Honduras: le tigri di Porfirio Lobo
Con un progetto di legge presentato dal presidente del Congresso honduregno Juan Hernández, volto a creare dei battaglioni speciali da utilizzare nelle attività di ordine pubblico al posto della polizia regolare, l’Honduras di Porfirio Lobo si incammina sulla strada di un progetto (para)militarista molto pericoloso.
Le Tigres (questo è l’acronimo di Tropa de Inteligencia y Grupo de Respuesta Especial en Seguridad) percorreranno le strade delle due principali città del paese, la capitale Tegucigalpa ed il centro economico-finanziario di San Pedro Sula, entro la fine dell’anno. Ufficialmente lo scopo è quello di combattere il narcotraffico, le pandillas (le bande della malavita giovanile che infestano il Centroamerica) ed assicurare maggiore sicurezza ai cittadini di un paese in cui si registrano una media di 18 omicidi al giorno, molti dei quali a sfondo politico. Le Tigres avranno compiti e funzioni non dissimili dal brasiliano Bope, il Batalhão de Operações Policiais Especiais specializzato nell'effettuare incursioni nelle favelas ed in altre zone ad alto rischio delle metropoli del paese verde-oro. Tuttavia l’istituzione delle Tigres, corpi scelti composti da non più di duecento uomini, presenta numerose ambiguità. In seguito al colpo di stato del 28 Giugno 2009, che ha segnato il rovesciamento del presidente democraticamente eletto Manuel Zelaya e l’avvento al Palazzo José Cecilio Del Valle di Porfirio Lobo (dopo l’interregno di Roberto Micheletti) a seguito di elezioni farsa, gli ultimi tre anni sono stati caratterizzati dal ritorno della violenza politica, costellati da omicidi, sparizioni e detenzioni forzate. Il responsabile è stato proprio quello stato che ora, per mezzo del cosiddetto presidente de facto Lobo, vorrebbe tutelare la sicurezza dei suoi abitanti. Sgomberi, minacce di morte ed aggressioni ai danni della popolazione indigena e contadina, dei giornalisti e dei militanti di Libre, il Partido Libertad y Refundación (sorto dal movimento di resistenza Frente Nacional de Resistencia Popular), non si contano più. Il progetto Tigres, che potrà contare su un prestito iniziale di 65 milioni di dollari proveniente dal Banco Interamericano de Desarrollo (Bid) rischia di trasformarsi in un braccio armato dello stato costituito per svolgere il lavoro sporco, quello che la polizia non potrebbe svolgere. Dina Meza, una giornalista indipendente appartenente al Cofadeh, il comitato di familiari dei detenuti desaparecidos in Honduras, sottolinea che le Tigres serviranno per tenere sotto controllo i molteplici focolai di resistenza al regime di Lobo e accusa gli Stati Uniti di essere i principali sostenitori di queste truppe speciali. Inoltre, la giornalista, più volte minacciata dal sinistro commando “Alvarez Martinez”, che prende il nome da un militare torturatore attivo negli anni ’80, quando in Honduras era di casa Negroponte e vi trovavano rifugio i contras in funzione antisandinista, sottolinea che lo scopo principale delle Tigres sarà quello di mettere con le spalle al muto i campesinos che, soprattutto nella valle dell’Aguan, stanno lottando per strappare le terre all’oligarchia latifondista: per questo, vari dirigenti del Muca, il Movimiento Campesino Unificado del Aguan, sono già stati assassinati. In una parola, la nascita delle Tigres andrà in senso decisamente contrario al processo di smilitarizzazione del paese che l’Honduras aveva cercato di intraprendere una quindicina di anni fa. I segnali sono inquietanti: oltre al pacchetto sicurezza sembra che Lobo stia lavorando ad una legge che permetta le intercettazioni telefoniche, anche questa allo studio per stroncare la resistenza. Il governo ha più volte ribadito che le Tigres non avranno una funzione di corpo parallelo rispetto alla polizia o all’esercito, ma l’attribuzione delle attività di intelligence, unita alla presenza dei carabineros cileni in qualità di istruttori, fa pensare il contrario. Senza scomodare la polizia politica pinochettista, che indicava ai carabineros gli oppositori da arrestare, basti ricordare le mobilitazioni degli studenti cileni che reclamavano un’istruzione di qualità, o dei mapuche, represse con violenza dagli stessi carabineros. E ancor più preoccupanti sono gli accordi stipulati tra Porfirio Lobo ed il suo omologo colombiano Juan Manuel Santos, che prevedono la collaborazione tra militari colombiani ed honduregni al fine di mantenere lo status quo che, tradotto, significa farla finita con i militanti di Libre. Del resto la parabola di Libre non sembra essere molto diversa da quella, tragica, di Unión Patriótica, il partito della sinistra colombiana che fu letteralmente eliminato dai paramilitari intorno alla metà degli anni ’80: l’oligarchia honduregna ha compreso la forza di Libre e intende bloccare sul nascere qualsiasi forma di resistenza. Delegare sicurezza e difesa alle Tropas de Inteligencia, infine, significa attribuire ulteriore potere a Juan Carlos “el Tigre” Bonilla, che occupa un ruolo di primo piano nella polizia honduregna ed è stato coinvolto più volte in episodi legati alla violazione dei diritti umani tra gli anni ’80 e ’90. “El Tigre” ne è uscito con l’assoluzione, nonostante la stretta connivenza tra polizia, crimine organizzato e narcotraffico, ma è fortemente indiziato per aver ordinato omicidi politici ed esecuzioni extragiudiziali sotto la presidenza di Ricardo Maduro. Sembra che Bonilla dirigesse uno squadrone della morte e che gli alti vertici della polizia ne fossero perfettamente a conoscenza. Un corpo d’elite armato, senza alcun controllo, se non l’obbedienza diretta al presidente Lobo, potrebbe facilmente collocarsi al di fuori dell’ordine costituzionale ed agire sul modello della Banda del carro rojo, una formazione paramilitare che, tra il 2003 ed il
Le Tigres saranno istruite anche in tema di diritti umani, garantiscono i parlamentari che hanno lavorato al progetto di legge: difficile crederlo in un paese dove regna l’impunità.
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