Latina

Il presidente Federico Franco svende la sovranità del paese alle multinazionali

Paraguay: un paese in ostaggio dell’oligarchia sojera

Difficile il ritorno di Lugo alla presidenza
3 settembre 2012
David Lifodi

Ad oltre due mesi dal golpe che ha spodestato Fernando Lugo ci vorrebbe davvero un miracolo affinché l’ex monsignore riuscisse a tornare alla presidenza del paese. Le elezioni che designeranno il nuovo presidente si terranno nell’Aprile 2013, ed in quella occasione Lugo ha già annunciato la sua presenza nell’agone elettorale come candidato del Frente Guasú, la coalizione di centrosinistra che intende riprendersi Congresso e palazzo presidenziale. Tuttavia gli sviluppi degli ultimi mesi in Paraguay meritano alcune riflessioni.

Alla guida del paese adesso si trova Federico Franco, ma in realtà, a governare è l’intera oligarchia del paese, quella legata alle multinazionali che fanno affari nel settore transgenico e che ha svenduto la sovranità nazionale del Paraguay. Pochi giorni fa, infatti, un decreto a firma del presidente Federico Franco ha aperto le porte del paese ai semi transgenici. Non c’è da stupirsi. Fin dal 2011 Monsanto faceva pressione sull’esecutivo Lugo (già allora in netta minoranza in seno al Congresso) tramite l’Unione delle Corporazioni di Produzione (Ugp) per piazzare i semi transgenici di mais e cotone. L’Ugp, composta da imprenditori agrari e latifondisti (una sorta di Confindustria in salsa latinoamericana) non aspettava altro. In primo luogo i vertici dell’Unione hanno rimosso Miguel Lovera, uomo vicino a Lugo e direttore del Senave (il Servizio nazionale di qualità e salute vegetale delle sementi), che fino a quel momento era riuscito a bloccare l’ingresso della soia transgenica nel paese. In secondo luogo l’Ugp aveva minacciato il governo Lugo attraverso la realizzazione di un tractorazo, il blocco delle strade con macchine agricole, se l’ex monsignore non avesse autorizzato la vendita di sementi ogm. I vertici dell’Ugp hanno svolto un ruolo importante nel golpe del 22 Giugno: l’Unione è diretta dall’imprenditore agrario Hector Cristaldo, fortemente legato ad Aldo Zuccolillo, direttore del quotidiano Abc Color, uno di quelli che fin dall’elezione di Lugo alla presidenza ha soffiato sul fuoco per spodestarlo. L’influente quotidiano paraguayano, al pari dei signori della soia hanno svenduto, a colpi di decreti e accordi sottobanco con multinazionali quali Monsanto e Cargill (di cui lo stesso Zuccolillo è socio), la sovranità nazionale, energetica, territoriale e alimentare. Di più: questi signori sono responsabili di mettere a repentaglio le risorse naturali e la salute degli abitanti di numerosi dipartimenti del paese. Nel dipartimento di Itapúa, noto per la prevalenza delle attività agricole, due bambini su cinque nascono con malformazioni. Inoltre, tra gli abitanti si riscontra una presenza superiore alla media di malattie della pelle, allergie, difficoltà respiratorie, ed un aumento esponenziale dei casi di cancro. Tutto ciò è dovuto all’avvelenamento di erbicidi e pesticidi come il Roundup, irrorati senza alcun criterio sulle terre lavorate dai contadini. In un suo articolo pubblicato dal quotidiano messicano La Jornada, il giornalista Idilio Méndez Grimaldi ha scritto che nel solo 2011 “la Monsanto ha fatturato 30 milioni di dollari esentasse  solamente dai diritti derivanti dai brevetti, le royalties, per l’uso di semi di soia transgenica in Paraguay”. Ciò che vogliono gli industriali ed il loro quotidiano di riferimento, Abc Color, è perpetuarsi alla guida del paese per evitare l’applicazione di quella riforma agraria integrale che da tempo invocano i campesinos, ma che altrettanto difficilmente si sarebbe avverata se Lugo fosse rimasto in sella. L’ex monsignore ha infatti commesso l’errore di cercare una via di mezzo tra le istanze di contadini, movimenti e sinistra da un lato e gli interessi del grande latifondo dall’altro, convinto di mantenere in piedi la fin troppo composita coalizione che era andata al potere in seguito al suo successo elettorale. Lo stesso Federico Franco, che nei suoi viaggi per l’America Latina dichiarava di essere pronto a mettersi alla guida del paese quando si seppe che Lugo era ammalato di cancro, sotto sotto non perdeva occasione per screditarlo, in qualità di vicepresidente, di fronte all’ambasciatrice Usa in Paraguay Liliana Ayalde. Anche di questo non c’è da sorprendersi: dietro alla campagna mediatica a favore della destra e dell’agroindustria si nasconde l’interesse degli Stati Uniti, il gigante del pianeta che tiene d’occhio uno dei paesi più piccoli dell’America Latina, ma strategico dal punto di vista geopolitico e militare. D’altronde, ad oltre due mesi dalla sua destituzione, Lugo non è ancora riuscito ad ottenere i documenti che giustifichino il suo allontanamento dal palazzo presidenziale, ed è per questo che numerose organizzazioni sociali hanno lanciato il progetto di juicio etico da sottoporre simbolicamente al Congresso. Il giudizio etico, a cui ha lavorato la Plataforma de Organizaciones Sociales por la Democracia de Paraguay, punta a smascherare l’approvazione di leggi contrarie all’interesse popolare e l’utilizzo clientelare delle cariche pubbliche, fino a mettere in discussione lo stesso significato del giudizio politico, quello che il Congresso ha messo in atto per ratificare l’impeachment ai danni di Lugo per “cattivo comportamento nell’esercizio delle sue funzioni”. L’iniqua distribuzione della terra, che vede una percentuale tra il 34% del dipartimento dell’Alto Paraguay ed il 63% dell’Alto Paraná nelle mani delle multinazionali estere, sta a significare che i promotori del cosiddetto golpe alla soia transgenica difficilmente si faranno spaventare dall’espulsione del Paraguay dal Mercosur. Inoltre, la stessa giustizia paraguayana è tuttora controllata da sostenitori della dittatura stronista e del grande latifondo.

Il Paraguay è ostaggio dell’oligarchia sojera e, per ammissione dello stesso Lugo, ci vorrebbe davvero un miracolo per vederlo ritornare alla guida del paese.

Note: Articolo realizzato da David Lifodi per www.peacelink.it
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