Argentina: approvata la Ley de Servicios de Comunicación Audiovisual
Finalmente la Ley de Servicios de Comunicación Audiovisual è legge. Il Senato argentino l'ha approvata con un'ampia maggioranza (44 voti favorevoli contro 24 contrari) al termine di una battaglia che ha visto in prima fila la destra e i suo mezzi di comunicazione più potenti, mobilitati per affossarla in qualsiasi modo.
La nuova legge sostituisce la vecchia Ley de Radiodifusión, in vigore dalla dittatura militare degli anni 1976-1983, e soprattutto è frutto di una dura lotta condotta vittoriosamente a termine dalla società civile riunita nella Coalición por una Radiodifusión Democrática, all'interno della quale hanno lavorato insieme radio comunitarie, associazioni per i diritti umani, il movimento sindacale studentesco.
La legge colpisce in particolari i grandi oligopoli mediatici, limitando il numero di licenze televisive nelle mani di uno stesso gruppo e definendo chiaramente la comunicazione come un "servizio pubblico". La legge, approvata anche dalla Camera dei Deputati con l'appoggio dei partiti della sinistra ed un totale di 146 voti favorevoli (i contrari sono usciti dall'aula per protesta al momento del voto), ha scatenato una vera e propria battaglia politica con risvolti paradossali. Il gruppo Clarín, detentore dell'omonimo quotidiano conservatore (che gode di grande influenza nel paese) e proprietario di oltre 250 canali televisivi, radio e riviste, ha presentato la Ley de Servicios de Comunicación Audiovisual come la "Ley de medios K", alludendo al tentativo della presidenta Cristina Kirhner e dell'ex presidente (e marito) Nestor Kirchner di voler imbavagliare i media. E ancora: "Con la ley de medios sancionada Néstor Kirchner festejó su resurrección", ha scritto il quotidiano Crítica de la Argentina. Nonostante il polverone mediatico scatenato ad hoc, la nuova legge ha ricevuto numerosi consensi. Il portavoce delle Nazioni Unite per la Promozione e la Protezione della Libertà di Opinione e di Espressione Frank la Rue, ha indicato nella nuova normativa un esempio che gli altri paesi dovrebbero seguire. Ancora più entusiasta l'ex Premio Nobel per la pace argentino Adolfo Peréz Esquivel, secondo il quale "era improponibile proseguire con una legge voluta da Videla e il resto della giunta militare". La nuova authority che sostituirà il Comité Federal de Radiodifusión (diretta espressione del regime militare sotto la dittatura e comunque facilmente manipolabile dai governi susseguitisi alla guida del paese dal ritorno alla democrazia) sarà composta da sette membri, di cui due saranno designati dall'esecutivo, tre dal Parlamento (scelti dall'opposizione) e gli ultimi due provenienti da un consiglio federale composto da esperti del settore. Anche la Asociación Mundial de Radios Comunitarias (Amarc) ha commentato con favore l'approvazione della nuova legge, sottolineando che da ora sarà più difficile la concentrazione indebita della maggior parte dei media nelle mani di pochi gruppi economici ed ha invitato tutti i governi del continente centro e sudamericano (ancora molto indietro in questo campo per la presenza di fortissime lobby di potere) a seguire l’esempio argentino.
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