Latina

La legge è frutto di un lavoro partecipato tra governo e organizzazioni popolari

Bolivia: l’8 marzo sarà promulgata la Ley Integral para Garantizar a las Mujeres una vida libre de violencia

Il femminicidio è riconosciuto come reato
2 marzo 2013
David Lifodi

 

internet A pochi giorni dall’8 marzo, la Bolivia ha approvato la “Ley Integral para Garantizar a las Mujeres una vida libre de violencia”: il paese andino è ai primi posti, in America Latina, per quanto riguarda la violenza machista nei confronti delle donne, per cui la legge, che ha avuto un iter durato anni, ma molto partecipato, assume un valore ancora più rilevante.

L’approvazione da parte del Parlamento boliviano si è velocizzata nella seconda metà di febbraio, in seguito all’assassinio della giornalista Hanalí Huaycho Hannover, collaboratrice di una tv privata massacrata da venti coltellate dell’ex marito, il tenente di polizia Jorge Clavijo, nella città di El Alto. Il fatto ha scosso l’intero paese, sia per l’estrema ferocia dell’assassino (ancora ricercato e in fuga) sia perché l’episodio ha fatto balzare il paese in testa alla poco edificante classifica continentale della violenza fisica contro le donne. È stato in seguito all’uccisione di  Hanalí Huaycho che la legge è stata approvata in tempi più veloci, dopo un faticoso lavoro svolto dal presidente Evo Morales con le organizzazioni popolari femminili. La legge riconosce il femminicidio come reato da inserire nel codice penale e prevede trenta anni di carcere, senza diritto all’indulto, applicabili a coloro che uccidono una donna “per odio o disprezzo della condizione femminile in quanto tale”. Inoltre, la legge intende stabilire meccanismi di prevenzione, attenzione e protezione verso le donne che hanno subíto episodi di violenza, al pari di misure in grado di perseguire gli aggressori. La Bolivia è seconda solo ad Haiti in un’altra classifica tutt’altro che lusinghiera, quella relativa ai casi di violenza sessuale. Altri dati preoccupanti: il Centro de Información y Desarrollo de la Mujer (Cidem), denuncia che dall’inizio dell’anno sono già trenta le donne assassinate nel paese e che, nel 2012, è stato raggiunto un totale di 104. La legge riconosce come violenza “qualsiasi azione o omissione che causi morte, sofferenza, menomazioni fisiche o sessuali, problemi psicologici a una donna” e metta a rischio la sua sfera lavorativa, economica o qualsiasi altro aspetto che provochi delle discriminazioni di genere. Un altro aspetto positivo della legge riguarda la grande attenzione concessa alle Casas de Acogida y Refugio Temporal per le donne che si trovano a vivere in situazioni di violenza, nelle aree urbane e rurali: lo scopo è quello di soccorrerle e prestare aiuto non solo a livello psicologico, ma anche in ambito giuridico e legale. Anche il numero delle donne uccise in episodi di violenza domestica è in continuo, e preoccupante, aumento. Il lavoro delle organizzazioni popolari e del governo, iniziato nel 2007, è arrivato a conclusione solo adesso perché il percorso è stato molto complesso. L’aspetto più difficile del lavoro è stato quello di classificare con attenzione tutte quelle nuove forme di delitto contro le donne ancora non previste dalla legislazione nazionale, e individuare, al tempo stesso, le istituzioni che avrebbero dovuto occuparsene con responsabilità specifiche. Per questo, la legge ha previsto la nascita di un ente responsabile di formulare politiche pubbliche per lo sradicamento della violenza contro le donne, un Osservatorio nazionale e la formazione di giudici specializzati in casi di violenza di genere ed evitare così discriminazioni e pregiudizi.

Finora gli strumenti giuridici vigenti non erano in grado di proteggere a sufficienza le donne: la promulgazione ufficiale della “Ley Integral para Garantizar a las Mujeres una vida libre de violencia” avverrà l’8 marzo a Potosí in un atto pubblico a cui interverranno le donne da tutto il paese e alla presenza di Evo Morales.

Note: Articolo realizzato da David Lifodi per www.peacelink.it
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