El Salvador: la prima volta degli "efemelistas"
La "guerra sucia" stavolta non ha funzionato, al pari delle intimidazioni, degli omicidi a sfondo politico e di una campagna di stampa organizzata su misura: dopo tre sconfitte consecutive subite tra il 1994 e il 2004, per la prima volta la sinistra si aggiudica le presidenziali svoltesi in El Salvador domenica 15 marzo. E' un risultato storico per il Frente Farabundo Martí para la Liberación Nacional (Fmln), significa il riscatto per una generazione di salvadoregni che era stata costretta da tempo immemore a subire una democrazia formale (in realtà una vera e propria dittatura) dell'estrema destra di Arena, quell'Alianza Repubblicana Nacionalista che ha rappresentato uno dei volti più feroci in tutto il CentroAmerica, si pensi solo alle squadre della morte dirette dal maggiore D'Aubuisson, mandante anche dell'assassinio di Monsignor Romero. La notte del 15 marzo ha riscattato la memoria delle migliaia di desaparecidos, del comandante guerrigliero Shafik Handal (figura storica della sinistra salvadoregna recentemente scomparso), battuto nelle precedenti presidenziali dall'arenero Tony Saca con un distacco enorme, ha restituito quel coraggio smarrito dagli "efemelistas", che durante la notte hanno fatto festa sotto le case di alcuni dirigenti areneros, finalmente sconfitti e costretti a riconoscere il verdetto uscito dalle urne.
Mauricio Funes, il nuovo presidente del paese, ha ottenuto il 51,29% dei consensi contro il 48,70% raggiunto dal candidato di Arena Rodrigo Avila, un personaggio che non si è fatto scrupoli pur di evitare qualsiasi opportunità di dibattito o di confronto con il rivale, grazie soprattutto al controllo quasi assoluto che ha potuto esercitare sui media. "El Salvador deve ancora percorrere molta strada prima di raggiungere i requisiti di democraticità", aveva dichiarato in un'intervista ad Ipsnoticias pochi giorni prima del voto il peruviano Rafael Roncagliolo, fondatore dell'Asociación Civil Transparencia e giunto a San Salvador come osservatore del processo elettorale. Funes era ampiamente favorito, ma la campagna del terrore lanciata volutamente contro il Fmln è stata terribile. Nonostante tutto Funes, ex giornalista e, tra le altre cose, corrispondente della Cnn (quindi non esattamente il sovversivo che ha tentato di dipingere Arena), ha dichiarato di voler lavorare per la riconciliazione nazionale, e per questo potrà contare anche su quella parte di elettorato non necessariamente in accordo con la radicalità espressa dal Frente, ma stufa di venti anni di governo trascorsi sotto il pugno di ferro di Arena. Funes ha dichiarato di voler costruire un governo di unità nazionale che innanzitutto permetta ai salvadoregni di vivere in condizioni più dignitose (poco meno della metà della popolazione si arrangia con poco più di quel dollaro al giorno che condanna buona parte degli abitanti dei paesi del sud del mondo), ma ha raccolto ampi consensi anche per la sua volontà di far compiere a El Salvador un salto in avanti in relazione ai diritti umani. Altro impegno assunto da Funes in campagna elettorale quello di migliorare le precarie condizioni in cui versa l'istruzione nazionale.
Il neo-presidente entrerà ufficialmente in carica il prossimo 1 Giugno, ma la moltitudine di persone che ha assistito al suo discorso non appena ricevuta la ratifica ufficiale della vittoria dal Tribunale Supremo Elettorale (anche quello ampiamente controllato dai funzionari di Arena), la commozione di tanti militanti del Frente e le grandi attese della gente riposte in lui lo metteranno subito alla prova: sarà probabilmente la politica economica il suo primo vero banco di prova, anche se Funes ha dichiarato per il momento di non avere pregiudizi nemmeno nei confronti dei settori imprenditoriali del paese. Altro aspetto interessante, aldilà delle dichiarazioni di fair-play nell'ora della vittoria, sarà il rapporto che intenderà tenere con gli areneros: nonostante Funes abbia sostenuto ripetutamente di voler lavorare per uno stato dove non esistano più divisioni, le provocazioni della destra non si sono esaurite nemmeno dopo la bruciante sconfitta. "Patria si, comunismo no" è la frase più ricorrente dei dirigenti di Arena dopo le congratulazioni di rito al vincitore: il 48% di elettori rappresenta comunque per l'Alianza un bacino considerevole, e nella stessa società salvadoregna il loro potere continua ad essere pervasivo e temibile, ma il voto del 15 marzo resterà comunque un risultato storico per il Frente e per tutta la società civile che crede nella democrazia, nella convivenza civile e nel rispetto dei diritti umani.
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