifiche, e neppure aver ricercato, anzi fino a rifiutarla, la mediazione di altre istituzioni.
Però il problema non è solo l'incapacità che denunciamo, ma anche una mancanza di volontà politica per la ricerca di quelle soluzioni dialogate. Di fatto, la pastorale sociale e la PDH, l'anno passato cominciarono a creare le condizioni per la formazione di un tavolo di dialogo tra le istituzioni statali e le comunità abitanti le aree protette, con lo scopo di chiarire la situazione di molte di quelle comunità, e ottenere una politica di abitabilità umana come prescrive la legge, che cioè favorisca lo sviluppo umano delle comunità in armonia con la natura del parco, e poi di dare delle alternative a quelle comunità che fossero disposte a lasciare il territorio. La commissione di pastorale sociale del Vicariato ha aiutato un gruppo, insediatosi illegalmente, a trovare un luogo alternativo dove vivere al di fuori della riserva. Orbene, a questo processo di dialogo le istituzioni dello stato del Peten furono presenti solo alla prima riunione e poi si rifiutarono di continuare il discorso. I contadini hanno mantenuto la volontà di dialogo e già tengono definita la proposta, e cercano di presentarla come istanza nazionale tramite la commissione del congresso per lo sviluppo del Peten.
Vogliamo infine approfittare per solidarizzare col pastore luterano Pilar Alvarez che fu anche detenuto per la sua difesa de Las Granadillas, Zapaca, dopo svariati tentativi, infruttuosi, di dialogo con le autorità della zona. Non si può accomunare tutta la popolazione residente nelle aree protette con narcotrafficanti, terroristi, sequestratori e irregolari, e con questo giustificare un attacco indiscriminato contro la popolazione, giacchè questo è un tornare alla logica e alle azioni del passato repressivo, e ancor più è un rinnegare i programmi propugnati dall'attuale governo. Lo stesso governo ha riconosciuto la sua incapacità di contrastare il crimine organizzato e il narcotraffico, e infatti non interviene in questa forma violenta nei suoi feudi, però lo fa, con un chiaro abuso di potere, contro famiglie di contadini, nella stragrande maggioranza povere, che si sono viste raggiungere da elicotteri, carri armati, polizia e soldati che puntavano contro di essi, saccheggiando negozi, bruciando case, fino ad assassinare persone umane.
Non troviamo alcuna giustificazione per questa azione. Per questo sollecitiamo il Governo della Repubblica, che ha permesso questa azione, la destituzione delle autorità responsabili di questi episodi e la veloce istituzione di un tavolo di dialogo con le comunità insediatesi nelle aree protette, e gli enti incaricati della loro amministrazione trovino soluzioni e alternative che procurino lo sviluppo adeguato per la zona.
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