Honduras: Il pericolo di essere giornalista
Libertà d'espressione, omicidi, impunità e colpo di Stato
10 ottobre 2011
Giorgio Trucchi
L'Honduras si è trasformato in uno dei paesi più pericolosi per l'esercizio del giornalismo. L'omicidio di 16 giornalisti dal colpo di Stato del giugno 2009 a oggi e l'impunità che regna nel paese, sono stati temi di analisi e dibattito durante il Convegno "Impunità, libertà di espressione e giustizia", che si è svolto dal 5 al 7 ottobre nella capitale honduregna.
- Video sul tributo reso ai giornalisti assassinati
- Intervista con Frank La Rue (spagnolo)
Durante la sua presentazione, Frank La Rue, relatore speciale delle Nazioni Unite per la tutela della libertà di espressione, ha segnalato la forte preoccupazione di questa commissione per l'eccessivo silenzio vincolato alla violazione dei diritti umani nel Paese. "Sembra esserci una connivenza basata sul silenzio o un silenzio forzato dall'intimidazione. E se a questo silenzio aggreghiamo 16 giornalisti e più di 40 leader sociali assassinati, la situazione diventa molto critica", ha affermato davanti a un pubblico molto attento.
Un ulteriore elemento che sta creando molta preoccupazione a livello internazionale è l'impunità. "L'impunità è di per sé una violazione dei diritti umani e un invito a commettere altri crimini. Benché non possiamo segnalare i responsabili di questi crimini, possiamo sì dire che lo Stato deve investigare e punire i responsabili", ha detto La Rue.
Si è anche riferito alle recenti dichiarazioni di Porfirio Lobo, il quale ha accusato certi settori della società honduregna di usare il tema dei diritti umani per screditare il Paese. "Il vero atteggiamento di un governo democratico è di riconoscere le proprie responsabilità. È assurdo dire che si tratta di una campagna di discredito internazionale", ha affermato.
Concludendo il suo intervento, il relatore delle Nazioni Unite ha ribadito l'urgenza di riconoscere che quanto accaduto in Honduras nel 2009 è stato un colpo di Stato. "Il riconoscimento dell'Honduras a livello internazionale è positivo, ma solo se avviene partendo dal riconoscimento del colpo di Stato, perché la storia non può essere ignorata.
La storia - ha continuato La Rue - segna i popoli e lascia ferite che, se non guariscono, provocano un dolore profondo e chiudono la porta alla possibilità di forzare e forgiare una riconciliazione nel Paese. La verità deve essere riconosciuta", ha concluso.
Attori di fatto
Félix Molina, giornalista honduregno e direttore del programma della Resistenza che si trasmette su Radio Globo, assicura che "il colpo di Stato ha rotto l'istituzionalità e ha permesso di avanzare ad altri attori nazionali, che stavano incidendo sullo Stato prima del golpe. Stiamo parlando dei gruppi economici che sono dei veri e propri poteri di fatto nel Paese, il crimine organizzato nelle sue più diverse manifestazioni, le multinazionali che accaparrano territori, l'industria estrattivista e delle monoculture, tra gli altri".
Secondo Molina, l'irruzione di questi attori in un contesto di forte debolezza dello Stato e di militarizzazione della società si è tradotta in un "evidente peggioramento dell'esercizio della libertà di espressione, sia per quanto riguarda i mezzi d'informazione e i giornalisti indipendenti vincolati a processi di cambiamento sociale e politico, che per la cittadinanza e il diritto che ha di essere informata".
Oltre ai 16 giornalisti assassinati, Molina ha segnalato un'interminabile serie di attentati e minacce contro i mezzi d'informazione e gli stessi giornalisti. In tutti questi casi esiste una totale impunità. "Lo Stato resta indifferente di fronte a questi episodi. Dimostra disinteresse e non indaga. Non esiste nemmeno una posizione ufficiale a favore del rispetto della libertà di espressione. Tutto ciò contribuisce all'aumento dell'impunità", ha affermato.
Ha sottolineato infine il ruolo che certi mezzi di informazione hanno svolto per "cospirare politicamente a favore della rottura istituzionale, distorcendo o ignorando la realtà. Tutto ciò permette mantenere nel silenzio le violazioni ai diritti umani e contribuisce a peggiorare la situazione", ha concluso.
Durante la sua presentazione, Frank La Rue, relatore speciale delle Nazioni Unite per la tutela della libertà di espressione, ha segnalato la forte preoccupazione di questa commissione per l'eccessivo silenzio vincolato alla violazione dei diritti umani nel Paese. "Sembra esserci una connivenza basata sul silenzio o un silenzio forzato dall'intimidazione. E se a questo silenzio aggreghiamo 16 giornalisti e più di 40 leader sociali assassinati, la situazione diventa molto critica", ha affermato davanti a un pubblico molto attento.
Un ulteriore elemento che sta creando molta preoccupazione a livello internazionale è l'impunità. "L'impunità è di per sé una violazione dei diritti umani e un invito a commettere altri crimini. Benché non possiamo segnalare i responsabili di questi crimini, possiamo sì dire che lo Stato deve investigare e punire i responsabili", ha detto La Rue.
Si è anche riferito alle recenti dichiarazioni di Porfirio Lobo, il quale ha accusato certi settori della società honduregna di usare il tema dei diritti umani per screditare il Paese. "Il vero atteggiamento di un governo democratico è di riconoscere le proprie responsabilità. È assurdo dire che si tratta di una campagna di discredito internazionale", ha affermato.
Concludendo il suo intervento, il relatore delle Nazioni Unite ha ribadito l'urgenza di riconoscere che quanto accaduto in Honduras nel 2009 è stato un colpo di Stato. "Il riconoscimento dell'Honduras a livello internazionale è positivo, ma solo se avviene partendo dal riconoscimento del colpo di Stato, perché la storia non può essere ignorata.
La storia - ha continuato La Rue - segna i popoli e lascia ferite che, se non guariscono, provocano un dolore profondo e chiudono la porta alla possibilità di forzare e forgiare una riconciliazione nel Paese. La verità deve essere riconosciuta", ha concluso.
Attori di fatto
Félix Molina, giornalista honduregno e direttore del programma della Resistenza che si trasmette su Radio Globo, assicura che "il colpo di Stato ha rotto l'istituzionalità e ha permesso di avanzare ad altri attori nazionali, che stavano incidendo sullo Stato prima del golpe. Stiamo parlando dei gruppi economici che sono dei veri e propri poteri di fatto nel Paese, il crimine organizzato nelle sue più diverse manifestazioni, le multinazionali che accaparrano territori, l'industria estrattivista e delle monoculture, tra gli altri".
Secondo Molina, l'irruzione di questi attori in un contesto di forte debolezza dello Stato e di militarizzazione della società si è tradotta in un "evidente peggioramento dell'esercizio della libertà di espressione, sia per quanto riguarda i mezzi d'informazione e i giornalisti indipendenti vincolati a processi di cambiamento sociale e politico, che per la cittadinanza e il diritto che ha di essere informata".
Oltre ai 16 giornalisti assassinati, Molina ha segnalato un'interminabile serie di attentati e minacce contro i mezzi d'informazione e gli stessi giornalisti. In tutti questi casi esiste una totale impunità. "Lo Stato resta indifferente di fronte a questi episodi. Dimostra disinteresse e non indaga. Non esiste nemmeno una posizione ufficiale a favore del rispetto della libertà di espressione. Tutto ciò contribuisce all'aumento dell'impunità", ha affermato.
Ha sottolineato infine il ruolo che certi mezzi di informazione hanno svolto per "cospirare politicamente a favore della rottura istituzionale, distorcendo o ignorando la realtà. Tutto ciò permette mantenere nel silenzio le violazioni ai diritti umani e contribuisce a peggiorare la situazione", ha concluso.
Note: © (Testo e Foto Giorgio Trucchi - Lista Informativa "Nicaragua y más" di Associazione Italia-Nicaragua - www.itanica.org )
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