Por los Haitises…
Punta Cana? Messico?
“No hermano… Dominicana. Punta Cana si trova nell’estremo oriente della Repubblica Dominicana, ma dato che di luoghi turistici non ne frequenti molti, per questa volta passi”…
Repubblica Dominicana? A parte essere stato teatro di una delle più feroci dittature del continente latinoamericano (quella di Trujillo) non ne so niente. Per me non è altro che una delle tante isolette dei Caraibi, anzi, per essere più precisi una “mezza isola”, perché l’altra metà è Haiti. Quest’ultima forse più conosciuta, purtroppo, per la sua instabilità, la sua povertà e la pessima situazione economica, sociale e politica.
Repubblica Dominicana o Santo Domingo? Continuiamo a confonderle…
Leonel Fernández? Chi conosce il nome del presidente dominicano? Pochissimi, eppure era il padrone di casa quando Uribe strinse la mano a Chávez e Correa, per porre fine, almeno mediaticamente, alla scandalosa crisi regionale scaturita in seguito al bombardamento colombiano in territorio ecuadoriano.
Pochi lo conoscono ma è già al suo terzo mandato; pochi conoscono la realtà sociale di quest’isola, io ci sono capitato quasi per caso e devo dire che poco a poco mi attira, come le sue bellezze naturali ed umane.
Nel mese che vi ho trascorso c’è comunque qualcosa che mi ha sorpreso. La mia amica Altair ne è sicura: “la società civile dominicana si sta svegliando, non so perché ma è così. Chissà le speranze accese e le domande disattese dell’attuale presidente ci hanno messo in moto”.
Tra le varie lotte che muovono i più attivi politicamente e socialmente, “la lucha por los Haitises” domina la scena: sono soprattutto i giovani che ne hanno fatto cavallo di battaglia, insieme alle aspre critiche al nuovo testo costituzionale che è in processo di approvazione al Parlamento.
“No al cemento” recita la T-Shirt all’entrata del concerto. “Yo no me callo” è lo slogan della spilletta. “Cómprala loco, estamos recaudando dinero por los Haitises”… non ci vuole molto per convincermi. Raccolgono fondi per mantenere attiva la lotta e la vita nell’accampamento, dove da diversi mesi centinaia di attivisti si uniscono ai contadini della zona per appoggiare la comunità di Sabana Grande de Boyá, proprio sulla strada che congiunge la capitale con Samaná, uno dei luoghi più spettacolari (per le sue spiagge selvagge) del paese.
Lì, a due passi del Parco Nazionale “Los Haitises”, in una delle zone carsiche più ricche d’acqua dell’isola, il Consorzio Minerario Dominicano ha previsto (ed in gran parte già iniziato i lavori di preparazione) la costruzione di un cementificio, grazie al contratto sottoscritto con il Consiglio Statale dello Zucchero.
Oltre a condannare e respingere la costruzione del cementificio per i gravi problemi ambientali che causerebbe, il Movimento Contadino Comunità Unite (MCCU) reclama questi territori per i contadini della zona che nel passato sono stati allontanati da queste terre “protette”.
Giovani lavoratori e studenti della capitale raggiungono l’accampamento nel weekend, e vi trascorrono uno o due giorni per appoggiare più da vicino la causa del movimento e bloccare l’avanzata del cemento. “È sorprendente ciò che siamo riusciti a fare fino ad ora. In questo momento è tutto bloccato, il giudice ha stabilito che per ora i lavori non possono proseguire ed il governo sembra intenzionato ad aprire varie investigazioni, anche attraverso organi delle Nazioni Uniti, per vedere quale sarebbe veramente l’impatto del cementificio”.
È un passo in avanti e non indietro. Non indietro come le dichiarazioni dell’intendente di polizia della zona che avvertì della possibilità che ci fossero delle morti nei possibili scontri tra gli ambientalisti-pacifisti, il movimento contadino ed i gruppi che appoggiano la costruzione del cementificio.
Il dilemma è sempre lo stesso: lavoro sottopagato oggi o difesa dell’ecosistema per le generazioni future. I grandi interessi non hanno dubbi. I giovani, gli studenti, i contadini della zona neppure.
La storia si ripete. È il 28 giugno del 2009: colpo di stato militare in Honduras.
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