Latina

Riforma del lavoro nel Salvador: una priorità per il prossimo governo

Il tasso di contrattazione collettiva a livello nazionale è uno dei più bassi della regione
25 marzo 2014
Giorgio Trucchi

Gilberto García del Ceal (Foto G. Trucchi | Opera Mundi)

Quando, concluso il primo turno delle elezioni presidenziali del due febbraio scorso, il Ministero del Lavoro salvadoregno annunciò che 164 aziende – comprese 22 amministrazioni comunali – erano state denunciate per avere coartato il voto dei loro lavoratori, nessuno si sorprese più di tanto.

Per Gilberto García, coordinatore del Centro di studi e di sostegno al lavoro, Ceal, questa situazione anacronistica è il risultato di una oligarchia imprenditrice salvadoregna che “non vuole perdere il controllo economico del paese e tanto meno pagare imposte”. Pretende semplicemente tornare al passato e fermare il corso della storia.

Durante i 20 anni di governo della destra salvadoregna sono state implementate le ricette più dure del modello neoliberale. Dopo la firma degli Accordi di Pace nel 1992, il partito Arena ha offerto tutte le facilitazioni affinché il settore finanziario si imponesse sull'industria.

“Hanno 'dollarizzato' l'economia e consegnato le riserve internazionali alle banche; hanno sostituito l'industria nazionale con l'importazione di beni e l'istallazione di 'maquillas'. Infine – continua García – hanno venduto le banche a compagnie straniere, restando azionisti minoritari e facendosi assumere come amministratori, e si sono alleati con il capitale multinazionale. Tutti gli industriali si sono trasformati in importatori”, ha ricordato.

Riforma Urgente

Per l’esperto in questioni sindacali, le difficoltà che l'attuale governo di Mauricio Funes ha affrontato e le sfide per il futuro hanno a che fare con elementi macroeconomici, modelli di sviluppo, ma anche con la necessità di riformare la legislazione sul lavoro e garantire diritti lavorativi e sindacali e un impiego dignitoso.

“Il movimento sindacale è sopravvissuto a 60 anni di dittatura militare, a 10 anni di conflitto armato interno e a 20 anni di neoliberalismo. Abbiamo bisogno di riforme profonde di  tutta la legislazione che governa l'ambito lavorativo e la previdenza sociale”, afferma il coordinatore del Ceal.

Tra il 2009 ed il 2013 si sono formate 13 mila nuove imprese e si sono generati 113mila nuovi posti di lavoro. Nonostante ciò, nel Salvador, il lavoro informale continua a rappresentare più del 50% del totale.

Tra i punti più urgenti che dovrà affrontare il futuro Presidente della Repubblica, l’exguerrigliero e attuale vicepresidente Salvador Sánchez Cerén del Fronte Farabundo Martí per la liberazione nazionale, Fmln, García segnala una riforma legislativa e istituzionale che promuova e difenda la libertà d’associazione e il diritto alla contrattazione collettiva di comparto e che riduca, in modo sostanziale, i requisiti richiesti per poter creare un sindacato aziendale.

Si dovrà, inoltre, promuovere un nuovo censo sindacale nazionale e combattere l'antisindicalismo che impera nel settore privato. Tra i casi più emblematici di violazione alla libertà sindacale, García segnala quello dell’azienda alimentare LIDO S.A. deC.V. e dei complessi turistici Las Veraneras, di capitale salvadoregno e Hotel Royal Decameron Salinitas di capitale colombiano, situati nella zona costiera di Los Cóbanos.

L’atteggiamento antisindacale di queste aziende ha già provocato il licenziamento ingiustificato e illegale di decine di lavoratori e lavoratrici.

Bassa sindacalizzazione

Il tasso di sindacalizzazione nel Salvador è solamente del 7,38% della forza lavoro e si concentra nel settore pubblico. In quello privato non solo non raggiunge nemmeno il 2%, ma la percentuale dei lavoratori cui si applica la contrattazione collettiva è solamente dello 0,46% della forza lavoro.

“Anche se negli ultimi anni è aumentato il livello di sindacalizzazione, abbiamo bisogno di riforme che permettano di combattere frontalmente l'antisindicalismo e che garantiscano alle autorità del lavoro una maggiore capacità coercitiva”, afferma García.

Il coordinatore del Ceal propone che, il futuro governo, condizioni gli incentivi economici previsti per le aziende al rispetto incondizionato delle libertà sindacali e dei diritti dei lavoratori. “Le persone hanno bisogno di lavorare e sono sottoposte a continui ricatti da parte dei datori di lavoro. Hanno paura di essere licenziati nel caso in cui decidessero di organizzarsi sindacalmente. Il futuro governo dovrà promuovere politiche che favoriscano e implementino l’occupazione, condizioni di lavoro dignitoso, lottando contro le violazioni dei diritti sul lavoro e di quelli sindacali”, ha concluso.

Fonte originale: Rel-UITA (spagnolo)

Note: Traduzione: Sergio Orazi
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