Latina

Presidenziali senza storia

Argentina: la ola cristinista arriva alla Casa Rosada

Cristina Kirchner al 53%, briciole per gli altri candidati
26 ottobre 2011
David Lifodi

Domenica scorsa la ola cristinista ha conquistato l'Argentina. Come ampiamente previsto, le presidenziali non hanno avuto storia: troppo netto il divario tra Cristina Kirchner e i suoi sfidanti, addirittura imbarazzante il distacco tra la presidenta e gli altri candidati, nessuno dei quali è riuscito a raggiungere la soglia del 20%.

Cristina ha ottenuto il 53,80% delle preferenze contro il quasi 17% del secondo classificato, il socialista Hermes Binner, attuale governatore della provincia di Santa Fe (nella parte nord-orientale del paese), mentre Ricardo Alfonsín, che pure nelle primarie obbligatorie dell'Agosto scorso si candidava come il maggior pericolo per la presidenta, ha raggranellato un misero 11,10%. Briciole per tutti gli altri, dai due presidenti "a progetto" che cercarono di resistere alla Casa Rosada nel mezzo della bufera finanziaria a cavallo tra il 2001 ed il 2002, Alberto Rodriguez Saá ed il poco raccomandabile Eduardo Duhalde, ultimo posto per Elisa Carrió, strenua oppositrice del kirchnerismo. Giunta seconda alle precedenti presidenziali, la Carrió stavolta è stata superata addirittura da Jorge Altamira, unico candidato della sinistra per il Frente de Izquierda y de los Trabajadores, fermatosi ad un poco entusiasmante 2,33% nonostante alle primarie avesse conquistato il diritto a competere per la Casa Roasada a scapito di Proyecto Sur, l'altra lista di sinistra (e movimenti) guidata dal regista militante Pino Solanas. Aldilà dei freddi dati numerici, balza agli occhi la reale fuerza de Cristina, uno degli slogan più fortunati della campagna elettorale: la presidenta non solo è riuscita a rimanere alla Casa Rosada, ma ha consolidato un consenso politico proveniente da classi trasversali, fatto che le ha consentito di entrare nella storia del paese come la candidata vittoriosa con lo scarto più ampio mai registrato finora. Esclusa Rosario, in tutte le altri grandi città c'è stata una vera e propria valanga cristinista: Buenos Aires e la Gran Buenos Aires, Mar del Plata, Córdoba, Mendoza hanno votato in maniera compatta per Cristina. L'abilità della presidenta, osserva un editoriale di Pagina 12, è stata quella di giocare sulla figura del marito Nestor, deceduto nel 2010, ma in chiave di compagna durante la sua militanza peronista, senza presentarsi semplicemente come la vedova che ne ricordava i suoi successi politici. Se l'eterogeneità della coalizione di Cristina, il Frente para la Victoria, è servita a guadagnare voti e consensi ovunque, lascia assai perplessi la presenza di personaggi piuttosto ambigui all'interno del movimento kirchnerista, ad esempio quel Carlos Soria già funzionario dell'intelligence di Eduardo Duhalde. Inoltre, fa un po' preoccupare il pubblico elogio rivolto al presidente colombiano Juan Manuel Santos, delfino di Uribe e responsabile principale dei tanti casi di falsos positivos ai tempi in cui ricopriva il ruolo di ministro della Difesa. Secondo Cristina Kirchner, Santos le ricorda il marito Nestor: è vero che "nel momento della vittoria bisogna dimostrare di essere grandi", lo ha ricordato la stessa presidenta spegnendo sul nascere i fischi della Plaza de Mayo al mandatario cileno Piñera, ma il suo omologo colombiano non è proprio un esempio di democrazia. In ogni caso, la traiettoria di Cristina si inserisce, più in generale, in quella delle coalizioni rosa al governo in America Latina, dal Frente Amplio di Pepe Mujica in Uruguay alla petista Dilma Rousseff in Brasile, tutte disponibili a stringere rapporti di carattere economico (ma anche sociale) con i paesi dell'Alba (l'Alternativa boliviariana per le Americhe, di cui il Venezuela è lo storico capofila), ma anche attenti a mantenere vivi i propri desideri di leadership regionale nell'alveo di un capitalismo temperato o compassionevole. Per il Frente para la Victoria, sorto come corrente del peronismo di centrosinistra, è stato fin troppo semplice sbaragliare una campagna elettorale assai debole condotta dalle opposizioni, la cui unica strategia è stata quella di insistere sul personalismo di Cristina Kirchner e sulla sua presunta volontà di perpetuarsi al governo. Da qui è maturato un consenso perfino eccessivo per la coalizione di governo, capace di raggiungere il traguardo dei 135 seggi alla Camera e 38 sul 72 al Senato, rinnovato per un terzo.

Per la prima volta nella storia della politica argentina si tratta della terza elezione presidenziale nel segno dello stesso progetto politico, quello peronista, interpretato da Nestor Kirchner dal 2003 al 2007 e dalla moglie Cristina nel periodo successivo. "Un paese non è costruito solo dai dirigenti, ma anche dalle classi popolari", ha dichiarato più volte la presidenta, che dal prossimo 10 Dicembre inizierà il nuovo mandato all'insegna della continuità. 

Note: Articolo realizzato da David Lifodi per www.peacelink.it
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