Latina

Condannati a pene pesantissime da un processo con molti lati oscuri

Cile: mapuche in sciopero della fame

Per le organizzazioni umanitarie è una sentenza politica
28 aprile 2011
David Lifodi

Terroristi. Questa è l'opinione dello Stato cileno nei confronti dei mapuche: dalla Concertación dell'ex presidenta Michelle Bachelet (che pure ha vissuto sulla propria pelle il dramma del Cile pinochettista) alle destre di varia estrazione e provenienza fino all'attuale inquilino della Moneda, Sebastian Piñera. Nessuno di loro ha mai messo mano alla Ley Antiterrorista, risalente all'epoca della dittatura ed applicata in maniera inflessibile proprio nei confronti dei mapuche.

Stavolta, però, la vicenda in cui sono implicati quattro comuneros rischia seriamente di avere un epilogo drammatico: in sciopero della fame dal 15 marzo e condannati a pene tombali da un giudizio di natura eminentemente politica, stanno mettendo in gioco la loro stessa vita pur di affermare i diritti del loro popolo. Héctor Llaitul, portavoce della Coordinadora de Comunidades Mapuche en Conflicto Arauco-Malleco, dovrà scontare 25 anni di prigione, mentre per i suoi tre compagni sono 20 gli anni da trascorrere in cella. Per tutti loro l'accusa è quella di attentato al giudice Mario Elgueta e furto di legname (in realtà un reato di cui spesso si macchiano le multinazionali). In occasione della messa di Pasqua celebrata nella cattedrale di Santiago del Cile la scorsa settimana, un gruppo di mapuche è riuscito ad arrivare fino all'altare e ad esporre uno striscione su cui era scritto: "Libertad a los presos políticos mapuche". Poi è seguito l'immediato intervento della polizia, che ha fermato alcuni dei manifestanti per interrogarli. Sono di vario tipo le preoccupazioni per lo sciopero della fame condotto dai quattro detenuti, innanzitutto a livello sanitario. In media i quattro hanno perso circa quattordici chilogrammi a testa e le loro condizioni sono aggravate da uno sciopero della fame simile a questo messo in atto nel 2010 e durato 81 giorni, dal quale non si sono mai ripresi completamente: anche in quel caso i mapuche chiedevano la cancellazione della Ley Antiterrorista. A livello politico, invece, lo Stato cileno si sta rendendo responsabile di una vera e propria persecuzione politica nei confronti del popolo mapuche. La Comisión Cilena de Derechos Humanos sostiene che le pene inflitte ai quattro suonano come una condanna politica per mettere a tacere chiunque intenda impegnarsi per garantire ai comuneros terra e diritti. In un comunicato stampa congiunto Observatorio Ciudadano, Corporación de Promoción y Defensa de los Derechos del Pueblo e Federación Internacional de Derechos Humanos sottolineano le molte anomalie riscontrate nel processo svolto nei confronti dei mapuche. In particolare si contesta l'uso spregiudicato di testimoni che hanno avuto un ruolo fondamentale, con la loro esposizione dei fatti durante il processo, nel determinare pene così severe per i detenuti. I testimoni hanno parlato alla Corte a volto coperto, una misura eccezionale applicata solo in casi comprovati di terrorismo. Purtroppo è così che lo Stato considera la lotta dei mapuche per il riconoscimento dei propri diritti, nonostante in Cile parlare di terrorismo sia una vera e propria esagerazione, spiega Natividad Llanquileo, la portavoce dei quattro arrestati. Il fatto che i testimoni si presentino senza volto in osservazione alla Ley Antiterrorista, incalza la Comisión Cilena de Derechos Humanos, li solleva anche dal rischio di poter essere indagati per falsa testimonianza. Al contrario, non è stata applicata la stessa legislazione così severa nei casi in cui i mapuche sono stati uccisi da agenti della polizia durante i drammatici conflitti per l'occupazione delle terre nel sud del paese. Uno degli episodi più sconcertanti in questo senso si verificò nel Gennaio 2008, quando il ventiduenne Matías Catrileo fu ucciso da colpi di arma da fuoco sparati dai carabineros. In quella circostanza emerse un quadro inquietante: gruppi paramilitari di destra agivano come mercenari impiegati al servizio dei proprietari terrieri. Inutile dire che il caso fu archiviato, anche perché il giudice che aveva il compito di occuparsi delle violenze della polizia era lo stesso che nel 2002 rifiutò di condannare un maggiore dei carabineros colpevole di un altro assassinio di un mapuche avvenuto in circostanze simili. La Ley Antiterroristas, insiste ancora Natividad Llanquileo, andrebbe abolita poiché non è utilizzata solo contro il popolo mapuche, ma nei confronti di qualsiasi altro tipo di protesta sociale, si tratti di studenti in lotta piuttosto che sindacati o movimenti popolari. Non è un caso che la Legge Antiterrorista, fortemente voluta da Pinochet, prevedesse, tra varie aberrazioni, quella che impediva agli accusati e ai loro difensori di conoscere il nome dei loro accusatori: di qui deriva la presenza dei testimoni in aula con il volto coperto da cappucci o passamontagna, che, tra le altre cose, richiama alla mente i processi sommari tenuti durante il periodo della dittatura militare.

Infine, i familiari dei detenuti denunciano la forte pressione delle oligarchie economiche e politiche affinché ai mapuche venga data una lezione come si deve, mentre nessuno, a livello istituzionale, sembra avere davvero a cuore la sorte dei quattro comuneros in sciopero della fame. 

Note: Articolo realizzato da David Lifodi per www.peacelink.it
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