COLOMBIA, IL PRESIDENTE URIBE IN EUROPA: AMNESTY INTERNATIONAL DENUNCIA LA PESANTE SITUAZIONE DEI DIRITTI UMANI E SI RIVOLGE ALLE AUTORITÀ ITALIANE
COMUNICATO STAMPA
CS17-2004
Mentre i leader politici e il Parlamento Europeo si apprestano ad
accogliere il presidente della Colombia Alvaro Uribe, Amnesty International
chiede all'Unione Europea di cessare il sostegno a politiche che rischiano
di aggravare la crisi dei diritti umani nel paese.
Nonostante la pretesa del governo colombiano che la propria "politica della
sicurezza democratica" stia funzionando e che gli omicidi e i rapimenti
siano diminuiti, Amnesty International ha le prove che in alcune zone di
conflitto questi fenomeni sono in aumento. Solo cinque giorni fa,
l'organizzazione per i diritti umani ha allertato la comunità
internazionale sulle minacce di morte rivolte dai paramilitari, sostenuti
dall'esercito, nei confronti dei dirigenti sindacali dell'Associazione
degli insegnanti di Arauca.
"La visita del presidente colombiano può essere l'occasione per ricevere
ulteriore sostegno, da parte dell'Unione Europea, alla politica di
sicurezza del governo di Bogotá, soprattutto per le modalità con cui si
stanno smobilitando i gruppi paramilitari. Per questo, l'Unione Europea
deve controllare più attentamente ciò che sta accadendo" - ha dichiarato
Dick Oosting, direttore dell'Ufficio di Amnesty International presso
l'Unione Europea. "Il processo di smobilitazione è profondamente ambiguo.
Il governo sta fornendo ai paramilitari i mezzi per riemergere in veste
legale, riciclandoli in agenzie private di sicurezza o in altre strutture
istituite dal governo, senza tenere in considerazione il loro ruolo nelle
violazioni dei diritti umani".
"L'attuale politica del governo colombiano non ha garantito un sostanziale
miglioramento della situazione dei diritti umani in quanto concede
l'impunità per i responsabili e perpetua le violazioni dei diritti umani.
Tutto questo tende a negare alle vittime e alle loro famiglie il diritto
alla verità, alla giustizia e a un completo risarcimento" - ha aggiunto
Oosting.
"Il governo colombiano afferma che, grazie alle nuove misure, il numero dei
profughi interni è significativamente diminuito. Ma queste affermazioni non
tengono in considerazione il fatto che la gran parte dei movimenti della
popolazione avviene da una zona all'altra della medesima città e che le
forze di sicurezza impediscono fisicamente a molte persone di fuggire dalle
proprie abitazioni" - ha denunciato Oosting. Il 4 febbraio l'Alto
commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati ha definito la Colombia il
paese con la peggiore situazione umanitaria mondiale, dopo la Repubblica
Democratica del Congo e il Sudan, con due o persino tre milioni di profughi
interni e circa altre 300.000 persone costrette a lasciare il paese.
Gli attivisti per i diritti umani sono sempre più sottoposti a minacce, ciò
che rende doppiamente difficile il loro lavoro di denuncia delle violazioni
dei diritti umani. Secondo Amnesty International, queste persone sono al
centro di una strategia coordinata di esercito e forze paramilitari, che li
rende estremamente vulnerabili agli attacchi.
La Sezione Italiana di Amnesty International si è rivolta oggi al governo e
alla presidenza della Repubblica chiedendo di sostenere le seguenti
richieste, dirette all'Unione Europea:
- ottemperare alle proprie responsabilità e assicurare che l'aiuto
dell'Unione Europea e degli Stati membri non sia causa diretta o indiretta
di violazioni dei diritti umani;
- sollecitare il governo colombiano affinché intraprenda un'azione efficace
e decisiva per smantellare i gruppi paramilitari, spezzare i legami
esistenti tra questi e le forze di sicurezza e sospendere l'applicazione di
politiche che possano portare a una nuova legittimazione del
paramilitarismo;
- reiterare l'appello al governo di Bogotá affinché desista dall'applicare
riforme costituzionali che garantiscono poteri di polizia giudiziaria alle
forze armate;
- continuare a premere sui gruppi della guerriglia affinché rispettino il
diritto internazionale umanitario e raggiungano un accordo col governo, per
garantire che la popolazione civile sia protetta dalle conseguenze del
conflitto tra le due parti.
FINE DEL COMUNICATO
Bruxelles/Roma, 9 febbraio 2004
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