Si Uruguay! Pepe Mujica è il nuovo presidente
Pepe Mujica ce l'ha fatta: dal prossimo primo marzo assumerà ufficialmente l'incarico come presidente dell'Uruguay. E' stata una vittoria non così scontata come in molti l'hanno descritta.
Già al primo turno l'ex guerrigliero tupamaro, già ministro dell'Agricoltura con Tabaré Vázquez, aveva i favori del pronostico, ma si era fermato al 48% dei consensi. Lo sfidante Lacalle incuteva un certo timore, vanificato solo dai sondaggi dell'ultima settimana che lo davano ampiamente dietro a Mujica: al secondo turno era certo di contare sull'appoggio non trascurabile dell'elettorato di Pedro Bordaberry, figlio del dittatore Juan Maria che aveva aperto le porte alla stagione tragica dei regimi militari nel Cono Sur. Sarebbe bastato il sostegno impresentabile di Pedro Bordaberry a Lacalle, che pure durante i suoi 5 anni di presidenza dal 1990 al 1995 aveva distrutto lo stato sociale e privatizzato tutti i servizi pubblici, a spingere la popolazione a votare per Pepe Mujica. Eppure c'era un certo timore: una soglia di indecisi valutata intorno al 10% e la bruciante sconfitta patita il 25 Ottobre nel referendum per la Ley de Caducidad, che non aveva raggiunto il quorum per l'annullamento nonostante la sua incostituzionalità già proclamata dalla Suprema Corte di Giustizia. Il successo di Mujica è servito quindi a lavare anche l’offesa del fallito quorum, con la sconfortante percentuale del 42%, ben lontano dal 50% necessario.
L'ex-tupamaro si è imposto sul conservatore Lacalle con un distacco che non ammette repliche: il 53% dei consensi rispetto al 43% del candidato delle destre. I politologi hanno sostenuto che Mujica ha cercato voti al centro per scrollarsi di dosso l'immagine di ex-guerrigliero su cui il blanco Lacalle aveva impostato tutta la sua campagna elettorale. In realtà Pepe ha potuto contare sia sull'alto gradimento di cui ha goduto il presidente uscente Tabaré Vázquez (stimato intorno al 71%), sia sulla rispettabilità, coerenza e onestà intellettuale del suo percorso politico. Dopo aver contribuito a fondare il Movimiento de Liberación Nacional Tupamaros (Mln-T) ed aver trascorso molti anni in prigione per aver combattuto contro una delle più feroci dittature del continente, Mujica nel 1989 è entrato nella coalizione del Frente Amplio, quella che ha portato il centro-sinistra per la prima al governo del paese nel 2005. Inoltre, Mujica ha svolto un ruolo di primo piano nella nascita del Movimiento de Partecipación Popular (Mpp), la corrente di sinistra del Frente che ha accolto gli stessi tupamaros una volta ratificata la scelta di deporre le armi.
Mujica ha promesso di impegnarsi per ridurre la povertà, tema su cui aveva già lavorato con un certo successo il governo uscente di Vázquez, e nel suo primo discorso di fronte ai sostenitori frenteamplistas si è rivolto con garbo all'opposizione dicendo loro che non esistono né vincitori né vinti per il bene del paese: una sorta di invito all'unità e al rispetto reciproco in un paese piccolo ma che porta ancora le ferite delle sparizioni forzate e del Plan Condor. Probabilmente Mujica si iscriverà in quell'asse social-liberale di cui Brasile, Argentina e Cile sono i principali esponenti, ma aldilà delle affinità o delle divergenze che potrebbe avere il neopresidente con l'asse moderato o con quello bolivariano (e su cui ha insistito molto la stampa, soprattutto quella di casa nostra), il suo successo e quello del Frente Amplio (che già ad ottobre aveva fatto il pieno di voti in entrambe le Camere) dimostra il rifiuto dei cittadini uruguayani verso il modello di Lacalle e più in generale del modo di fare politica di blancos e colorados. Le politiche neoliberali, ad esempio il tentativo di privatizzare i servizi idrici, del resto erano già state rifiutate dalla cittadinanza durante lo straordinario referendum del 2004, quando l'acqua era stato inserita nella Costituzione come diritto umano inalienabile e fondamentale.
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