Precipita la situazione in Honduras
Ultimatum al Brasile ed agli altri paesi che hanno rotto relazioni con il governo di fatto
L’appello fatto dal presidente legittimo dell’Honduras, Manuel Zelaya Rosales, affinché la popolazione si concentri a Tegucigalpa per celebrare tre mesi di lotta e resistenza contro il colpo di Stato, ha scatenato la reazione del governo di fatto e dei poteri politici, economici e militari che l’hanno orchestrato, diretto ed eseguito, conducendo il paese verso un abisso. Un vicolo cieco che mette la parola FINE alle aspettative di un dialogo nazionale e che trascina il popolo honduregno verso uno scenario molto pericoloso di violenza e morte.
“Il 28 settembre compiremo tre mesi di resistenza contro il colpo di Stato militare ed in tutto questo periodo il popolo honduregno ha dimostrato la sua grande capacità di lotta – ha detto il presidente Manuel Zelaya durante una conferenza stampa all’interno dall'ambasciata del Brasile dove si è rifugiato la scorsa settimana –.
Manifestiamo che persiste un atteggiamento negativo da parte del regime di fatto di non volere ascoltare il nostro appello al dialogo, che ha l’obiettivo di riportare la pace e la libertà nel paese.
La risposta al nostro appello – ha continuato Zelaya – è stata la repressione contro il popolo, contro di me e le persone che mi accompagnano in questa sede diplomatica.
Chiedo a tutto il popolo honduregno ed in modo speciale alle organizzazioni della resistenza, che il 28 settembre si manifestino in modo pacifico in tutto il paese”.
Verso l'abisso
La reazione inconsulta del governo di fatto non si è fatta attendere ed in meno di 24 ore sono state prese una serie di misure che hanno messo il paese sull'orlo di un abisso.
É stato presentato al governo brasiliano un ultimatum affinché entro 10 giorni definisca lo status del presidente Zelaya. Trascorso questo termine verranno rotte le relazioni con il paese sudamericano e non verrà riconosciuto come territorio straniero l'edificio che ospita la sede diplomatica, aprendo in questo modo la porta ad un possibile intervento militare.
Immediata la risposta del presidente brasiliano Inacio Lula Da Silva che ha qualificato il presidente di fatto Roberto Micheletti come “un usurpatore nel potere" ed ha detto di non volere minimamente rispettare un ultimatum emesso da dei golpisti.
Il governo di fatto ha inoltre sollecitato il personale diplomatico dell'Argentina, Messico, Venezuela e Spagna, paesi che hanno rotto le relazioni con l’Honduras, di togliere gli emblemi dalle sedi e consegnare le credenziali che li identificano come tali.
Allo stesso modo ha proibito l'entrata in Honduras agli ambasciatori di questi paesi ed ha posto come condizione agli altri ambasciatori che avevano abbandonato il paese di presentare nuove credenziali per essere accettati.
Momenti di tensione si sono vissuti all'aeroporto internazionale di Toncontín, quando quattro funzionari dell'Organizzazione degli stati americani, Osa, sono stati prima trattenuti e poi fatti risalire sull’aereo, impedendo loro l’entrata in Honduras.
Solamente a uno di loro è stata concessa l’entrata e la permanenza per un periodo molto limitato di tempo.
"Ciò a cui stiano assistendo è l'intenzione del governo di fatto di creare un vero e proprio isolamento mediatico, affinché non si sappia ciò che accadrà lunedì e martedì in Honduras – ha denunciato Andrés Pavón, Presidente del Comitato per la difesa dei diritti umani in Honduras, Codeh –.
Hanno pianificato una grande repressione contro i manifestanti, arrestare ed uccidere come hanno fatto fino ad adesso. Non vogliono che la Osa o la Commissione interamericana dei diritti umani, Cidh, vedano cosa accade.
Abbiamo già 15 persone uccise per motivi politici e questi delitti sono classificabili come delitti di lesa umanità, come è il caso della ragazza morta per i gas lacrimogeni che la polizia ha sparato durante lo sgombero della zona adiacente all'ambasciata del Brasile – ha concluso Pavón.
Wendy Elizabeth Ávila, 24 anni, è deceduta la notte del 26 settembre a causa di complicazioni respiratorie dopo vari giorni di agonia. Il suo corpo è stato velato da migliaia di persone nelle installazioni del Sindacato dei Lavoratori dell'Industria delle Bevande e Simili, Stibys.
Zero diritti individuali e collettivi
Come un’ennesima azione repressiva, il governo di fatto ha firmato un Decreto Esecutivo con il quale sospende a tempo indefinito le principali garanzie costituzionali del popolo honduregno.
Secondo il decreto vengono sospesi vari articoli della Costituzione e in questo modo "Si proibisce qualsiasi riunione pubblica non autorizzata dalle autorità poliziesche o militari", dando la facoltà a tali forze repressive di dissolverla con la forza.
Prevede anche la proibizione di “Emettere pubblicazioni attraverso qualsiasi mezzo di comunicazione parlato, scritto o teletrasmesso che offendano la dignità umana, i funzionari pubblici o attentino contra la legge, le risoluzioni governative, la pace e l'ordine pubblico”.
Con un atto di grave violazione alla libertà di espressione, che punta ovviamente alla chiusura dei mezzi di comunicazione che continuano a denunciare il colpo di Stato, come Radio Globo, Canale 36, Radio Progresso e le radio comunitarie, il decreto ha dato alla Commissione Nazionale dellei Telecomunicazioni, CONATEL, e alle Forze Armate l'autorizzazione a “sospendere qualunque stazione radio, canale di televisione o sistema via cavo che non adatti la propria programmazione alle presenti disposizioni”.
Infine, il decreto ordina “lo sgombero di tutte quelle installazioni dello Stato che sono state occupate illegalmente”, mettendo in serio pericolo le organizzazioni contadine e il Sindacato dei Lavoratori dell'Istituto Nazionale Agrario (SITRAINA), affiliato alla UITA, che da tre mesi hanno occupato questa istituzione.
La Resistenza risponde
Con una massiccia assemblea, il Fronte nazionale contro il colpo di Stato ed uno dei suoi principali leader, il dirigente sindacale Juan Barahona, hanno chiesto alla gente di non avere paura e di continuare con la lotta.
“Continueremo sotto il fuoco delle pallottole, il fumo dei gas lacrimogeni e gli stivali militari. Ci alzeremo e ci libereremo di questa dittatura, perché bisogna sconfiggerla – ha detto Barahona davanti alla folla ed alla bara di Wendy Elizabeth Ávila –.
Non possono essere più forti di un popolo che lotta con coraggio e dignità. Per questo motivo non possiamo retrocedere in questa lotta, perché oggi è Patria o Morte. Perché è una lotta di dignità dove esponiamo la cosa più preziosa che abbiamo e cioè la vita. Perché oggi il sangue dei martiri si trasformerà in seme di libertà”, ha concluso.
Oggi, 28 settembre, il Fronte nazionale contro il colpo di Stato, sfidando il decreto si riunirà davanti all’Università Pedagogica per marciare nuovamente e celebrare in questo modo i tre mesi di resistenza contro il golpe.
© (Testo e Foto Giorgio Trucchi - Lista Informativa "Nicaragua y más" di Associazione Italia-Nicaragua www.itanica.org )
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