Latina

Otto Pérez Molina non sfonda e si ferma al 38%

Guatemala: ballottaggio presidenziale tra le destre

Ritardi e caos durante lo spoglio elettorale
13 settembre 2011
David Lifodi

Dal primo turno delle presidenziali guatemalteche arriva una sorpresa: sarà ballottaggio, seppure tra due destre, quella estrema, "ordine e mano dura", dell'ex generale Otto Pérez Molina (Partido Patriota), e quella conservatrice di Manuel Baldizón, in corsa per il Partido Libertad Democrata Renovada (Lider) ed uno degli uomini più ricchi del paese.

Si tratta di un risultato non del tutto preventivato perché Molina aveva investito somme da capogiro nella campagna elettorale, sforando ampiamente il tetto dei 48 milioni di quetzal prefissato dal Tribunale Supremo Elettorale, eppure non è riuscito ad andare oltre il 38%. Il suo vantaggio sull' avversario Baldizón resta comunque consistente, sia perché il candidato di Lider si è fermato al 23% sia perché ha raggiunto la maggioranza soltanto in 4 dipartimenti del paese (gli altri 18 sono andati al Partido Patriota), ma resta un dato di fatto che nemmeno stavolta, pur strafavorito, l'ex generale è riuscito a salire (per ora) al palazzo presidenziale di Città del Guatemala. Un altro smacco per il militare è arrivato proprio dai risultati provenienti dalla capitale: il candidato del Pp Alejandro Sinibaldi ha ottenuto solo il 26% dei consensi, ben lontano da Alvaro Arzú, ex presidente del paese e firmatario degli accordi di pace del Dicembre 1996. Appoggiato dall'Unidad Nacional de la Esperanza (Une, la formazione politica del mandatario uscente Colom), Arzú amministrerà la capitale per la terza volta: il fallimento di Sinibaldi, appoggiato dalla potente impresa Castillo Sinibaldi Hermanos Corporation, è evidente, anche perché l'uomo scelto dal Partido Patriota è finito addirittura terzo, superato dal rappresentante di Compromiso, Renovación y Orden (Creo), altra formazione della destra conservatrice. La scarsa volontà di compiere apparentamenti potrebbe giocare un brutto scherzo, in occasione del ballottaggio del 6 Novembre, ad Otto Pérez Molina, che senza alcuna vergogna ama farsi definire "generale di pace" perché si sarebbe adoperato per gli accordi di pace del 28 Dicembre 1996 che misero fine al conflitto armato. In realtà l'ex generale, che nei momenti più accesi della campagna elettorale è arrivato ad invocare la pena di morte, è stato tra i responsabili della feroce repressione scatenata contro qualsiasi forma di opposizione sociale, indigena, sindacale, studentesca e contadina. Proprio questi settori, fragili e in alcuni casi divisi al loro interno, non sono riusciti a spingere verso un buon risultato Rigoberta Menchú, ferma a poco più del 2%, come ampiamente previsto. Candidata per il Frente Amplio de Izquierda, la Menchú ha dichiarato che non riconoscerà i risultati elettorali finché non si chiariranno le numerose irregolarità riscontrate durante le operazioni di voto e nella giornata seguente. Questo è stato l'altro grande tema che ha animato la giornata elettorale guatemalteca, dedicata non solo all'elezione del nuovo presidente, ma anche ai 158 deputati del Congresso, ai 20 rappresentanti del Parlacen (il Parlamento Centroamericano) ed ai 333 sindaci dei comuni. I risultati ufficiali delle votazioni sono arrivati ben 19 ore dopo la chiusura dei seggi. Maria Eugenia Villagrán, a capo del Tribunale Supremo Elettorale (Tse), ha giustificato il ritardo a causa della massiccia affluenza alle urne dei votanti, la cui percentuale si aggira intorno al 66%. In realtà gli osservatori elettorali dell'Osa, l'Organizzazione degli Stati Americani, hanno segnalato carenze evidenti, soprattutto di carattere organizzativo, che per quanto non siano necessariamente segnale di brogli, denotano una certa opacità nell'intero processo che ha condotto al voto. Altri osservatori hanno denunciato che, dopo quattro ore, soltanto il 2% dei voti era stato scrutinato, mentre la pagina web del Tse è stata per lungo tempo irraggiungibile, fatto che ha reso impossibile alla cittadinanza e ai candidati seguire in tempo reale lo spoglio. Inoltre, sono state rilevate altre mancanze nella formazione del personale addetto allo scrutinio: addirittura uno non sapeva né leggere nè scrivere. Nonostante in questa circostanza, come nel passato, nei mesi precedenti al voto si sia registrato un alto tasso di omicidi di natura politica, va sottolineata una partecipazione consapevole al voto da parte di donne e giovani. A rilevarlo Carolina Escobar Sarti, dell'Observatorio del Organismo Naleb, che ha dichiarato come la cittadinanza abbia dimostrato maturità, interesse e disponibilità ad informarsi, molto più dei partiti politici e degli stessi candidati. Le previsioni per il ballottaggio del 6 Novembre non possono essere che nebulose: da un lato Baldizón, che ha già parlato di crociata nazionale per la vittoria e ha promesso di non sforare la soglia di spesa per la propaganda fissata dal Tse, peraltro già superata in occasione del primo turno. Su di lui potrebbero confluire i voti di Sandra Torres, candidata per l'Une ed esclusa dalla competizione per la tempestiva quanto sospetta separazione dal marito, il presidente uscente Colom, pochi mesi prima del voto. Dall'altra Otto Pérez Molina, conscio che difficilmente si ripresenterà un'occasione simile, in un contesto senza un candidato forte in corsa contro di lui, come poteva essere Sandra Torres.

In questa contesa così incerta, l'unica certezza, purtroppo, è quella di un paese allo stremo, dove la popolazione in stato di estrema indigenza aumenta a ritmi preoccupanti, il narcotraffico la fa da padrone e gli echi di quella primavera latinoamericana che dall'inizio del nuovo secolo ha contagiato numerosi paesi del continente, resta ancora molto lontana. 

Note: Articolo realizzato da David Lifodi per www.peacelink.it
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