Latina

Il sindaco della capitale, Macrí, responsabile della crescente criminalizzazione dei conflitti sociali

Buenos Aires: non si placano le polemiche dopo la repressione poliziesca a “El Borda”

Denunciati Macrí e i suoi più stretti collaboratori per abuso di autorità e privazione illegale della libertà
4 maggio 2013
David Lifodi

Solidarietà con "El Borda"

La violenta repressione messa in atto dalla Polizia Metropolitana nei confronti dei lavoratori, dei pazienti e dei giornalisti all’interno del padiglione 19 dell’ospedale psichiatrico “El Borda”, demolito da un’impresa privata lo scorso 26 aprile, ha lasciato una scia di polemiche che stanno investendo il governo di Mauricio Macrí e i suoi più stretti collaboratori.

L’intervento della Polizia Metropolitana, diretto a bloccare le proteste per la distruzione del Taller 19, al cui posto Mauricio Macrí intende costruire, da tempo, la Jefatura de Gobierno e cinque ministeri, ha paradossalmente avuto un merito, quello di aprire un dibattito sulla crescente repressione e criminalizzazione dei conflitti sociali, un aspetto che ha caratterizzato il periodo macrista fin dal primo mandato del leader di Propuesta Republicana (Pro) in qualità di governatore di Buenos Aires. Nel 2010  la Polizia Metropolitana, inviata insieme a squadracce paramilitari dal sindaco porteño al Parco Indoamericano di Villa Soldati  (all’estrema periferia della capitale) contro le centinaia di famiglie migranti peruviane, boliviane e paraguayane in lotta per ottenere la garanzia alle case popolari, causò la morte di due immigrati. Nel marzo di quest’anno, sempre la Polizia Metropolitana, fu protagonista di uno sgombero violento degli occupanti del Centro Cultural General San Martín, dove un gruppo di artisti protestava da settanta giorni per la riapertura della Sala Alberdi, chiusa arbitrariamente lo scorso 2 gennaio. La sala si era trasformata in uno spazio sociale che organizzava iniziative di carattere culturale. Del resto, la violenza della Polizia Metropolitana non sorprende: si tratta di una forza militare creata durante gli anni della dittatura in base alla dottrina della sicurezza nazionale, ed ha sempre avuto il grilletto facile: ne hanno sperimentato la ferocia i quattro pazienti dell’ospedale psichiatrico “El Borda”, feriti dagli agenti durante l’irruzione del 26 aprile. Un giovane di 21 anni, paziente dell’ospedale, ha ricevuto ventuno colpi di pallottole di gomma sulla schiena. Inoltre, sembra che le pallottole avessero delle lamine di metallo ricoperte dalla gomma, come hanno testimoniato numerosi presenti all’azione poliziesca, svolta da numerosi agenti incappucciati o comunque  a volto coperto. Se la Polizia Metropolitana rappresenta il braccio armato del macrismo, perlomeno una parte della stampa è agli ordini di Macrí. Alcuni organi di (dis)informazione hanno taciuto sulle violenze dei militari parlando di scontri tra un sindacato, l’ Asociación Trabajadores del Estado (Ate), e la polizia, nei dintorni dell’ospedale psichiatrico. Altri hanno fatto ancora peggio, dando spazio alle finte offerte di dialogo proclamate dalla vicesindaco María Eugenia Vidal, dal ministro della Giustizia e della Sicurezza Guillermo Montenegro e da Daniel Chaín, titolare del ministero allo sviluppo urbano, mentre alcuni consiglieri porteños, tra cui Fabio Basteiro, venivano picchiati dagli agenti. Eppure la Polizia Metropolitana ha attaccato deliberatamente la stampa e non si è trattato di un errore, come hanno cercato di giustificarsi, in una penosa marcia indietro, i fedelissimi dell’entourage macrista e lo stesso capo della polizia, Horacio Jiménez, al quale sono piovute addosso numerose richieste di dimissioni immediate. Una parte dei mezzi di comunicazione, tramite i suoi sindacati, ha dimostrato come la Polizia Metropolitana abbia cercato volutamente di impedire che giornalisti, cameraman e fotografi svolgessero il proprio lavoro. I testimoni raccontano come gli agenti abbiano cercato di impedire fotografie e riprese di alcuni di loro, incappucciati, che stavano spingendo con violenza un’infermiera all’esterno del Taller 19. La repressione ai danni della stampa è degna degli anni del regime militare, hanno sottolineato i sindacati dei giornalisti. Macrí ha sempre avuto una simpatia particolare per la polizia, tanto da voler costruire una scuola modello per agenti all’interno del Parque Sarmiento di Buenos Aires, ma in quel caso fu la magistratura ad opporsi. La passione per la polizia del leader di Propuesta Republicana fa il paio con quella immobiliare, che ha sempre condotto come un rullo compressore senza tener conto delle esigenze delle fasce sociali più povere della città e delle occupazioni a scopo abitativo, anche a costo di reprimere i giornalisti, compresi quelli che lavorano per quotidiani amici quali il Clarín, che ha aderito alla protesta contro lo sceriffo porteño. La costruzione del centro civico, che dovrà ospitare la Jefatura de Gobierno e cinque ministeri, è vista dai lavoratori, ma anche dai pazienti, come un primo passo verso lo smantellamento dell’ospedale psichiatrico. Per Mauricio Macrí e la sua squadra di governo, dopo la repressione scatenata dalla polizia, sono arrivate le denunce penali: abuso di autorità, disobbedienza, lesioni e privazione illegale della libertà, le stesse di cui dovranno rispondere anche il capo della Polizia Metropolitana, Horacio Jiménez, e il suo vice Ricardo Pedace. Inoltre, l’ordine di distruggere il Taller 19 ha contravvenuto il divieto di demolizione emesso a livello giudiziario. La stessa accusa di abuso di autorità è particolarmente grave poiché Macrí, Vidal, Montenegro e Chaín avrebbero violato la Ley de Seguridad Pública de la Ciudad, che vieta l’uso della forza per disperdere assembramenti di persone e manifestazioni illecite, ma non violente (quale era quella del personale medico e dei pazienti dell’ospedale psichiatrico) e proibiscel’utilizzo di armi da fuoco per reprimere dimostrazioni violente. Polemiche anche sulla mancata adesione della Polizia Metropolitana al protocollo “Criterios mínimos sobre la actuación de fuerzas de seguridad en manifestaciones públicas”: la Polizia Metropolitana, ha cercato di giustificarsi María Eugenia Vidal, ha già un suo protocollo interno. La stessa Vidal ha minacciato i partecipanti all’azione di resistenza a difesa del Taller 19, ammonendo che i responsabili dell’aggressione contro i militari sarebbero stati denunciati. In realtà sono stati gli agenti ad aver commesso gli abusi, ma nessuno di loro finora è stato indagato. Sono in molti a sostenere che quando c’è qualcosa o qualcuno che non incontra le simpatie di Macrí, il sindaco di Buenos Aires invia la Polizia Metropolitana, che ormai svolge le funzioni di un corpo paramilitare legalizzato e autorizzato ad agire al di fuori dello stato di diritto.

La costruzione del centro civico rappresenta la punta dell’iceberg della speculazione immobiliare,  hanno denunciato le migliaia di persone che hanno protestato sotto la sede della Jefatura de Gobierno porteña: tra loro, sindacati, il premio Nobel per la Pace Adolfo Pérez Esquivel, il personale dell’ospedale psichiatrico “El Borda”, i familiari dei pazienti e le instancabili Madres de la Plaza de Mayo.

 

 

 

Note: Articolo realizzato da David Lifodi per www.peacelink.it
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