Presidenziali El Salvador: favorito il Frente Farabundo Martí para la Liberación Nacional
Le elezioni in programma il prossimo 2 febbraio in El Salvador, el pulgarcito de América, secondo gli ultimi sondaggi potrebbero riconfermare un esponente del Frente Farabundo Martí para la Liberación Nacional (Fmln) alla presidenza del paese: si tratterebbe di un risultato storico per la sinistra salvadoregna, che però, probabilmente, dovrà giocarsi la vittoria in occasione del ballottaggio, previsto per il 9 marzo.
Il candidato dell’Fmln, la ex guerriglia trasformatasi in partito politico al termine di una lunga guerra civile scaturita da una serie di regimi dittatoriali di un’ultradestra che ancora oggi gode di un certo consenso nel paese, è uno dei suoi leader storici, Salvador Sánchez Cerén, attualmente vicepresidente di El Salvador. La sua candidatura assume un valore particolare: se il presidente in scadenza di mandato, Mauricio Funes, era stato presentato alle presidenziali del 2009 per attrarre il voto moderato (era un corrispondente della Cnn dal Centroamerica, quindi non un appartenente alla storica comandancia guerrigliera del Frente), Salvador Sánchez Cerén rappresenta l’anima autentica dell’Fmln, tanto che la notizia della sua candidatura non è stata accolta benissimo negli Stati Uniti. Del resto, gli Usa avevano trovato in Funes un partner ideale, che alla fine non ha mai creato particolari problemi all’ingombrante vicino. L’eventuale successo di Salvador Sánchez Cerén sarà ostacolato da una destra rissosa e divisa, che non si presenta nel modo migliore all’appuntamento elettorale. L’Alianza Republicana Nacionalista (Arena), che fino alla vittoria di Funes (la prima volta che gli efemelistas giunsero alla presidenza del paese) aveva imposto regimi che, pur con il ritorno alla democrazia, avevano sempre imposto la mano dura, presenta il sindaco della capitale San Salvador, Norman Quijano, ma gli areneros si presentano indeboliti all’imminente tornata elettorale. Il partito è finito nell’occhio del ciclone per una serie di episodi di corruzione (oltre 150) che hanno coinvolto buona parte dei suoi funzionari e dirigenti, tanto che da una delle tante scissioni che hanno terremotato Arena è sorta la Gran Alianza de Unidad Nacional, de Concertación Nacional y Demócrata Cristiano (Gana), anch’essa in campo per piazzare alla presidenza del paese Elías Antonio Saca, più noto con il nomignolo di Tony e già alla guida di El Salvador dal 2004 al 2009. L’ex presidente mira a spodestare Arena per conquistarsi il diritto al ballottaggio con Salvador Sánchez Cerén. La presenza di un’alternativa di destra ad Arena, formata come lo è Gana da ex sindaci, deputati e membri dei circoli territoriali degli areneros, potrebbe rivoluzionare lo scenario politico del paese, anche se entrambi i partiti si inseriscono nel quadro del neoliberismo: più semplicemente, si tratta di uno scontro tra due fazioni dell’oligarchia salvadoregna. È probabile che, in caso di ballottaggio tra Fmln ed Aren,a gli elettori che al primo turno hanno espresso la loro preferenza per Saca tornino a votare Arena per impedire che il centrosinistra si confermi alla presidenza del paese, anche se si maligna che ormai i vertici efemelistas abbiano in realtà più di qualche affinità con Gana e la coalizione dell’ex presidente. Un sondaggio realizzato dall’Universidad Francesco Gavidia nel mese di ottobre, evidenzia che Salvador Sánchez Cerén godeva allora di quasi il 36% delle intenzioni di voto, rispetto al 26% di Norman Quijano, mentre Saca si fermerebbe al 12,7%. Da allora i valori non si sono spostati più di tanto, con Unidad, la coalizione di Saca che, oltre a Gana è composta anche da altri partiti minori definiti dalla sinistra partidos-mafia, mira a conquistare voti non sul campo delle affinità politico-ideologiche, quanto su quello di interessi economico-corporativi simili per sottrarre ad Arena la rappresentanza della nuova borghesia salvadoregna emergente. La sinistra sociale teme che il Fmln, in caso di vittoria, dia troppo spazio a quelle correnti interne che non hanno un’origine di sinistra come i vecchi militanti ed aprano a Unidad, ritenuta una destra comunque più presentabile di Arena e con la quale è possibile dialogare, sebbene siano sotto gli occhi di tutti i disastri compiuti da Tony Saca nel corso del suo mandato: si tratterebbe della cosiddetta gobernabilidad democrática in un paese che, con Funes, non si è mai distaccato dai diktat imposti dai mercati e dagli Stati Uniti. C’è la preoccupazione che Salvador Sánchez Cerén, in caso di vittoria, non si discosti troppo dal suo predecessore, ponendosi quindi in continuità con il trattato di libero commercio, il pagamento del debito estero e il mantenimento della dollarizzazione. Di questo sono coscienti anche molti intellettuali di sinistra, che però invitano a votare per il male minore, memori del ventennio di governo di Arena, caratterizzato da ben quattro amministrazioni all’insegna del neoliberismo e delle privatizzazioni. È certo che una nuova vittoria del Frente non produrrà una rottura con il sistema capitalista, come testimoniato anche dalla capacità di muoversi di Mauricio Funes, che ha sempre cercato di trovare una via di mezzo tra le aspettative di rivoluzione della sinistra salvadoregna e la necessità di apparire affidabile a livello internazionale. Tra gli interventi più apprezzabili di Funes quello che ha portato ad un accordo, per quanto traballante, tra le maras, le bande criminali, spesso composte da giovani e giovanissimi, che fanno di El Salvador uno tra i paesi con il più alto tasso di omicidi al mondo, soprattutto se rapportato al numero dei suoi abitanti. Con l’avvicinarsi della contesa elettorale, le polemiche tra i candidati sono divenute sempre più aspre. Il presidente uscente Mauricio Funes è stato denunciato da Arena per aver violato la Costituzione: nei suoi interventi avrebbe invitato, tra le righe, a votare per il Frente. In realtà, il presidente non ha fatto altro che mettere il dito nelle piaghe degli areneros, accusati di aver distrutto il tessuto produttivo del paese per tutelare interessi privati, sollecitando la popolazione a non votare per il ritorno al potere dell’oligarchia. Inoltre, per raggiungere il voto anche di settori storicamente antipatizzanti dell’Fmln, nei primi sei mesi dello scorso anno Funes e gli efemelistas hanno lanciato un’ampia consultazione popolare nel segno del Diálogo de país por El Salvador que queremos: l’iniziativa ha goduto di un certo successo.
Un nuovo successo del centrosinistra, pur con tutte le contraddizioni insite nell’Fmln, sarebbe comunque importante soprattutto a livello regionale in un contesto come quello centroamericano, che ancora non è riuscito ad indirizzarsi sulla strada dell’emancipazione politica e sociale dai terratenientes, dai mercati e dal Washington Consensus come hanno fatto diversi paesi latinoamericani.
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