Cuba: la storia della bambina che non ha mai conosciuto il padre condannato negli USA
Voglio conoscere mio padre
Ivette è una bella bambina sorridente, alta per la sua età, magra, con bellissimi occhi verdi. Osserva con attenzione, nel soggiorno del piccolo appartamento all’Avana, sua madre Olga che ricorda quell'inferno iniziato il 12 settembre del 1998, verso le cinque di mattina. Quando la polizia statunitense, informata sicuramente da una spia, arresta Renè, suo marito, sulla base di accuse - la più leggera è l'attivita di spionaggio - che nel tempo si sono rivelate infondate.
Ivette oggi ha sei anni. Normalmente potrebbe sembrare una bambina come qualunque altra, giocherellona, amante delle bambole e degli animali. In alcuni momenti, però Ivette diventa nervosa, triste, ansiosa. Ivette non ha mai conosciuto il suo papà.
Privare una figlia della presenza del padre è una crudeltà, una violazione dei diritti umani e diviene una realtà maggiormente crudele se l’uomo è condannato per delitti mai commessi, destinatario della vendetta della destra cubano-americana.
Per impedire l’incontro del detenuto con la figlia minore, nei due anni successivi all’arresto e nonostante le continue richieste di Olga, le autorità dello Special House Unit hanno avanzato ragioni di sicurezza e comportamento. René non ha mai commesso però atti di indisciplina nel carcere.
Negli ultimi anni, a dire il vero, neppure Olga ha visto suo marito Renè.
La situazione estrema nella quale il governo degli USA colloca René e la sua famiglia è una violazione dell’articolo 37 delle regole per il trattamento dei reclusi delle Nazioni Unite. L'articolo recita testualmente: "I reclusi saranno autorizzati a comunicare periodicamente, con la dovuta vigilanza, con la famiglia e con amici di buona reputazione, scrivendo loro e ricevendo visite".
Renè è uno dei cinque giovani che lavoravano per l’antiterrorismo cubano e che nel corso degli ultimi tempi erano riusciti a far sventare alcuni attentati contro l’isola di Fidel Castro.
Gli altri giovani che sono stati arrestati e che tutt’ora si trovano nelle carceri statunitensi sono Gerardo Hernandez, Ramon Labanino, Fernando Gonzales e Antonio Guerriero. Sono stati condannati ad un totale di sessant’anni di prigione e quattro ergastoli. Sono stati rinchiusi in prigione accusati di “mettere in pericolo” la sicurezza degli Stati Uniti. Numerosi capi d’imputazione, tra cui reati come la cospirazione per assassinio, non sono stati né potranno essere provati.
Ivette non capisce perché il suo papà non puo’ tornare a casa. Da oltre cinque anni ormai è costretta a vedere soltanto fotografie sbiadite di quello che viene considerato – insieme ad altri quattro suoi compagni – un eroe nazionale cubano. Nelle sue stesse condizioni sono anche i familiari – genitori, mogli, fratelli e sorelle – degli altri quattro detenuti anch’essi sottoposti alle dure leggi statunitensi che non permettono loro visite in carcere.
Ora comunque tutti i personaggi legati a questa vicenda godono dell’appoggio delle autorità cubane che stanno cercando di recuperare e di aiutare legalmente i detenuti e le loro famiglie.
Alessandro Grandi
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