Latina

Il Consórcio Construtor de Belo Monte espelle i giornalisti

Brasile: le comunità indigene occupano il cantiere di Belo Monte

Il governo non sembra intenzionato ad incontrarsi con gli occupanti
3 giugno 2013
David Lifodi

 

internet

Sono tornati e stavolta non intendono smobilitare: gli indigeni che vivono sulle rive del Rio Xingu hanno occupato di nuovo il principale cantiere della centrale idroelettrica di Belo Monte: lo avevano già fatto all’inizio di maggio, senza ricevere alcuna risposta dal Planalto, e stavolta intendono andare fino in fondo.  “Il governo intende ridurre al silenzio il movimento che si batte contro le dighe, ma rischia di causare una tragedia”, accusano le comunità Munduruku, Xipaya, Arara, Kayapó e Tupinambá.

Il principale cantiere di Belo Monte si trova nel municipio di Vitória do Xingu, stato del Pará: è lì che all’inizio di maggio la Polizia Militare si è trovata fronte ad uno scenario imprevisto. Alle proteste dei popoli indigeni, dei ribeirinhos e dei piccoli agricoltori si sono uniti i circa duemila lavoratori del Consórcio Construtor de Belo Monte, che lavorano alla stregua degli schiavi e senza alcun diritto o tutela, dai bassi salari alle inesistenti condizioni di assistenza sanitaria. Nell’area del cantiere il Consorcio impone le sue leggi con l’appoggio delle proprie milizie di sicurezza privata. Ruy Sposati, giornalista del Conselho Indigenista Missionário (Cimi), è uno dei pochi giornalisti che, dalle colonne del quotidiano di sinistra Brasil de Fato, riesce a dare notizie ogni giorno sull’evolversi della situazione, nonostante l’impresa cerchi di ostacolare con ogni mezzo il lavoro dei cronisti. Durante l’occupazione di inizio maggio, a Sposati, ad un fotografo dell’agenzia Reuters e al corrispondente di Radio France Internationale, è giunta una multa ed è stata imposta  l’espulsione dall’area dei lavori del cantiere. Norte Energia, l’impresa che ha vinto l’appalto per la gestione dei lavori, poi commissionati al Consórcio  Construtor de Belo Monte, ha chiesto alla giustizia federale di Altamira (la città del Pará che sarebbe sommersa dall’acqua per buona parte se i lavori di edificazione della diga arrivassero fino in fondo) di sanzionare gli occupanti del cantiere con una multa di cinquemila reais al giorno. Gli indigeni non si sono scomposti, e per ora mantengono l’occupazione, nonostante all’esterno del cantiere stazioni in maniera permanente uno schieramento spropositato di forze militari, dai poliziotti della Força Nacional alla Polícia Rodoviária Federal, fino alla Tropa de Choque da Polícia Militar (nota per le modalità di azione particolarmente violente) e alle immancabili guardie armate del Consórcio  Construtor de Belo Monte. Per far capire l’aria che tira, il giornalista Ruy Sposati ha riportato il dialogo tra gli indigeni che rifiutano di uscire dal cantiere e i militari che li accusano di essere armati. Alla risposta delle comunità, che asseriscono di non avere alcun arma, se non le lance di legno che fanno parte della loro cultura, i poliziotti hanno risposto che invece la loro cultura è quella delle pistole, mettendo la mano sulle armi da fuoco. Inoltre, la Força Nacional ha vietato la diffusione di una lettera indirizzata dalle comunità in lotta ai lavoratori dell’impresa in cui gli indigeni spiegano le loro ragioni. Gli operai non hanno mai ricevuto questa missiva, ma hanno denunciato la presenza di infiltrati tra i lavoratori, pagati appositamente dal Consórcio per seminare il caos e rompere il fronte comune tra operai e indigeni. Le comunità in lotta intendono bloccare i lavori finché non saranno consultate sul progetto di Belo Monte, ma per il momento la presidenta Dilma Rousseff non sembra intenzionata a riceverli. Al contrario,  desta grande preoccupazione anche una proposta di legge che, in caso di approvazione, toglierà al presidente brasiliano la possibilità di decidere la demarcazione dei territori indigeni per attribuirla al Congresso, dove è presente in forze, e trasversale agli schieramenti tradizionali, la potente bancada ruralista. Il governo sembra essere insensibile non solo sul caso Belo Monte, ma anche su quello dei fiumi Tapajós e Teles Pires, due tra i principali affluenti del Rio delle Amazzoni dove probabilmente saranno costruite nuove dighe.  L’unica offerta giunta dal Planalto alle comunità indigene è stata quella di avviare dei colloqui fuori dal cantiere occupato, ma gli indigeni non hanno abboccato. Se la diga di Belo Monte sarà costruita, la già precaria economia di sussistenza su cui hanno sempre fatto affidamento indigeni, piccoli agricoltori, ribeirinhos e contadini rischia di andare in crisi: già adesso, dopo le prime dighe provvisorie edificate per poter lavorare alla centrale idroelettrica, alcuni tratti del Rio Xingu non sono più navigabili. Inoltre, almeno un centinaio di chilometri del fiume nella Volta Grande do Xingu rischierebbero di prosciugarsi.

Le comunità indigene sono fermamente convinte che Belo Monte “è un mostro che può essere sconfitto”, ma il governo brasiliano, fin dalle presidenze di Lula, ha scommesso sull’apertura agli investimenti stranieri e sulla crescita economica: difficile che il Planalto torni indietro.

Note: Articolo realizzato da David Lifodi per www.peacelink.it
Il testo è liberamente utilizzabile a scopi non commerciali citando la fonte e l'autore.

Articoli correlati

  • Brasile: partita la campagna contro i femminicidi
    Latina
    Coinvolto anche il mondo dello sport, in particolare le società calcistiche

    Brasile: partita la campagna contro i femminicidi

    Nei giorni in cui si tengono le partite di calcio i casi di femminicidio aumentano del 23,7% e, per questo motivo, i club sono stati invitati a farsi portavoce della mobilitazione contro la violenza di genere.
    16 settembre 2024 - David Lifodi
  • Brasile: nel Rio Grande do Sul la cronaca di un disastro annunciato
    Latina
    Le inondazioni dello scorso maggio hanno messo in ginocchio lo stato e la sua capitale Porto Alegre

    Brasile: nel Rio Grande do Sul la cronaca di un disastro annunciato

    Il negazionismo climatico bolsonarista ha azzerato i fondi per prevenire i disastri ambientali, ma anche decenni di compromessi con le lobby dell’agronegozio e della speculazione immobiliare hanno fortemente indebolito il paese di fronte agli eventi estremi prodotti dal cambiamento climatico
    1 luglio 2024 - David Lifodi
  • Da Lula visione su aiuti per bisognosi dimenticati dai leader G7
    Economia
    "È fallito l'obiettivo 2 dell'Agenda 2030: fame zero"

    Da Lula visione su aiuti per bisognosi dimenticati dai leader G7

    "La sua proposta di creare una task force per combattere la fame nel mondo è un passo importante verso una maggiore giustizia e solidarietà globale". Lo afferma Alessandro Marescotti, presidente dell'associazione ambientalista e pacifista PeaceLink
    14 giugno 2024 - Adnkronos
  • Brasile: il cotone sporco di H&M e Zara
    Latina
    La ong inglese Earthsight, nel rapporto “Fashion Crimes” accusa i due colossi della moda

    Brasile: il cotone sporco di H&M e Zara

    H&M e Zara avrebbero realizzato capi di abbigliamento utilizzando tonnellate di cotone riconducibili a land grabbing, espropri delle terra e violenze.
    24 maggio 2024 - David Lifodi
PeaceLink C.P. 2009 - 74100 Taranto (Italy) - CCP 13403746 - Sito realizzato con PhPeace 2.7.26 - Informativa sulla Privacy - Informativa sui cookies - Diritto di replica - Posta elettronica certificata (PEC)