Brasile: Marina Silva manda al ballottaggio Dilma Rousseff
La voce di Cristiano Ferraz, docente di statistica presso l'Universidade Federal de Pernambuco, era rimasta inascoltata per tutto settembre quando, in mezzo all'impazzare dei sondaggi elettorali, aveva sostenuto che gli istituti di ricerca più attendibili si limitavano a riportare le intenzioni di voto senza alcun lavoro di scomposizione o calcolo probabilistico. Tradotto: le previsioni elettorali ritenute come certe non sarebbero state del tutto affidabili. A distanza di un mese possiamo dire che Ferraz aveva colto nel segno. Nessuno si aspettava i venti milioni di voti raccolti da Marina Silva (Partido Verde), che di fatto hanno costretto la petista Dilma Rousseff (inchiodata al 46,9%) ad un inatteso ballottaggio con José Serra (Partido da Social Democracia Brasileira - Psdb), devoto seguace delle politiche dell'ex presidente Cardoso e fermatosi ad un poco esaltante 32,6%. Annullati gli altri candidati al Planalto: il quarto posto conquistato da Plinio Arruda Sampaio del Psol (Partido Socialismo e Liberdade) con appena lo 0,87% delle preferenze testimonia come in realtà la sfida per la presidenza sia stata una corsa a tre. Al ballottaggio del 31 Ottobre tutti sembrano comunque concordi nel ritenere pressoché certa la vittoria di Dilma Rousseff, su cui però pesa l'incognita dell'ampio elettorato di Marina Silva, di sicuro l'ago della bilancia in questa competizione. E' probabile che buona parte del suo bacino di voti vada comunque alla Rousseff (con la quale, tra l'altro, i rapporti non sono dei migliori), si pensi solo alla borghesia di sinistra, ai giovani e agli intellettuali de esquerda che hanno scelto di sostenerla, dall'ex ministro della Cultura Gilberto Gil a Caetano Veloso passando per il teologo della liberazione Leonardo Boff. Resta però l'incognita di una buona fetta dell'elettorato di Serra che ha preferito all'ultimo momento appoggiare Marina, per cui sarebbe improprio classificare l'ondata di voti verdi come consensi sicuri a sinistra del Pt: il candidato socialdemocratico lo sa e appena terminate le operazioni di scrutinio le ha fatto subito i complimenti nell'evidente tentativo di ingraziarsi una parte dei suoi elettori. Se sulla provenienza politica della Silva non ci sono dubbi (uscita a sinistra dal Pt per divergenze con Lula e la stessa Dilma in merito ad una diversa interpretazione delle politiche ambientali, da sempre contraria alle centrali idroelettriche, alla monocoltura della soia e in prima fila nella difesa dell'Amazzonia dopo gli anni trascorsi con Chico Mendes e i seringueiros), bisognerà vedere quali saranno le decisioni del Partido Verde, solitamente con una visibilità pari a zero, ma che stavolta, complice la candidatura illustre di Marina, può decidere quale sarà il futuro inquilino del Planalto. Curioso anche l'atteggiamento della stampa italiana e straniera in merito a queste elezioni: Dilma Rousseff è stata presentata in molti servizi come ex-guerrigliera, insistendo molto sul suo passato di militante clandestina passata sotto le torture della dittatura, cosa vera, ma lontanissima dalla Dilma degli ultimi anni che, in qualità di braccio destro di Lula, ha di fatto accettato l'apertura all'agrobusiness, al Programa de Aceleração do Crescimento (Pac) e a quella politica di lotta alla povertà fatta principalmente di assistenzialismo, tanto da spingere lo stesso Frei Betto ad abbandonare il governo Lula proprio per divergenze sull'operazione Bolsa Familia, che pure ha giovato molto in fatto di popolarità all'ex presidente operaio. Detto questo, è altrettanto vero che sul secondo turno influirà fortemente il peso dei grandi media commerciali, lo ha spiegato bene su Carta Maior Emir Sader parlando della forte ostilità dei mezzi di comunicazione mainstream prima nei confronti di Lula e adesso di Dilma Rousseff. Infine, per chiudere l'argomento presidenziali, va segnalata un'astensione molto alta, pari al 17,6%, in un paese dove la partecipazione al voto è obbligatoria e coloro che rinunciano ad andare alle urne rischiano pesanti multe.
Passando alle elezioni parlamentari invece, la coalizione petista ha raggiunto risultati notevoli, anche se in certi casi gli alleati del Pt rappresentavano facce e partiti non sempre presentabilissimi. Nel Pernambuco (terra di Lula), Eduardo Campos (Partido Socialista Brasileiro – Psb) ha ottenuto l'82% dei voti ed è stato rieletto, risultato simile nell'Espirito Santo con Renato Casagrande (sempre del Psb). Alleanza petista con il vento in poppa anche negli stati di Rio de Janeiro (eletto Sergio Cabral, del Partido do Movimento Democrático Brasileiro - Pmdb), Bahìa (con Jacques Wagner del Pt), Cearà, Sergipe, Rio Grande do Sul e Acre. E'andata maluccio al Psdb di José Serra, capace di raggiungere la maggioranza al primo turno in pochi stati, tra cui Santa Catarina, São Paulo, Minas Gerais, Rio Grande do Norte e Tocantins. Al Senato, di fronte al successo della bancada petista, che aumenta di 48 seggi, calano tutti i partiti del centro-destra, tra cui Psdb e Democratas (Dem), mentre alla Camera il Pt diventa il primo partito con 88 deputati, seguito dal Pmdb con 79. Mediocre il risultato del Psdb, terza forza alla Camera ma con 6 deputati in meno, dai 59 del 2006 ai 53 attuali.
In attesa del ballottaggio del 31 Ottobre (in cui si definirà anche il destino del Distretto Federale di Brasilia insieme a quello di Rondonia, Roraima Paraíba, Alagoas, Piauí, Amapá, Pará e Goiás) sono in molti a ricordare che nel 2002 e nel 2006 Lula andò al ballottaggio per poi vincere facilmente: probabilmente potrebbe andare così anche stavolta, ma il patrimonio di voti conquistato da Marina Silva di certo aggiunge un pizzico di thrilling alla sfida tra José Serra e Dilma Rousseff.
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