Colombia: l'accordo con gli Usa sulle basi militari è incostituzionale
Il verdetto della Corte Costituzionale colombiana, reso pubblico lo scorso 17 Agosto, segna una vittoria importante del movimento contrario all'installazione delle 7 basi militari Usa sul territorio del paese andino: l'accordo militare tra Stati Uniti e governo Uribe è incostituzionale.
L'intesa tra amministrazione statunitense e la Colombia, perseguita fortemente non solo da Uribe, ma anche dall'attuale presidente Santos, allora ministro della difesa, era entrata in vigore nell'Ottobre 2009 nell'ambito dell'Accordo Complementare per la Cooperazione e l'Assistenza Tecnica in Difesa e Sicurezza. A pochi giorni dalla sua ratifica (avvenuta poi ufficialmente in Dicembre) il Consiglio di Stato aveva già avvisato il governo colombiano sull'incostituzionalità dell'accordo, che avrebbe dovuto essere rinegoziato in seguito alla (mai avvenuta) consultazione del Congresso e che, soprattutto, violava in maniera evidente la sovranità del paese. L'8 aprile 2010 nasceva il coordinamento colombiano contro le basi, una coalizione composta da oltre 150 organizzazioni sociali che fin dall'inizio hanno lavorato per scongiurare l'installazione di 7 basi militari Usa sul proprio territorio. Contemporaneamente, l'Alba sosteneva che le basi avrebbero rappresentato un pericolo per la stabilità dei paesi confinanti e dell'intero continente, in quanto minacciavano la sicurezza e la pace della regione. La sentenza della Corte Costituzionale assume una particolare importanza alla luce dell'indirizzo che intenderà prendere il nuovo presidente Santos in politica estera ed offre la possibilità all'ampio coordinamento contro le basi (composto da organizzazioni impegnate per il rispetto dei diritti umani, sindacati, partiti politici), di promuovere una forte azione di lobby sul Congresso affinché esprima un voto contrario alla trasformazione della Colombia nell'Afghanistan o nell'Iraq dell'America Latina, paesi di fatto invasi dagli Usa e diventati, loro malgrado, delle colonie a stelle e strisce. Spetterà infatti proprio al Congresso esprimersi in maniera affermativa o negativa sul verdetto della Corte entro un anno. Nonostante la sentenza della Corte Costituzionale suoni come una condanna, il governo sembra però intenzionato a procedere per la propria strada, ed ha ribadito la volontà di mantenere in vigore gli accordi già presi con gli Stati Uniti. Secondo il presidente della Corte Costituzionale Mauricio González invece, l'accordo per l'installazione delle basi è totalmente contrario alla stessa prassi costituzionale, che prevede appunto la previa consultazione del Congresso che, in caso di approvazione, dovrà essere sottoposto ad un nuovo riesame ad opera della Corte. Nel frattempo la coalizione contro le basi ha già chiesto il ritiro delle truppe statunitensi e lo smantellamento delle strutture militari, confortata anche dall'intervista rilasciata a Telesur dall'ex-magistrato della Corte Costituzionale José Gregorio Hernández, secondo il quale l'accordo Washington-Bogotà ha ripetutamente violato la costituzione colombiana. Hernández ha inoltre sottolineato come il patto militare per l'installazione delle basi sia stato giustificato dalla volontà di difendersi da terrorismo e narcotraffico, ma questo non deve significare la trasformazione del paese in un immenso campo militare da cui partano azioni di spionaggio nei confronti di altri paesi latinoamericani, intenzioni emerse da un documento dell'aviazione statunitense datato 3 Novembre 2009.
L'incostituzionalità del trattato ha generato sollievo anche tra i paesi verso i quali la Colombia ha sempre tenuto un atteggiamento ben poco amichevole, soprattutto Venezuela ed Ecuador, ma sul pronunciamento della Corte continua a pesare fortemente l'ostilità del governo di Bogotà: "Per la presidenza Santos", conclude il coordinamento contro le basi, "si tratta della prima prova del fuoco a livello internazionale".
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