Latina

Il fotografo Giulio Di Meo e i missionari comboniani raccontano la vita quotidiana della gente del Pará e del Maranhão

Brasile: Pig Iron, un libro fotografico sulle comunità che resistono alla Vale

Una parte del ricavato andrà ad un progetto di comunicazione teatrale gestito dai giovani di Açailândia
David Lifodi

Pig Iron Di motivi per i quali la multinazionale mineraria brasiliana  Vale S.A. è considerata la “peggior impresa del mondo” ce ne sono in gran numero, ma il principale riguarda il trasporto del ferro attraverso le comunità e i territori del Pará e del Maranhão con un impatto devastante a livello sociale e ambientale. Nel libro Pig Iron, il fotografo Giulio Di Meo e il gruppo di missionari comboniani (tra cui Dario Bossi) riuniti nella rete Justiça nos Trilhos (Sui Binari della Giustizia) raccontano i disastri della Vale attraverso gli scatti della vita quotidiana delle comunità in resistenza. 

Una parte del ricavato di questa pubblicazione fotografica sarà destinato ad un progetto per la realizzazione di un centro di ricerca e comunicazione teatrale gestito dai giovani di Açailândia (città del Maranhão), nel nordest del Brasile. Non si tratta, quindi, di un libro che si limita a raccontare la storia delle comunità costrette a convivere con gli abusi e le prepotenze della Vale, ma, come scrive Dario Bossi nell’introduzione, “vuole anche essere un veicolo attraverso cui realizzare qualcosa di concreto e tangibile per loro”. Maggior produttore mondiale di minerali, il Brasile, negli ultimi anni in piena espansione economica, ha visto crescere la Vale da piccola impresa (quale era nel 1911) ad una multinazionale leader nell’estrazione del ferro: per questo lo Stato lanciò il “Programa gran Carajás”, in modo tale da garantire i fondi per la costruzione di una ferrovia che, attraverso la regione di Carajás, avrebbe permesso il trasporto su rotaia del ferro, estratto da una delle maggiori miniere a cielo aperto. Era il 1980: la costruzione della ferrovia avrebbe cambiato per sempre la vita delle comunità che da allora si trovarono, loro malgrado, sulla rotta del treno. Giulio Di Meo ha raccontato la storia di queste persone”attraverso una fotografia desiderosa di farsi carico delle lotte, della rabbia, delle ingiustizie e capace di indignare parlando con amore, passione e speranza”.  Ė questo il senso del suo lavoro fotografico, che racconta la storia delle comunità del nord del Brasile visitate insieme ai missionari comboniani con l’intenzione di testimoniare le speranze, le resistenze e il rapporto con il territorio che hanno queste persone. Francesco Gesualdi (voce storica del Centro Nuovo Modello di Sviluppo e autore, con Dario Bossi,  del libro Il prezzo del ferro – Emi 2011) scrive che lungo la ferrovia del Carajás si è sviluppata la produzione della ghisa: “gestito con criteri di rispetto sociale e ambientale, lo sviluppo dell’industria siderurgica avrebbe potuto essere un’occasione di promozione umana e sociale”, ma, al contrario, ha prevalso la logica del guadagno. E così quelle stesse comunità che già avevano dovuto subire un impatto ambientale fatto di inquinamento ed emanazione di ogni tipo di rifiuti (dalle scorie di carbone alle polveri sottili), sono state ridotte in schiavitù dalla Vale, costrette a guadagnarsi da vivere nelle carbonaie dove viene effettuata la lavorazione grezza del ferro. Convinto che la fotografia contribuisca a “combattere situazioni di piccole e grandi ingiustizie” e che possa servire come “strumento di coinvolgimento e partecipazione verso azioni concrete e solidali”, Giulio Di Meo volge lo sguardo sui volti e le storie della gente del nordest brasiliano.

Pig Iron, che sarà pubblicato in modo indipendente ed uscirà all’inizio di febbraio, può essere acquistato in prevendita a 30 euro: con l’acquisto di una copia riceverete anche un poster fotografico. Infine, per sostenere il progetto e diffonderlo, potete cliccare su www.pigiron.it e su http://www.produzionidalbasso.com/pdb_1801.html: qui troverete tutte le modalità per sostenere il progetto.

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