Cile: Michelle Bachelet favorita nella corsa alla Moneda alle presidenziali del 17 novembre
A pochi giorni dalle elezioni presidenziali cilene del 17 novembre, la contesa tra i candidati alla Moneda si fa aspra. Gli ultimi sondaggi danno per probabile il ballottaggio tra la ex presidenta Michelle Bachelet ed uno sfidante che potrebbe non essere necessariamente Evelyn Matthei, ex ministro del Lavoro dell’attuale mandatario Piñera, ma anche un outsider.
Tutti concordano su un fatto: Michelle Bachelet sarà di nuovo alla presidenza del paese, seppur a seguito del ballottaggio. Per adesso la candidata della Concertación si attesterebbe tra il 45 e il 47%. Evelyn Matthei, supportata dal presidente Piñera, ha compiuto più volte incursioni nella campagna elettorale della Concertación , tra cui delle vere e proprie entrate a gamba tesa che hanno fatto infuriare Michelle Bachelet. La destra radicale, quella che sostiene Matthei, del resto, è in subbuglio e la stessa candidata teme di non arrivare nemmeno al ballottaggio, scavalcata dal candidato conservatore indipendente Franco Parisi. Il percorso della destra verso le presidenziali è stato accidentato fin dall’inizio. A sfidare Michelle Bachelet avrebbe dovuto essere Pablo Longueira, esponente dei nostalgici dell’Unión Demócrata Independiente (Udi), il partito del generale Augusto Pinochet che continua ancora a riscuotere un certo appeal nel paese. Longueira aveva vinto le primarie, a cui peraltro ha partecipato un numero di elettori molto modesto rispetto a quelle del centrosinistra che hanno incoronato Michelle Bachelet, ma ha rinunciato per motivi di salute. Renovación Nacional intendeva imporre il suo candidato, giunto secondo nella sfida con Longueira, ma tra i due partiti della destra riuniti sotto le insegne di Alianza por Chile, è scoppiata una vera e propria guerra, al termine della quale l’Udi è riuscita ad assegnare l’investitura ad Evelyn Matthei. L’esponente pinochettista fiuta l’aria di una probabile disfatta, per questo ha estremizzato il suo discorso, già populista, allo scopo di raccogliere più voti possibile. Il programma di Michelle Bachelet, incentrato sulla revisione della Costituzione (che risale al 1980, quando c’era ancora Pinochet alla Moneda), così come sulla sanità pubblica, è stato definito una “discussione ideologica che non influisce sulla vita quotidiana delle persone”. Matthei solletica la pancia dell’elettorato e prosegue: “Ai cittadini non interessa se un ospedale viene costruito dallo stato o da un privato, l’importante è che sia garantita l’attenzione alla cura delle persone. Sull’altro fronte, se le primarie del 30 giugno sono state un successo, con oltre due milioni di elettori ed un vero e proprio plebiscito per Michelle Bachelet, c’è più di qualche scricchiolio all’interno della Concertación, la coalizione tra democristiani e socialisti sorta dal ritorno in democrazia e che molto spesso ha candidato delle personalità incolori o comunque assai moderate, da Frei e Ricardo Lagos. La novità di queste presidenziali sta nell’ingresso in coalizione del Partito Comunista, per il quale è candidata a deputata la giovane Camila Vallejo, leader indiscussa delle lotte studentesche degli ultimi anni e trasformatasi in una vera e propria icona planetaria. È sul programma di Michelle Bachelet, in particolar modo sui diritti civili, che tra democristiani e comunisti non c’è accordo. Bachelet ha promesso che, in caso di ritorno alla Moneda, depenalizzerà l’aborto e convocherà un dibattito aperto e partecipato sul matrimonio tra persone dello stesso sesso, facendo intendere che mira già alla stesura di un progetto di legge. Se il Partito Comunista ha accolto con una certa soddisfazione questi punti programmatici di Bachelet, dall’ala democristiana è già arrivato un primo ammonimento: “I governi sono di coalizione e devono necessariamente rappresentare un orientamento comune condiviso da tutte le forze”. In ogni caso, sembra difficile che la discussione interna alla Concertación, seppur tra anime diverse, possa minare il consenso popolare riscosso da Michelle Bachelet, che peraltro, in occasione del suo precedente quadriennio alla Moneda, aveva suscitato le perplessità, nel migliore dei casi, della sinistra movimentista e delle organizzazioni popolari. La ex presidenta, e tutta
A meno di clamorose novità Michelle Bachelet sarà di nuovo presidenta: resta da capire se ce la farà al primo turno o al ballottaggio, ma soprattutto è chiamata a fare “qualcosa di sinistra”: fermare i progetti minerari, la costruzione delle centrali idroelettriche, aprire un dialogo con gli studenti e riconoscere terra e diritti ai mapuche avrebbero dovuto essere i punti al centro del suo programma. Auguriamoci che lo diventino il prima possibile.
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