Colombia: le comunità di Catatumbo in sciopero contro l’estrazione mineraria
Il futuro delle politiche estrattiviste che il presidente Juan Manuel Santos vuole imporre alla Colombia si gioca nella regione del Catatumbo, zona nord-orientale del paese, al confine con lo stato venezuelano di Zulia, rinomato per l’estrazione carbonifera. La lotta dei campesinos catatumberos sta mettendo in crisi il mandatario colombiano, che a fine giugno inviò l’esercito per reprimere la protesta pacifica dei contadini, conclusasi con due morti e decine di feriti.
Somos todos Catatumbo è il grido che si è levato negli ultimi due mesi dalla Colombia che rifiuta le promesse di “prosperità democratica” e “pace sociale” di cui si è riempito la bocca il presidente Santos: quella che era cominciata come una protesta di non più di quattromila contadini lo scorso 26 giugno si è trasformata, per i più diversi settori sociali, nell’occasione per esprimere tutto il malcontento verso Palacio Nariño, con lo sciopero a tempo indefinito dei minatori e i blocchi stradali in diverse zone del paese. La gravità dei fatti è tale che in molti hanno chiesto alle Farc (Fuerzas Armadas Revolucionarias de Colombia) di sospendere i negoziati di pace in corso all’Avana in segno di appoggio alla lotta dei settori indigeni e contadini del paese. Nella regione del Catatumbo, ricca di risorse naturali, solo il 27% della popolazione ha accesso all’acqua potabile e in alcuni municipi il livello di povertà raggiunge quasi il 90%, ma l’aspetto più preoccupante, ha spiegato la ex senatrice Piedad Cordoba, adesso attivista per i diritti umani, è che in Colombia ci sono migliaia di zone del territorio in condizioni uguali se non peggiori. Catatumbo fa gola ai governi e alle multinazionali perché si trova in una zona di grande importanza geostrategica per la sua condizione di terra di frontiera con il Venezuela e per la sua vicinanza al Lago di Maracaibo, centro di interconnessione fondamentale per tutte le infrastrutture energetiche, logistiche e industriali. Inoltre, la prossimità del Catatumbo con lo stato venezuelano di Zulia costuisce un’area sterminata particolarmente favorevole per lo sfruttamento carbonifero, petrolifero e agroindustriale. La storia di spoliazione delle risorse naturali del Catatumbo ha inizio nel 1905, con la concessione del petrolio alle imprese statunitensi Mobil Texas e Tropical Oil Company per 50 anni da parte dell’allora presidente Rafael Reyes: già allora fu schierato l’esercito per contrastare le proteste delle comunità indigene. Oggi la storia si ripete con lo sfruttamento intensivo del carbone (fin dagli anni della presidenza di Álvaro Uribe) e la costruzione di miniere a cielo aperto a tutto vantaggio di due imprese canadesi, una messicana e cinque colombiane: Compañía Minera Río de Oro, Compañía Minera La Esmeralda, Promexco, Sopromin, Carbo Fuels and Minerals, Geofisin EU, Prominorte e Mora y Mora Multínversiones Mineras. L’estrazione mineraria a cielo aperto, come già accaduto innumerevoli volte in tutta l’America Latina, inquinerà le acque del Río Catatumbo, che sfocia nel lago venezuelano di Maracaibo, sarà responsabile del peggioramento delle condizioni di vita dei contadini catatumberos e avrà un impatto negativo sulla loro salute, sull’ecosistema e sulla qualità dell’aria, così come subiranno danni enormi le attività di sussistenza da cui traggono sostentamento le comunità. Inoltre, sempre il territorio del Catatumbo, è stato una riserva di caccia dei paramilitari delle Autodefensas Unidas de Colombia (Auc) prima (Bloque Catatumbo e Bloque Norte) e delle Águilas Negras adesso, le nuove squadracce sorte a seguito di una smobilitazione sbandierata a più riprese, ma di fatto mai avvenuta seriamente. Il controllo del territorio da parte dei paras, di numerosi Batallones Contraterroristas dell’esercito e delle imprese transnazionali, che ottengono difesa e protezione da quest’ultimi, è solo uno dei principali fattori che hanno causato il desplazamiento (sfollamento) nell’intera zona: dei 282 mila abitanti del Catatumbo, oltre cinquantamila persone sono state vittima della guerra sporca non dichiarata ufficialmente da parte dello stato colombiano. Il resto lo hanno fatto l’agroindustria e la monocoltura intensiva dell’olio di palma e del cacao. Oggi il territorio di Catatumbo è attraversato da forti tensioni dovute ai conflitti sociali in corso. Iván Cepeda (Polo Democrático Alternativo) e Ángela María Robledo (Partido Verde), si sono recati alcuni giorni fa nella zona del Catatumbo per fare da tramite tra un governo poco incline al confronto e le comunità indigene e contadine in lotta, le cui richieste sono state raccolte dai due congressistas: maggiori investimenti per sanità, istruzione, infrastrutture, progetti di coltura alternativi a quelli imposti dai signori dell’agrobusiness, sospensione dello sradicamento forzoso delle coltivazioni della foglia di coca tramite le fumigazioni, ma soprattutto il riconoscimento del Catatumbo come Zona de Reserva Campesina: le Zrc rapprsentano anche uno degli aspetti più discussi dei negoziati di pace tra le Farc e la delegazione governativa in corso all’Avana. Inoltre, segnalano indigeni e contadini, le imprese carbonifere non hanno mai rispettato i diritti delle comunità, né le hanno consultate quando si è trattato di decidere in merito all’edificazione delle miniere a cielo aperto. In gioco c’era il Trattato di Libero Commercio (Tlc) stipulato con gli Stati Uniti che garantiva guadagni alle miniere che sfruttavano il petrolio, il gas, il carbone e l’oro per consolidare i loro megaprogetti nel settore agro energetico riducendo in schiavitù i contadini al loro servizio. È in questo contesto che al malessere della gente di Catatumbo si è sommato quello di un intero paese, e così alla mobilitazione dei catatumberos si è aggiunto lo sciopero dei minatori e la proclamazione di una serie di giornate di agitazione contro il presidente Santos da parte di altri settori del paese: per Palacio Nariño in tutte le mobilitazioni sociali di parla di infiltrazione del movimento guerrigliero per gettare fumo negli occhi. Gli universitari incroceranno le braccia a partire dal 1 agosto, gli agricoltori entreranno in sciopero dal 19 agosto, mentre i lavoratori della Drummond, la seconda industria carbonifera del paese, hanno già bloccato la produzione in attesa che i vertici dell’impresa riconoscano loro migliori condizioni di lavoro e di sicurezza e salari degni.
Di fronte a questa moltiplicazione di conflitti sociali si teme che la risposta di Juan Manuel Santos possa essere, ancora una volta, quella di ricorrere all’utilizzo della forza e, in quel caso, Catatumbo tornerà ad essere a pie de lucha.
Il testo è liberamente utilizzabile a scopi non commerciali citando la fonte e l'autore.
Articoli correlati
- Prevalgono le forze contrarie al processo di pace
Colombia: alle amministrative prevale la destra
La sinistra perde Bogotà dopo dodici anni30 ottobre 2015 - David Lifodi - Ballottaggio interno all’estrema destra, vince il “meno peggio”
Colombia: Santos presidente. Restano vive le speranze di pace
La sconfitta di Oscar Iván Zuluaga è quella di Uribe e del paramilitarismo16 giugno 2014 - David Lifodi - Prove di dialogo tra governo e guerriglia
Colombia: è l’ora della pace?
Restano dubbi sull’affidabilità del presidente Santos10 settembre 2012 - David Lifodi
Sociale.network