Bolivia: Morales senza rivali
L'ammissione di colpa dell'ex prefetto del dipartimento del Pando Leopoldo Fernández per la sua responsabilità nel massacro di Porvenir dell'11 Settembre 2008, arrivata quasi in contemporanea con la straripante vittoria di Morales nelle presidenziali di domenica 6 Dicembre, sottolinea bene la resa e la disfatta delle destre di fronte al Movimiento al Socialismo (Mas) e al progetto di governo di Evo ampiamente premiato dai boliviani.
I dati ufficiosi (quelli ufficiali non saranno comunicati prima di dieci giorni) non ammettono repliche: 63% dei voti all'accoppiata Morales-García Linera, il 27% a Manfred Reyes Villa (riciclatosi sotto la bandiera del Plan Progreso para Bolivia-Convergencia Nacional), solo il 6% per l'industriale del cemento Samuel Doria Medina di Unidad Nacional, 86 seggi su 130 conquistati dal Mas alla Camera dei Deputati e 25 su 36 al Senato. E ancora: ampia maggioranza del Mas nei dipartimenti di La Paz, Oruro e Potosì (dove sono stati eletti quattro senatori masisti), ma risultati sorprendenti anche nell'Oriente separatista e che da sempre ha cercato di eliminare Morales dalla contesa politica con qualsiasi mezzo. Due senatori eletti nei dipartimenti di Beni, Pando e Santa Cruz (dove comunque le destre si sono confermate vincenti) e addirittura tre a Tarija, una cosa impensabile secondo le parole dello stesso Evo "in luoghi dove prima non avevamo nemmeno un deputato", ottime notizie anche da Cochabamba e Chuquisaca. Nelle prime presidenziali in cui avevano diritto al voto anche i boliviani residenti all'estero, il risultato migliore è venuto dalla Spagna dove Morales ha ottenuto oltre 15000 preferenze, quasi duemila in più rispetto ai voti raggranellati da Manfred Reyes Villa.
Aldilà dei numeri, il successo del Mas e di Morales proviene certamente dall'unità e dalla forza dei movimenti sociali, ma anche (per certi aspetti sorprendentemente) da quella classe media che Manfred Reyes Villa ha cercato di tirare dalla sua parte e che invece lo ha tradito per Evo.
Di fronte ai suoi sostenitori riuniti nella Plaza Murillo, Morales ha ringraziato la Coordinadora Nacional por el Cambio (Conalcam), la Central Obrera Boliviana (Cob) e le organizzazioni popolari, ma la crescita del Mas, che ha aumentato di dieci punti percentuali il suo elettorato rispetto alle elezioni del 2005, è avvenuta innegabilmente grazie all'appoggio di quella borghesia cittadina che ha voltato le spalle ad una destra senza alcun progetto credibile. La mancanza di una proposta politica convincente alternativa al Mas ha consentito a Morales di raggiungere il più alto indice di gradimento dal 1982, data indicata dai politologi come quella del ritorno alla democrazia, seppur soltanto formale. Di certo il Mas adesso dovrà stare attento dal commettere alcuni errori del passato, quali il tentativo di cooptazione di dirigenti e personalità di spicco dei movimenti popolari, oltre a sapere gestire il rapporto con quella classe media che ha si dato fiducia alla politica masista ma che certamente pretenderà qualcosa in cambio.
L'accoppiata Manfred Reyes Villa- Leopoldo Fernández è stata rifiutata dalla popolazione semplicemente perché non era credibile. Fernández si trova tuttora nel carcere paceño di San Pedro, dove pur ammettendo la sua responsabilità (dopo un anno e tre mesi!) per il massacro dei campesinos in marcia per appoggiare Evo, resta sempre uno dei principali fautori del golpe separatista in collaborazione con l'organizzazione paramilitare fascista Unión Juvenil Cruceñista. Lo stesso Manfred Reyes Villa rappresentava il vecchio che i boliviani volevano lasciarsi alle spalle: leader del partito di estrema destra Nueva Fuerza Repubblicana (Nfr) e per anni sindaco di Cochabamba, alleato di Sánchez de Lozada e tra i responsabili della privatizzazione delle risorse idriche che nell'aprile 2000 scatenò la prima guerra dell'acqua, fu tra i promotori del refrendum revocatorio contro Morales dell'agosto 2008. In realtà fu lo stesso Reyes Villa ad essere bocciato dalle urne e costretto ad abbandonare il suo ruolo di prefetto. Storia simile quella dell'altro sfidante Samuel Doria Medina, legato al poco raccomandabile leader dei comitati civici di Santa Cruz Branko Marinkovic e famoso per la sua dichiarazione di voler privatizzare un'impresa statale alla settimana durante il suo quadriennio da ministro tra il 1989 e il 1993 sotto la presidenza di Jaime Paz Zamora.
Morales e la società civile boliviana li hanno sconfitti ed hanno assestato (per ora) un duro colpo al blocco civico autonomista della Media Luna, ma ora per Evo si prepara la sfida più difficile, quella di governare il paese fino al 2015. Ci sarà molto da fare per Morales, che ha dedicato la sua vittoria "ai popoli del mondo che si battono contro l'imperialismo". Ha promesso di mantenere il suo impegno per evitare la privatizzazione delle risorse naturali ad opera delle transnazionali, lotterà affinché il diritto alla sanità diventi effettivo per tutti i boliviani, si occuperà maggiormente della salvaguardia dell’ambiente fin dal prossimo vertice dei paesi dell'Alba (l'Alternativa Bolivariana per le Americhe) in programma all'Avana il prossimo fine settimana.
Il sogno di una notte di mezza estate australe del dicembre 2005, quando dal balcone del palazzo presidenziale di Plaza Murillo si affacciava per la prima volta un presidente indigeno, è destinato a continuare.
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