Latina

Violati i più elementari diritti sindacali

Costarica: l’impresa Matas attacca i lavoratori, ma è appoggiata dal governo

Blocchi stradali e occupazioni della terra da parte dei campesinos
5 febbraio 2013
David Lifodi

internet Matas de Costarica è un’impresa che commercia piante ornamentali, ha la sua sede nella provincia di Limón, ma soprattutto è conosciuta per la repressione scatenata ai danni dei suoi dipendenti, a cui sono sistematicamente negati i più elementari diritti sindacali.

Sembra che l’impresa non abbia mai pagato ai suoi lavoratori prestazioni straordinarie e, negli ultimi mesi, nemmeno la consueta mensilità. Inoltre, i dipendenti raccontano di aver lavorato per anni senza alcun tipo di protezione o sicurezza sul posto di lavoro, in condizioni precarie (i contratti venivano rinnovati ogni tre mesi), e le donne erano vittime di molestie sessuali e minacciate di licenziamento nel caso in cui fossero trovate in stato di gravidanza. Proprio gli abusi nei confronti delle dipendenti rappresentano uno degli atteggiamenti più odiosi dell’impresa, che ha approfittato della loro condizione di vulnerabilità e povertà per ridurle in schiavitù. “Aquí a muchas para que las contrataran primero tenían que bajarse los calzoncitos”, racconta la maggior parte delle donne al servizio di Matas, una frase che non ha bisogno di traduzioni. Attualmente la situazione delle donne che sono rimaste disoccupate è molto critica, poiché erano l’unica fonte di guadagno per le loro famiglie e  adesso non sono in grado di soddisfare le necessità basiche quali l’alimentazione dei figli. Sono almeno 300 le famiglie che hanno  un dipendente in Matas ad esser maltrattate non solo dall’impresa, ma anche dal governo, che non si è fatto alcuno scrupolo ad inviare la polizia: in certi casi, alcune donne incinte e a capo della protesta sono state incarcerate per uno o più giorni e tenute a digiuno.  In generale, le condizioni di lavoro erano (e sono) insalubri, ma, nonostante i guai giudiziari della compagnia, Matas de Costarica è sempre riuscita a farla franca. I licenziamenti sono proseguiti senza sosta, sebbene  il Codice del lavoro costaricense preveda che, quando un lavoratore viene estromesso senza giusta causa, l’azienda sia obbligata a garantirgli il diritto alla retribuzione per quanto riguarda la prestazione lavorativa in se stessa, le mance, le ferie di cui non ha beneficiato e il preavviso di interruzione del rapporto di lavoro. L’indebitamento di Matas de Costarica è tale che l’impresa deve oltre 420 milioni di colones (la moneta locale) al Ministero del Tesoro e 300 alla Caja Costarricense se Seguro Social, oltre ad essere debitrice di circa 4000 milioni di colones nei confronti dei lavoratori: per ora, dal Ministerio de Trabajo non è giunta alcuna risposta.  Stanchi delle promesse a vuoto, i lavoratori sono passati all’azione ed hanno occupato più volte la Ruta 32, una delle vie di comunicazione più importanti per l’economia del paese. Anche in questo caso l’intervento della polizia non si è fatto attendere: l’arrivo delle truppe antisommossa ha provocato alcuni feriti, un centinaio di arrestati e l’obbligo di misure cautelari applicati ai manifestanti fermati affinché non tornassero ad occupare i terreni di Matas de Costarica, sui quali nel frattempo si erano accampati gli ex lavoratori. L’occupazione della finca, nell’intento dei lavoratori, sarebbe servita a ripagarsi di tutti gli stipendi non corrisposti dalla Matas, ma anche ad autogestire, tramite la coltivazione della terra, quei cinquecento ettari di cui era proprietaria l’impresa. Inoltre, una cooperativa formata dai lavoratori sulla terra espropriata alla Matas avrebbe permesso all’azienda un rilancio sin patrones, sul modello delle fabbriche argentine, anche perché gli ex dipendenti hanno esperienza sufficiente per mandare avanti l’impresa sia a livello agrario sia a livello amministrativo. Una delegazione di contadini ex lavoratori dell’impresa ha chiesto udienza presso l’Assemblea Legislativa e ha scritto una lettera alla presidenta del paese Laura Chinchilla, ma i risultati non sono stati soddisfacenti. “Il governo perseguita i lavoratori che difendono i loro diritti, ma tollera i debiti delle grandi imprese”, si lamentano i dipendenti. È stata accertata anche la presenza di un uomo della Dirección de Inteligencia y Seguridad (Dis, una sorta di polizia politica) infiltrato come finto giornalista, con tanto di tesserino, durante la presa di possesso delle terre da parte dei lavoratori: il fatto è stato stigmatizzato dallo stesso Ordine dei Giornalisti costaricense, che ha sottolineato come azioni del genere finiscano con il mettere in pericolo il lavoro dei veri operatori dell’informazione. Il conflitto tra lavoratori e Matas de Costarica caratterizza molto bene l’attitudine repressiva del governo della presidenta Chinchilla, che criminalizza la protesta contadina e del sottoproletariato, ma favorisce l’oligarchia latifondista, vera responsabile dei conflitti agrari. Luis Gómez, uno dei principali dirigenti della mobilitazione organizzata dagli ex dipendenti dell’impresa, è stato arrestato con metodi degni della polizia politica che ha imperversato in Centro-America e nel Cono Sur del continente tra gli anni ’70 e ’80. Gómez stava recandosi ad una conferenza stampa in auto quando è stato intercettato da alcune pattuglie della polizia: lo hanno arrestato insieme alle altre persone che erano con lui, tra cui il conducente del veicolo ed un giovane di 12 anni rimasto in carcere per tre ore, che non avevano alcuna relazione con le attività del movimento sindacale. La ragione del fermo riguarda il blocco della Ruta 32, ma al momento dell’arresto  il dirigente sindacale era in auto e stava dirigendosi verso il luogo della conferenza stampa, quindi la polizia ha messo in pratica una sorta di arresto differito, peraltro al termine di un gioco allo scaricabarile con la magistratura.

L’unica cosa certa è che, di fronte alle inadempienze della Matas, il governo intende indebolire la resistenza contadina e, per il momento, sta riuscendo nel suo intento.

Note: Articolo realizzato da David Lifodi per www.peacelink.it
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