Il decennio prodigioso della Repsol
I quotidiani argentini e spagnoli pullulano ancora delle cifre impressionanti sugli investimenti fatti dalla Repsol che rischia i suoi soldi in Argentina, ma sono molto scarse le analisi sugli impatti sociali e ambientali generati da una società che, in pochi anni, ha vampirizzato l'economia Argentina, con la stretta complicità delle stesse autorità argentine.
Come è cominciata
"La YPF [società dello Stato] è l'unica compagnia petrolifera al mondo che produce perdite." Fu con questa affermazione del Presidente Carlos Menem, durante il suo primo mandato, che ebbe inizio, il processo di privatizzazione di una compagnia che destinava tutti i suoi profitti per sostenere il reddito nazionale ed per incrementare le riserve di petrolio e di gas.
Bisogna anche ricordare che nel 1998, nella YPF SA si concentrava la proprietà del 44% delle riserve accertate di petrolio e il 33% di gas in Argentina, oltre alle concessioni di sfruttamento di giacimenti negli Stati Uniti, Venezuela, Perù, Guyana, Ecuador e Indonesia.
Quando arrivarono.
Nell'aprile del 1999, la Repsol lanciò un'Offerta Pubblica di Acquisto sulla YPF alla borsa di New York , per un importo di 15.000 milioni di dollari in un momento in cui il barile era quotato US$ 15 (oggi vale US$ 120). Nell'effettuare la valutazione di 15 milioni, i consulenti di Merrill Lynch, che ne erano stati incaricati, ridussero deliberatamente del 30% la stima delle riserve sfruttabili, con il fine di sottovalutare il valore della società prima della vendita.
Nella transazione si fecero rientrare illegalmente anche le azioni di cui erano proprietari i dipendenti della YPF. Questo arbitrio è stato portato in giudizio dalle migliaia di famiglie che hanno subito il danno, ma sono ancora in attesa di una sentenza.
Nei primi mesi la nuova compagnia Repsol-YPF, si dedicò subitoa trasferire la proprietà delle aree di Perù, Ecuador e Venezuela alla casa madre Repsol spagnola, causando in questo modo un danno economico all'Argentina, perché, i profitti generati da quei giacimenti furono avviati direttamente in Spagna, anziché restare in Argentina, paese che aveva già fatto gli investimenti per sviluppare quei progetti.
La nuova società vendette anche alcune concessioni ad altre imprese come ENAP (Cile) e British Petroleum, facendo ancora cassa monetizzando, oltre al valore delle concessioni, anche il risultato del lavoro precedentemente svolto dalla YPF.
Disoccupazione e Repressione.
Anche se Repsol sostiene di aver portato il personale fin oltre 13 mila dipendenti, prima della privatizzazione la YPF aveva 55 mila dipendenti. Solo nella “General Mosconi”e nella “Cutral Co-Plaza Huincul” i licenziamenti dovuti alla privatizzazione iniziata nel 1989 furono più di diecimila. Tanto che nacque un " movimento di picchettaggio” nei villaggi petroliferi saccheggiati. Sono passate alla storia le repressioni subite da quelle famiglie che avevano occupato le strade per tentare di rioccupare i loro posti di lavoro.
Nel 2000 e nel 2001, l'intervento della gendarmeria contro le proteste alla Mosconi e Tartagal a Salta, portarono all'uccisione di almeno cinque persone. Nel 2001 fu fatta una denuncia perché c'erano dei cecchini che sparavano sui dimostranti, appostati dietro i serbatoi della Refinor, una raffineria controllata al 50% dalla Repsol-YPF. Anche nel corso dell'ultimo decennio, disoccupati e lavoratori delle industrie petrolifere nella provincia di Santa Cruz hanno subito repressioni e sono stati messi in galera per aver partecipato a mobilitazioni, fatte per rivendicazioni salariali.
L'inquinamento.
La ciliegina sulla torta argentina è stato sicuramente il mega-giacimento di Loma de la Lata, che dal momento della sua acquisizione ha sempre contribuito alla metà della produzione petrolifera argentina e al 60% del gas.
Nel 2001, diciassette anni prima della scadenza della concessione, la Repsol ha negoziato una proroga gratuita per continuarne lo sfruttamento fino al 2027. Secondo fonti del Ministero dell'Energia della Provincia di Neuquén, "questa è stata una operazione del tutto irregolare, svoltasi a porte chiuse, evitando tutti gli obblighi di legge che prevedono una rivalutazione economica delle riserve .”
Nel perimetro di questo giacimento, le comunità mapuche di Kaxipayiñ e Paynemil, continuano a vivere, contaminate in mezzo a centinaia di pozzi; hanno presentato una denuncia civile per chiedere un risarcimento di $ 445 milioni per danni alla loro salute e alla loro cultura.
Nei tessuti di questi indigeni (N.d.T.: che vivono su quelle terre da sempre) sono stati ritrovati tra 17 e 30 metalli pesanti diversi, assunti per la esagerata concentrazione di benzina nelle falde acquifere. Qualcosa di simile è accaduto anche nella vicina città di Añelo, dove i residenti hanno segnalato la presenza di idrocarburi nella rete idrica.
Nei suoi 13 anni, Repsol-YPF ha raccolto denunce per mancato rispetto dell'ambiente in diverse regioni dell'Argentina: per inquinamento del suolo e per combustione di rifiuti tossici nella raffineria di Lujan de Cuyo (Mendoza), per le attività nella Riserva di Ramsar, a Llancanelo – nella stessa provincia– per gli scarichi tossici nei terminal di esportazione e di Caleta Olivia e Caleta Córdova, a Santa Cruz e Chubut, e per 1700 vasche di rifiuti liquidi, in cattivo stato, scoperte a Santa Cruz.
Un elenco che comincia aa allungarsi da quando la Repsol ha cominciato a perdere la protezione del governo e che servirà come titolo per far abbassare le pretese economiche presentate da Antonio Brufau.
Autori di “La Patagonia Petrolera” (Buenos Aires / Tarragona)
Articolo originale : http://www.diagonalperiodico.net/La-decada-prodigiosa-de-Repsol.html?var_recherche=gavald%E1
Tradotto per Peacelink da Ernesto Celestini
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