Latina

L’ex dittatore conta ancora sul sostegno dell’oligarchia latifondista

Guatemala: annullata la condanna a Ríos Montt

La Corte Costituzionale ribalta la sentenza della giudice Jazmín Barrios
22 maggio 2013
David Lifodi

internet

A pochi giorni dalla condanna a 80 anni di carcere per genocidio emessa nei confronti del dittatore guatemalteco Ríos Montt da parte della giudice Jazmín Barrios, del Tribunal A de Mayor Riesgo, la Corte Costituzionale ha trasformato quella che si era configurata come una giornata storica per i diritti umani in Guatemala in un farsa giudiziaria che ha umiliato, una volta di più, gli indigeni maya, la memoria dei desaparecidos e i familiari delle vittime del terrorismo di stato: la pena inflitta a Montt è stata annullata e il processo riportato al punto del 19 aprile, quando i legali dell’ex dittatore erano riusciti a far sospendere i lavori per undici giorni a causa di alcuni vizi di forma.

È andata così anche stavolta: il segretario della Corte Costituzionale, Martin Guzman, ha motivato l’annullamento spiegando che era necessario esaminare i ricorsi presentati dalla difesa. Eppure il responso della Corte, che ha strappato al carcere un anziano di 86 anni il quale, al pari di Videla e di tanti altri militari che hanno seminato il terrore in America Latina, non ha mai chiesto scusa per le atrocità commesse, non è stato unanime, anzi. La decisione favorevole a Montt è stata presa con tre voti favorevoli e due contrari. Mauro Rodrigo Chacón e Gloria Porras, i due che hanno motivato il loro voto per il mantenimento della condanna, sono espressione rispettivamente dell’Universidad de San Carlos, tristemente nota per le sparizioni degli studenti durante gli anni del conflitto armato, e dell’esecutivo dell’ex presidente Alvaro Colom. Attualmente non è ancora chiaro quando ripartirà il processo contro Montt, ma è evidente che ogni giorno che passa rappresenti una giornata in più di libertà per il responsabile dei piani militari Victoria 82 e Firmeza 83, due tra i progetti più feroci di sterminio delle comunità maya, dei movimenti sociali e dei militanti legati alla Pastorale Sociale della chiesa. Sebbene la revoca della condanna a Montt rappresenti un innegabile passo indietro a livello giuridico, ma soprattutto evidenzi l’enorme potere dell’oligarchia latifondista e terrateniente (il Comité Coordinador de Asociaciones Agrícolas, Comerciales, Industriales y Financieras ha salutato la libertà riacquistata dall’ex mandatario come “una buona notizia per il paese”), alcuni analisti politici hanno sottolineato come la condanna a 80 anni, antecedente al verdetto della Corte Costituzionale, abbia comunque sfidato i poteri forti del paese: nessuno, scrive ad esempio Rebelíon, “solo dieci anni fa avrebbe immaginato di vedere Montt al banco degli imputati” e tantomeno di poter assistere alla sua condanna, uno sgarro che lo stesso ex presidente non avrebbe mai pensato di tollerare in un paese in cui non si muoveva foglia senza che lui non volesse. Tutto ciò è senza dubbio vero, così come è innegabile che le battaglie per la difesa dei diritti umani sono difficili da vincere, ma non si può far a meno di pensare che il vecchio macellaio guatemalteco sia riuscito a farla franca anche stavolta. Il Mininotiziario America Latina dal basso, curato da Aldo Zanchetta e divulgato il 18 maggio scorso, solo pochi giorni prima della nuova sentenza della Corte Costituzionale, faceva riferimento ad un documento farneticante, pubblicato in internet e firmato da una non meglio conosciuta “fondazione contro il terrorismo”, che definisce il genocidio maya come “un’invenzione dei terroristi marxisti che permette loro di ricevere sovvenzioni dall’estero per continuare le attività sovversive”. Si tratta delle idee di cui si è fatto portatore per tutta la vita lo stesso Montt e quell’elite razzista e alto borghese che tuttora considera i maya alla stregua degli animali, li utilizza per i lavori più umili e ne depreda le terre con la costruzione delle centrali idroelettriche e lo sfruttamento intensivo dell’estrazione mineraria. In Guatemala, nota ancora il Mininotiziario, il numero dei morti di questi ultimi anni è addirittura superiore a quello del periodo conosciuto come conflitto armato: nel mirino anche i sacerdoti vicini alle comunità indigene e contadine, ad esempio Alvaro Ramazzini. I difensori di Montt sono i primi eversori della legge: Francisco García Gudiel lo scorso 19 marzo fu espulso dall’aula mentre cercava di impedire l’avvio del dibattimento, mentre Francisco Palomo ha più volte definito come illegale la condanna ad 80 anni di carcere emessa dalla giudice Jazmíne Barrios. È in questo contesto che gli squadroni della morte possono continuare ad agire indisturbati, legittimati da uno stato assente e ancora oggi fondato sull’alleanza tra i grandi proprietari terrieri, l’esercito, ed una zona grigia a cui non dispiace la presidenza di Otto Pérez Molina, che governa a suon di decreti di stato d’assedio e non a caso soprannominato “Mano Dura”.

 La sentenza della Corte Costituzionale genera un senso di rabbia e impotenza, ma resta la speranza in quei movimenti sociali che negli ultimi anni hanno percorso un paese ancora fortemente conservatore sfidandolo coraggiosamente per esprimere la loro resistenza alla saccheggio delle risorse naturali, alla cancellazione dei diritti sindacali e al tentativo di far cadere nell’oblio la memoria dei desaparecidos.

Note: Articolo realizzato da David Lifodi per www.peacelink.it
Il testo è liberamente utilizzabile a scopi non commerciali citando la fonte e l'autore.

Articoli correlati

  • Guatemala: la vita impossibile dei giornalisti comunitari
    Latina
    Norma Sancir, da nove anni, attende di essere scagionata dalle accuse di “disordine pubblico”

    Guatemala: la vita impossibile dei giornalisti comunitari

    Arrestata nel 2014 mentre copriva una protesta degli indigeni maya, in qualità di operatrice dell’informazione comunitaria, la giornalista si è sempre battuta per i diritti della popolazione maya ch´ortí´, denunciandone gli abusi da parte dello stato guatemalteco.
    18 marzo 2024 - David Lifodi
  • Segnali di cambiamento
    Latina
    Guatemala

    Segnali di cambiamento

    Ex procuratore per i diritti umani analizza i primi giorni del nuovo governo
    7 febbraio 2024 - Giorgio Trucchi
  • Guatemala: Arévalo sfida il Patto dei Corrotti
    Latina
    Il presidente guatemalteco, democraticamente eletto lo scorso 20 agosto, dovrebbe insediarsi oggi

    Guatemala: Arévalo sfida il Patto dei Corrotti

    Negli ultimi quattro mesi in cui l’oligarchia ha fatto di tutto per estrometterlo illegalmente dalla guida del paese.
    14 gennaio 2024 - David Lifodi
  • Golpe giudiziario in Guatemala
    Latina
    Per evitare l'insediamento di Bernardo Arévalo, previsto a partire dal 14 gennaio 2024.

    Golpe giudiziario in Guatemala

    Oligarchia, destra e l’apparato corrotto dello stato stanno cercando di condurre a termine un colpo di stato per estromettere il presidente democraticamente eletto lo scorso 20 agosto.
    13 novembre 2023 - David Lifodi
PeaceLink C.P. 2009 - 74100 Taranto (Italy) - CCP 13403746 - Sito realizzato con PhPeace 2.7.26 - Informativa sulla Privacy - Informativa sui cookies - Diritto di replica - Posta elettronica certificata (PEC)