Latina

Il conflitto civile colombiano

Dopo i recenti negoziati tra le FARC ed i rappresentanti governativi, quali sono le prospettive di pace per la Colombia?
7 marzo 2013
BBC News
Tradotto da Marica Tarallo per PeaceLink
Fonte: BBC - 08 febbraio 2013

Colombia lotta al narcotraffico La Colombia, vessata da decenni di guerra civile, è da tempo fra i maggiori produttori ed esportatori di sostanze illegali come la cocaina.

Il Presidente Alvaro Uribe, in carica dal 2006 al 2010, aveva adottato una politica inflessibile nei confronti delle guerriglie di sinistra, con timide aperture verso la pace.

Il suo successore, Juan Manuel Santos, insediatosi nel 2010, si è impegnato a porre fine al conflitto. Nell’ottobre 2012, il governo ed il maggiore gruppo di ribelli – le Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia (Farc) – hanno avviato negoziati di pace.

Perché la Colombia è stata sempre affetta da alti livelli di violenza?

La Colombia, così come molte altre nazioni latino-americane, si è sviluppata come una società estremamente segregata, divisa tra le famiglie di ascendenza spagnola, tradizionalmente ricche, e la vasta maggioranza di colombiani poveri, molti dei quali di etnia mista.

Questo gruppo ha costituito la naturale base di consenso per gruppi insorgenti di sinistra, fra cui i due principali sono le Farc e l’ELN (Esercito di Liberazione Nazionale).

All’altro estremo dello spettro politico ci sono i paramilitari di destra, che derivano da gruppi di vigilantes formatisi alcuni decenni fa a protezione contro i ribelli per iniziativa di proprietari terrieri. Il gruppo principale era costituito dalle AUC – Forze Unite di Autodifesa della Colombia – che sono state, almeno ufficialmente, smobilitate.

In un Paese dove la presenza dello Stato è sempre stata debole, il risultato fu una lancinante guerra su più fronti con la popolazione civile al centro del fuoco incrociato e spesso deliberatamente bersagliata per “collaborazionismo”.

Difensori dei diritti umani hanno accusato i paramilitari di massacri, “sparizioni”, casi di tortura e trasferimenti forzati di popolazione. Dietro ad omicidi, rapimenti ed estorsioni ci sarebbero invece i ribelli.

Qual è la situazione oggi?

I ribelli, seppure parecchio indeboliti, sono ancora attivi. In gennaio, le Farc hanno posto fine ad un cessate il fuoco unilaterale di due mesi. Il governo insiste sulla linea che un cessate il fuoco ci sarà solo dopo la firma di un accordo di pace.

Un altro fattore è stato l’emergere di quelle che il governo chiama Bacrim, ossia bande criminali, che sono coinvolte nel narcotraffico e nell’estorsione. Questi gruppi emersero dopo la smobilitazione dei paramilitari dell’AUC nel 2006.

Il commercio della cocaina, da sempre principale carburante del conflitto armato, fornisce centinaia di milioni di dollari a finanziamento dei gruppi armati illegali.

Chi ne soffre?

È difficile trovare statistiche affidabili sullo scotto pagato per tanta violenza in Colombia. Ciò che appare chiaro è che il fenomeno ha proporzioni enormi.

Particolarmente a rischio sono coloro che rivestono ruoli di alto profilo nella comunità inclusi leader sociali, attivisti politici, difensori dei diritti umani e sindacalisti. Svariate comunità locali sono state vittime di attacchi.

Si è tuttavia registrata una diminuzione dei crimini violenti e dei rapimenti negli ultimi anni. Nel maggio 2008 il governo ha annunciato che i rapimenti avevano registrato un minimo ventennale. Le cifre mostrarono che dopo un picco nel 2000, con oltre 3.500 casi, nel 2007 furono rapite meno di 400 persone, di cui circa 179 furono poi liberate.


Ma il destino di quanti cadono ostaggio dei ribelli o preda di criminali comuni continua ad avere grande risonanza nella società colombiana.

Nel corso dei decenni, circa tre milioni di persone hanno subito spostamenti forzati a causa dei combattimenti.

L’ONU afferma che molte di queste persone finiscono per vivere in baraccopoli ai margini delle grandi città, dove hanno scarso accesso a sanità ed istruzione.

Quali sono le prospettive di pace?

Ci sono stati diversi tentativi di negoziati nel corso del conflitto ma fino ad ora con modesti risultati.

La dura politica di sicurezza perseguita dal presidente Ulribe e Santos, all’epoca suo ministro della difesa, ha inferto colpi significativi ai ribelli. Molti leader ribelli sono morti e si è registrato un alto numero di diserzioni dalle fila dei guerriglieri.

Ad ogni modo i ribelli continuano ad operare in vaste aree rurali, dove la presenza dello Stato è debole.

L’ultimo giro di negoziati di pace è stato descritto come maggiormente realistico rispetto ai precedenti. Le Farc ed i rappresentanti governativi si sono incontrati nella capitale cubana, L’Avana, per discutere cinque questioni principali: sviluppo rurale; garanzie per l’esercizio dell’opposizione politica e la partecipazione dei cittadini; fine del conflitto armato; narcotraffico; diritti delle vittime del conflitto.

Ad ogni modo la strada verso un processo di pace rimane chiaramente molto lunga. Per il momento, nulla lascia presagire negoziati fra il governo e l’ELN.

E a proposito dei combattenti paramilitari?

Dal 2003, circa 31mila paramilitari hanno consegnato le proprie armi in seguito a un trattato di pace.

Una controversa legge sulla pace e la giustizia, varata nel 2005, permette ai paramilitari di scontare pene detentive ridotte – per un massimo di otto anni – qualora questi forniscano dettagli sul proprio coinvolgimento in crimini quali tortura ed omicidio.

Alcuni critici sostengono, in merito, che i paramilitari colpevoli di gravi violazioni dei diritti umani potrebbero finire per scontare pene meramente simboliche.

Il governo porta l’attenzione su alcuni dati che mostrerebbero una riduzione dei livelli di violenza, prova che la strategia funziona.

Il livello di coinvolgimento ed influenza dei paramilitari sulla politica locale, regionale e nazionale è venuto allo scoperto nel 2007. Nell’ambito di uno scandalo soprannominato “parapolitica”, una dozzina di membri del congresso sono stati imprigionati e decine di altri politici sono stati indagati per legami con le AUC.

Quali sono le ragioni del coinvolgimento USA in Colombia?

Più del 90% del totale della cocaina sulle strade americane proviene dalla Colombia, motivo per il quale l’amministrazione americana intende contrastarne il flusso alla radice.

A partire dal 2000, Washington ha speso svariati miliardi di dollari per l’addestramento e l’equipaggiamento delle forze armate colombiane, oltre che per fornire l’intelligence necessaria ad affrontare i narcotrafficanti ed eliminare le colture di cocaina.

Alcuni gruppi per la salvaguardia dei diritti umani sostengono che la linea fra la lotta alle droghe e la lotta ai ribelli si stia facendo sempre più sottile; ritengono infatti che i ribelli colombiani siano stati presi di mira in misura sproporzionata nell’ambito del Piano Colombia, nonostante fossero i paramilitari ad essere maggiormente coinvolti nel narcotraffico.

Nell’ottobre del 2009, gli Stati Uniti e la Colombia hanno firmato un accordo controverso che concede all’esercito statunitense l’uso di diverse basi aeree colombiane.

I due Paesi hanno presentato l’accordo come una misura per contrastare il narcotraffico e il terrorismo ma alcuni Stati vicini alla Colombia hanno espresso preoccupazione per quella che considerano una crescente presenza militare statunitense nell’America del Sud.

Tradotto da Marica Tarallo per PeaceLink. Il testo è liberamente utilizzabile a scopi non commerciali citando la fonte (PeaceLink) e l'autore della traduzione.
N.d.T.: Titolo originale: "Q&A: Colombia's civil conflict"

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