Colombia: la quasi estradizione di Juan Manuel Santos
La cerimonia di insediamento a nuovo presidente della Colombia ha rischiato di essere rovinata, per Juan Manuel Santos, da una richiesta di estradizione ad opera del Pubblico Ministero Carlos Jiménez, ad ulteriore conferma delle trame in cui è stato e continua ad esser coinvolto l'attuale mandatario del paese andino.
I fatti: Santos ha rischiato l'estradizione per aver ordinato, nel marzo 2008, il bombardamento di un accampamento militare delle Farc in territorio ecuadoriano. L'"Operación Fénix", questo il nome dell'operazione militare, fu decisa dallo stesso Santos, allora ministro della difesa, ed uccise 25 persone, tra cui il numero due della guerriglia, Raúl Reyes, e soprattutto il cittadino ecuadoriano Franklin Aisalla. Da quel momento Ecuador e Colombia interruppero le relazioni diplomatiche, adesso sul punto di riannodarsi faticosamente con la partecipazione del presidente Correa alla cerimonia di insediamento di Santos. L'estradizione di Santos era stata girata da Carlos Jiménez al giudice Daniel Méndez, operante a Sucumbíos (nord Ecuador). La legge ecuadoriana stabilisce che il giudice debba chiedere alla Corte Nazionale di Giustizia se la richiesta di estradizione sia applicabile o meno. Ancora prima che il giudice Méndez rilasciasse una qualsiasi dichiarazione, è entrato sulla scena Walter Lombeira, difensore del presidente Santos, dichiarando che finora a lui non risultava nessuna richiesta di estradizione ad opera della Corte Nazionale di Giustizia nei confronti del suo assistito. Effettivamente Lombeira non aveva torto, nel senso che l'investitura di Santos a presidente lo rende automaticamente protetto grazie ad una immunità internazionale che lo salverebbe dall'estradizione. La conferma è venuta anche dallo stesso Pubblico Ministero Carlos Jiménez, che però ha tenuto a sottolineare come la richiesta di estradizione resti comunque attiva per il comandante delle forze militari colombiane Freddy Padilla de León, nonostante fonti di rilievo da Palacio Nariño abbiano sostenuto a più riprese che non riconosceranno alcuna giurisdizione diversa da quella colombiana, quasi una provocazione per la magistratura ecuadoriana. Nel frattempo Santos si è sempre difeso sostenendo che la scelta di bombardare l'accampamento militare delle Farc in Ecuador fu presa dallo stato colombiano e non da lui in prima persona, disconoscendo di fatto la giustizia ecuadoriana e ricevendo pieno sostegno dal suo predecessore Uribe. Se la richiesta di estradizione fosse stata formulata più rapidamente, Santos avrebbe realmente rischiato di essere giudicato in Ecuador, e in quel caso, oltre a dover fornire spiegazioni sulla morte del cittadino ecuadoriano Aisalla, avrebbe dovuto rendere conto anche di una delle più controverse operazioni militari che avevano quasi scatenato una vera e propria crisi politica non solo tra Colombia ed Ecuador, ma tra la Colombia e buona parte degli stati latinoamericani contrari alla violazione dei confini e del territorio compiuta dalle forze di sicurezza inviate da Bogotà.
Si è espresso in maniera assai cauta sul caso il presidente ecuadoriano Correa, preoccupato che l'eventuale estradizione di Santos avrebbe di nuovo fatto precipitare la situazione tra i due paesi dopo che solo poche settimane fa aveva ricevuto il vicepresidente colombiano Garzón a Quito.
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