Latina

Notizie sommarie e approssimative sulla repressione in atto a Tegucigalpa

La grande stampa italiana ignora l'Honduras

Al contrario, ottimo il lavoro di controinformazione di Italia-Nicaragua, PeaceReporter, Collettivo Italia-CentroAmerica
1 ottobre 2009
David Lifodi

L'Honduras per la grande stampa italiana non esiste. I siti internet dei principali quotidiani si limitano a qualche breve pressoché invisibile, le edizioni cartacee hanno in buona parte ignorato la feroce repressione di Micheletti per le strade di Tegucigalpa. Solo la sospensione delle principali garanzie costituzionali decretate dal governo golpista (tra cui lo stato d'assedio per 45 giorni deciso per decreto insieme al divieto di riunione pubblica non autorizzata e al mandato di arresto per coloro che si trovano in strada in orario di coprifuoco) ha indotto "Repubblica" e "Corriere della Sera" a raccontare sommariamente quanto sta accadendo nel piccolo paese centroamericano.
Entrambi i siti internet riportano la notizia, ma manca completamente un'analisi socio-politica in relazione al golpe. Di più, Zelaya è definito continuamente come "l'amico di Chávez", il che implicitamente lascia trasparire che il suo allontanamento coatto da Tegucigalpa tutto sommato non è poi un gran male: voleva modificare la Costituzione e farsi rieleggere al pari di Chávez, non c'è riuscito ed è stato deposto, quindi se l'è cercata. Questa è la versione che viene fatta passare come verità incontrovertibile al lettore medio di un qualsiasi quotidiano italiano a grande tiratura. L'articolo pubblicato da "Repubblica" il 29 Settembre intitolato "Honduras, stato d'assedio per Zelaya" fa ancora peggio, sposa la linea di un funzionario statunitense in forza all'Osa (l'Organizzazione degli Stati Americani) e bolla il legittimo presidente Zelaya come "irresponsabile" per via del suo avventuroso rientro nel paese, dove è tuttora asserragliato all'interno dell'ambasciata brasiliana. Lo scopo è quello di far passare Zelaya come un pericoloso estremista agli occhi dell'opinione pubblica. In realtà Zelaya proviene dal partito liberale (e i movimenti alle prossime elezioni avrebbero puntato sull'indipendente Carlos Reyes, portavoce del Bloque Popular con l'appoggio del Sindicato de Trabajadores de la Industria de la Bebida y Similares - STYBIS) e prima della sua dignitosa svolta verso altri lidi andava bene alle famiglie oligarchiche che controllano il paese e la maggior parte dei mezzi di informazione honduregni, cosa che buona parte dei latinoamericanisti di casa nostra si sono ben guardati dal sottolineare. "El Heraldo" e "La Prensa" sono tra i principali alfieri del golpe, dietro al quale si trova, tra gli altri, lo stesso proprietario di "El Heraldo", Jorge Canaguati. Più in generale tutta la stampa tradizionale è controllata da potenti gruppi oligarchici che hanno finanziato il colpo di stato, condividono gli obiettivi dei golpisti ed impediscono la libertà di espressione in Honduras. E ancora, la deposizione di Zelaya con il pretesto di voler modificare la Costituzione non regge. Piuttosto, il presidente legittimo intendeva convocare per novembre l'elezione dell'Assemblea Costituente che avrebbe dovuto consultarsi in merito alla scrittura di una nuova Carta Costituzionale che modificasse quella del 1982, redatta su misura per i regimi dell'epoca. Andare alle elezioni il prossimo 29 Novembre con Micheletti ben saldo al potere significherebbe certificare la legittimità di un governo golpista che per ora non ha ottenuto alcun riconoscimento ufficiale.
Di tutto questo non si parla, anzi, si bolla come irresponsabile non solo il rientro di Zelaya, ma anche i suoi appelli alla popolazione affinché resista. Anche in questo caso è implicita l'idea che si dovesse attendere un intervento più energico dell'Osa o aspettare i tempi infiniti di mediazione a livello internazionale, quasi a legittimare una sorta di "dittatura soft", che poi non è tale, di Micheletti. Nessuna notizia sulla repressione degli oppositori presso lo stadio di baseball di Chochy Sosa a Tegucigalpa, solo qualche cenno alla chiusura di Radio Globo e Canal 36, al contrario la scelta di Chávez di mandare sul satellite Rctv (non di chiuderla e nemmeno di inviarle contro i militari) aveva guadagnato i titoli di apertura delle cronache internazionali di tutti i quotidiani italiani. Infine, solo qualche nota sui lacrimogeni sparati dall'esercito contro l'ambasciata brasiliana, senza un'analisi di alcun tipo su quanto il golpe in Honduras possa incidere sui futuri equilibri del continente centro e sudamericano. Sulla tenuta democratica dell'Honduras si giocheranno anche i rapporti di forza interni ed esterni al continente: l'eventuale successo dei golpisti potrebbe rappresentare un pericoloso precedente da ripetere per buttare giù Morales, lo stesso Chávez o comunque aprire più di uno spiraglio per restaurare di nuovo governi reazionari in America Latina.
Eppure le fonti attendibili non mancano: notizie documentate sulla violazione dei diritti umani nei confronti dei manifestanti per le strade di Tegucigalpa, al pari dei puntuali aggiornamenti sulle mosse della diplomazia internazionale, sono ben raccontati grazie all'eccellente lavoro di controinformazione svolto dall'Associazione Italia-Nicaragua, PeaceReporter, Collettivo Italia-CentroAmerica, il blog resistehondurasita.blogspot.com.
Considerando la discutibile linea d'informazione tenuta finora dalla grande stampa italiana nei confronti del golpe… forse sarebbe stato meglio se avessero continuato ad ignorare l'Honduras!

Note: Articolo realizzato da David Lifodi per www.peacelink.it
Il testo è liberamente utilizzabile a scopi non commerciali citando la fonte e l'autore.

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