Cile: il dramma delle morti per amianto
Il libro Fibras grises de muerte: el silencio del mayor genocidio industrial del Chile, racconta il dramma delle morti causate dall’amianto, in particolar modo nella città di Maipú, nella regione metropolitana di Santiago. Le autrici del volume, l’antropologa Tania Muñoz e la storica Constanza San Juan, denunciano le responsabilità di Pizarreño S.A., l’impresa di proprietà della compagnia belga Etex Group, attiva nel settore edile.
In Cile l’utilizzo dell’amianto per la costruzione delle abitazioni è stata una pratica assai diffusa fino a pochi anni fa: solo nel 2001 il presidente Ricardo Lagos e l’allora ministra alla Sanità, Michelle Bachelet, ne vietarono l’uso, nonostante proprio in Cile, nel 1986, fosse stato firmato un protocollo dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro che sottolineava i rischi dell’amianto connessi alla salute dei lavoratori. Pizarreño S.A. non ha mai voluto accollarsi le responsabilità delle morti dovute all’amianto, non mosse un dito quando dalla Moneda giunse il decreto presidenziale che ne vietava l’utilizzo e ancora oggi non si sa dove l’impresa lo abbia nascosto. Le istituzioni cilene si mossero comunque con colpevole ritardo e solo pochi mesi prima che l’operaio di Pizarreño S.A., Eduardo Miño, si suicidasse pugnalandosi e poi dandosi fuoco di fronte alla Moneda per protestare contro l’indifferenza del governo cileno e dell’intero paese sulla questione dell’amianto: era il 30 novembre 2001. In effetti, aldilà della legge Lagos-Bachelet del settembre 2001, lo stato cileno ha fatto ben poco, ignorando il fatto che le morti per amianto continueranno ancora, almeno fino al 2030, sostengono i parenti degli operai morti di cancro. Addirittura, nel 1999, il segretario regionale ministeriale della sanità per la regione metropolitana di Santiago, Roberto Belmar Erpel (sotto la presidenza di Eduardo Frei, espressione della Concertación) sostenne pubblicamente che “non era possibile vietare l’utilizzo dell’amianto, ma si potevano prendere delle misure per regolarne in maniera efficace il suo utilizzo”. In teoria l’amianto dovrebbe essere smaltito in una zona adatta ai rifiuti industriali e in condizioni di sicurezza. Fino al 2006 Pizarreño S.A. è stata amministrata dal gruppo Angelini-Matte, una delle più grandi imprese del mercato forestale cileno, padrona della compagnia Bosques Arauco e fortemente ostile alle comunità mapuche. Il direttore dell’impresa, già proprietario del gruppo Matte, è Canio Corbo, che la acquistò alla fine degli anni ’90. In precedenza Pizarreño S.A. si alleò con il regime di Pinochet per allinearsi con l’impresa Matte, anch’essa in piena sintonia con il dittatore cileno: non è un caso che il principale avvocato di Pizarreño S.A. sia Gabriel Zaliasnik, esponente dell’ancora filopinochettista Udi, il partito dell’ Unión Demócrata Independiente. Secondo l’Observatorio Latinoamericano de Conflictos Ambientales (Olca) e l’organizzazione sociale Unidos Contra el Asbesto (Uca), almeno trecento persone che abitavano nelle vicinanze dell’impresa sono morte per esposizione all’amianto. Inoltre, almeno il 42% delle case costruite in Cile hanno i tetti che contengono amianto, mentre buona parte delle tubature della municipalizzata dell’acqua nella regione metropolitana di Santiago, Aguas Andinas, sarebbero anch’esse fatte principalmente di amianto. E poi ci sono i lavoratori di Pizarreño S.A. e le loro famiglie: negli anni ’50 l’impresa costruì la Villa Pizarreño, un villaggio per gli operai poco lontano dalla fabbrica. Il presidente di Pizarreño S.A., Canio Corbo, non è mai stato raggiunto da alcuna condanna: faceva sentire gli operai come parte della famiglia pizarreña, ma li sfruttava e, di fatto, ne stabiliva la condanna a morte. In tutti questi casi è stato registrato un numero di morti per cancro molto superiore alla media: la semplice respirazione della polvere emanata dall’amianto può provocare casi di mesotelioma. Raccontano i lavoratori: “Nessuno sospettava che l’amianto fosse un nemico mortale per gli operai e le loro famiglie” e l’impresa nascose quello che non era soltanto un dettaglio. Anzi, quando i lavoratori cominciarono ad accusare i primi sintomi dell’asbestosi, Pizarreño S.A. sosteneva che si trattava delle troppe sigarette fumate dagli operai. L’Uca ha parlato di un “genocidio industriale condotto consapevolmente da un’impresa interessata solo al profitto e non alle conseguenze per i suoi lavoratori”. L’inalazione dell’amianto causa ancora oggi danni irreparabili alla salute dei lavoratori e delle loro famiglie. Tuttora lo stato non è in grado di conoscere con precisione quante sono le abitazioni costruite con l’amianto in tutto il paese, così come non sa offrire garanzie sugli effetti di un’eventuale demolizione e ricostruzione delle case con criteri socialmente responsabili. L’Uca e i sindacati di Pizarreño S.A. e altre imprese danno per certo che fino al 2010 si è continuato ad utilizzare l’amianto nelle costruzioni, ma la mafia del asbesto ha continuato a propagarsi per tutto il paese grazie all’azione di una fortissima lobby industriale: le denunce ai tribunali di tutto il paese non si sono mai trasformate in condanne a carico delle imprese colpevoli di aver utilizzato l’amianto. Juan Carlos Ortiz, portavoce del movimento Unidos Contra el Asbesto, racconta di aver vissuto per quindici anni a Villa Pizarreño perdendo il padre, operaio dell’impresa, e la sorella, che mai aveva lavorato in fabbrica: entrambi furono aggrediti dal mesotelioma. E ancora, la moglie di un lavoratore di Pizarreño S.A. ricorda di aver lavato per anni la tuta da lavoro del marito, regalata dalla stessa impresa agli operai, ma era impregnata di amianto. Non solo il marito è morto di cancro, ma anche la madre della moglie, che all’epoca viveva con la coppia. Questi casi sono solo alcuni dei tanti: la condanna a morte per cancro è pressoché certa per buona parte delle famiglie che hanno avuto un lavoratore alla Pizarreño S.A., la principale responsabile di questa mattanza. Tuttora lo stato cileno tende a nascondere il problema. Lucio Cuenca, direttore dell’Observatorio Latinoamericano de Conflictos Ambientales, evidenzia che il governativo Instituto Nacional de Derechos Humanos (Indh) ha tracciato una mappa dei conflitti socio-ambientali cileni sorti tra il 2011 e il 2012, ne ha elencati 97, ma non ha mai fatto riferimento alle morti per amianto.
Alle lobbies dell’amianto potrebbe mettere un freno Michelle Bachelet se verrà eletta presidenta del paese nell’ormai imminente ballottaggio del prossimo 15 dicembre, ma questo tema, almeno finora, è rimasto assente per tutta la durata della campagna elettorale.
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