Latina

Il partito denuncia la persecuzione ad opera dello stato

Paraguay: Fernando Lugo&Patria Libre, una storia da chiarire

Lugo avrebbe preso le distanze per la vicinanza tra Patria Libre e i guerriglieri dell’Ejercito del Pueblo Paraguayo
28 gennaio 2012
David Lifodi

Gli ultimi mesi del 2011 hanno segnato il ritorno sulla scena dei guerriglieri dell’Epp, l’Ejercito del Pueblo Paraguayo: hanno colpito un distaccamento di militari a difesa di un latifondo nel nord del paese ed attaccato un commissariato di polizia. Non si sa molto dell’Epp, se non che i suoi militanti dicono di combattere per i diritti dei contadini del piccolo paese sudamericano, sono vicini alle posizioni della Teologia della Liberazione e, per finire, da tempo sono associati alle Farc (il principale gruppo di fuoco della guerriglia colombiana), come spesso accade quando in America Latina si vuol screditare una qualsiasi forma di opposizione sociale.

Sull’Epp e su Patria Libre, un piccolo partito della sinistra rivoluzionaria paraguayana ritenuto il braccio politico dei guerriglieri, è tornato di recente il quotidiano Brasil de Fato, esponendo forti dubbi  sullo stato d’assedio proclamato dal presidente Lugo in diverse province nel nord del paese. Il motivo per cui un quotidiano brasiliano si interessa a quanto avviene in Paraguay è presto spiegato. Il giornalista Anuncio Martí ed il poeta e scrittore Juan Arrom, dirigenti di Patria Libre, furono arrestati nel 2002 dalla polizia paraguayana con l’accusa di sequestro di persona. I due rimasero desaparecidos per qualche settimana prima di essere ritrovati nella casa di un commissario di polizia, Francisco Flores, con i corpi segnati dalle torture. E’ stato allora che Arrom e Martí decisero di espatriare in Brasile, paese che ha sempre accolto gli esiliati politici, fin quando, nel 2010, il presidente Lugo chiese ufficialmente al Planalto l’estradizione dei due militanti: in un decennio, accusa Brasil de Fato, nulla è cambiato nella persecuzione e nel terrorismo di stato contro Patria Libre ed i suoi esponenti. La posizione di Lugo, ex- vescovo giunto alla presidenza (per quanto appoggiato da una coalizione fin troppo eterogenea) sull’onda della popolarità per il suo lavoro con i poveri di San Pedro, una delle zone più povere del paese, ha destato non poche perplessità. Dal Brasile Dom Pedro Casaldáliga, vescovo emerito di São Félix do Araguaia e storico sostenitore dei movimenti sociali, aveva scritto a Lugo chiedendogli un impegno concreto per risolvere nel migliore dei modi la situazione di Anuncio Martí e Juan Arrom affinché potessero tornare in Paraguay senza alcun pericolo per le loro vite, tanto più che i due avevano accolto con speranza la vittoria dell’ex vescovo, avvenuta il 20 Aprile del 2008. Lugo però non ha mai risposto alla missiva di Casaldáliga, contribuendo, al contrario, a creare nel proprio paese un clima di caccia alla streghe nei confronti dei due rifugiati politici, definiti “nemici del popolo paraguayano”: sulla loro testa, informa Brasil de Fato, pende una taglia di centomila dollari, e, cosa ancora più sconcertante, l’intera campagna è sostenuta e finanziata dalla municipalizzata dell’energia Itaipu. Gli avvocati di Arrom e Martí sostengono che Lugo avrebbe dovuto fare chiarezza sul motivo per cui ha deciso di proclamare lo stato d’assedio nel nord del paese (derivato dal dilagare della guerriglia), piuttosto che interessarsi sul legame tra polizia e paramilitari, che ha permesso il rapimento e la tortura dei due esponenti di Patria Libre. Nonostante che Arrom e Martí vivano come esiliati politici sotto la protezione dell’Alto Commissariato Onu fin dal 2003, lo stato paraguayano ha continuato a perseguitarli, un comportamento ingiustificato dall’arrivo di Lugo al Palacio de los Lopez di Asunción, ma “comprensibile” nei giorni della loro cattura, quando sembra che gli ordini ai paramilitari sulla sorte dei militanti di Patria Libre provenissero direttamente da Luis González Macchi, presidente del paese tra il 1999 ed il 2003 ed esponente di punta della destra colorada. Inoltre, Lugo non si è mai dato da fare per una revisione del processo che assolse i sequestratori di Arrom e Martí: i funzionari di polizia coinvolti nel rapimento sono liberi da tempo. Le ambiguità di Lugo su tutta la vicenda lasciano pensare che il suo atteggiamento derivi dalla vicinanza di Patria Libre con i guerriglieri dell’Ejercito del Pueblo Paraguayo, su cui pende un alone di mistero. Delinquenti comuni, visionari marxisti o guerriglieri di estrazione guevarista nati sulla scia di molti, ed in certi casi illustri,  predecessori in America Latina? Di certo c’è che alcuni di loro sono stati in passato seminaristi proprio nella diocesi di San Pedro, quella di Fernando Lugo, e lì furono folgorati dall’esperienza di Camilo Torres, il sacerdote guerrigliero precursore della Teologia della Liberazione che militò nell’Esercito di Liberazione Nazionale (Eln, l’altro gruppo armato colombiano, tuttora in attività) predicando la contiguità tra marxismo rivoluzionario e cattolicesimo prima di cadere in uno scontro a fuoco con l’esercito regolare nel 1966. Lugo ha avuto alcuni contatti con alcuni esponenti dell’Epp durante il loro periodo da seminaristi prima che scegliessero l’opzione della lotta armata, ma adesso è costretto a barcamenarsi tra coloro che gli chiedono di usare la mano pesante contro la guerriglia e coloro che invece rinfacciano all’ex vescovo troppa vicinanza con il movimento armato.

In questa storia così intricata, dove probabilmente mancano ancora alcuni tasselli da mettere a posto, resta il commento velenoso dell’avvocato di Arrom e Martí, ancora affidato a Brasil de Fato: “Dal periodo stronista sono cambiate leggi e persone, ma i metodi e la struttura di potere sono rimasti intatti”. Non esattamente un complimento per Fernando Lugo, che pur con grandi difficoltà e tentativi di golpe addirittura interni alla sua fin troppo ampia coalizione, aveva portato per la prima volta il paese sulla strada dei diritti e della democrazia.

 

Note: Articolo realizzato da David Lifodi per www.peacelink.it
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