Latina

Il governo vuol imporre il Proyecto Conga

Perù: in sciopero contro la miniera

Militarizzate le province di Cajamarca, Celendin e Bambamarca
11 aprile 2012
David Lifodi

“Il Proyecto Conga, e più in generale l’estrazione mineraria, sono nocivi per l’ambiente e per le persone”: a sostenerlo non è un attivista del Frente de Defensa Ambiental y Regional de Cajamarca, ma Peter Koenig, ex membro della Banca Mondiale.

Nelle province di Cajamarca, Celendin e Bambamarca (nord del Perù) in questi giorni si sciopera per l’acqua e per la vita, ma il governo intende blindare il Proyecto Conga, una miniera per l’estrazione a cielo aperto di oro e rame che farà sparire le cosiddette cabeceras de cuenca, lagune adagiate sulle sorgenti da cui l'acqua nasce. Il progetto minerario è blindato in duplice senso: da un lato è atteso a giorni il responso sulla valutabilità d’impatto ambientale ad opera di tre periti internazionali ritenuti assai vicini al governo, dall’altro l’esecutivo di Ollanta Humala ha pensato bene di inviare l’esercito nelle province di Cajamarca, Celendin e Bambamarca per reprimere le inevitabili proteste, una militarizzazione a scopo preventivo. Il presidente regionale di Cajamarca, Gregorio Santos, ha accusato il governo centrale di aver chiuso la porta di fronte ai tentativi di dialogo proposti dall’ampio fronte di forze popolari contrarie al progetto. La scelta di Ollanta Humala, orientato a dare una chiara dimostrazione di forza al frente anti-minero, non sorprende: da tempo il presidente peruviano ha fatto dimenticare la sua opposizione alle miniere, sbandierata durante la campagna per le presidenziali. Ciò che preoccupa riguarda però la gestione dell’ordine pubblico. Oltre a proseguire sulla strada della politica economica congeniale ai suoi predecessori, Garcia e Toledo, Humala si è caratterizzato per la propensione a reprimere violentemente le proteste di piazza. Sotto la sua presidenza, durata finora otto mesi, sono morte ben sette persone, tutte a seguito di interventi dell’esercito inviato a bloccare le mobilitazioni di strada, alcune delle quali in un’altra protesta contro l’estrazione mineraria a cielo aperto in uno delle centinaia di conflitti ambientali tuttora in corso in Perù. Secondo Javier Diez Canseco, docente universitario e attualmente deputato, in Perù è presente un’oligarquía minera particolarmente agguerrita. Il 52,62% della produzione del rame nel corso del 2011 è stata realizzata da due sole imprese, Antamina e Cerro Verde. Il discorso è poco diverso per quanto riguarda l’estrazione dell’oro: Yanacocha, Barrick Misquichilca e Buenaventura raggiungono insieme quasi il 50% della produzione del metallo più prezioso. Si tratta di una concentrazione di proprietà e di potere non solo di carattere economico, ma soprattutto politico: il business minerario attrae sempre nuovi investimenti. Difficile, per i periti internazionali chiamati dare il loro parere sulla valutabilità d’impatto ambientale, rimanere neutri, nonostante le continue rassicurazioni del ministro dell’Ambiente Javier Pulgar Vidal. In una conferenza stampa convocata in fretta e furia per assicurare l’imparzialità dei periti, gli spagnoli Luis López García e Rafael Fernández ed il portoghese Martins Carvalho,  Pulgar Vidal ha giurato più volte sulla serietà degli esperti e sull’importanza attribuita dal governo al diritto di accesso all’acqua per le popolazioni locali. Al contrario, Reinhard Seifert, tecnico del Frente de Defensa Ambiental y Regional de Cajamarca, sostiene che il termine di quaranta giorni imposto ai periti affinché si pronuncino è un periodo di tempo assai esiguo per esporre una valutazione su un aspetto quale l’inquinamento dell’acqua. Sarebbe stato necessario almeno un anno di studio, spiega Seifert. Altri rappresentanti del Frente sono convinti che i tre periti favoriranno le multinazionali minerarie. E’ probabilmente per questo che, in attesa del pronunciamento parallelo sulla valutabilità d’impatto ambientale ad opera del Grufides (il Grupo de Formación e Intervención para el Desarrollo Sostenible messo in piedi dal Frente), il governo ha deciso di militarizzare Cajamarca. In ogni caso, precisano fonti governative provenienti da Lima, il parere dei periti non sarà decisivo per stabilire se Conga va o no, ma la chiusura al dialogo richiesto dall’opposizione al progetto minerario non lascia molte speranze ad una risoluzione pacifica del conflitto. In particolare, il Frente ha criticato fortemente la scelta di affidare la gestione dell’ordine pubblico nelle province di Cajamarca, Celendin e Bambamarca a Óscar Valdés, attualmente presidente del Consiglio, ma soprattutto ex militare con un curriculum caratterizzato da una serie infinita di violazioni dei diritti umani.

“Siamo fedeli difensori delle nostre lagune, dei fiumi, degli acquiferi e delle nostre terre, rifiutiamo qualsiasi forma di violenza ed esigiamo il ritiro immediato dei militari”, ripetono quelli del Frente, in sciopero generale per tutta la giornata di oggi in attesa dei prossimi eventi.

Note: Articolo realizzato da David Lifodi per www.peacelink.it
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