Chiapas: Marcos smette di esistere, ma il progetto zapatista prosegue
Le recenti dichiarazioni del subcomandante Marcos, che hanno annunciato la sua sparizione dalla scena pubblica a seguito dell’omicidio del maestro dell’escuelita zapatista di
La creazione del personaggio Marcos, spiega il subcomandante, fu una sorta di diversivo in attesa che il progetto di autonomia zapatista prendesse corpo: l’uomo con il passamontagna non lascia per problemi di salute, e nemmeno per dissapori con le basi dell’Ezln, come hanno scritto frettolosamente molti quotidiani mainstream, compresi quelli italiani, che non hanno mai compreso fino in fondo il senso del mandar obedeciendo e quel progetto politico che non è né elettorale né armato e per questo ha creato sconcerto anche all’interno di una certa sinistra rimasta troppo rigida e imbalsamata: il subcomandante metaforicamente muore affinché Galeano viva. È in questo contesto che è stata decisa la desaparición del personaggio che aveva rappresentato finora le comunità zapatiste. Marcos ha scritto: “Ci siamo resi conto che ormai c’era già una generazione che poteva guardarci, che poteva ascoltarci e parlarci senza bisogno di una guida o leadership, né pretendere sottomissione. Marcos, il personaggio, non era più necessario. La nuova tappa della lotta zapatista era pronta”. In questo contesto, il subcomandante ha evidenziato che, in occasione dell’insurrezione del 1 gennaio 1994, necessaria per mostrare al Messico desideroso di entrare nel primo mondo (e fiero di aver sottoscritto il Nafta, il trattato di libero commercio) le drammatiche condizioni di vita delle comunità indigene, “lo sguardo si era fermato sull’unico meticcio che videro con un passamontagna, cioè, non vedevano. I nostri capi e cape allora dissero: vedono solo la loro piccolezza, inventiamo qualcuno piccolo come loro, cosicché lo vedano e che attraverso di lui ci vedano”. Fino ad allora, in Messico, uomini del potere e operatori dell’informazione a loro vicini, ignoravano che esistesse un villaggio denominato La Realidad nella valle di Las Margaritas e, a seguito del levantamiento del 1 gennaio 1994, non riuscivano ad accettare che un piccolo e sperduto paese fosse divenuto il cuore della resistenza zapatista, dove si recavano a centinaia esponenti della società civile, intellettuali e cooperanti, fa notare Hermann Bellinghausen, giornalista storicamente vicino alla lotta degli indigeni chiapanechi. Purtroppo, in pochi hanno sottolineato che, al pari della despedida di Marcos, le comunità zapatiste hanno dovuto elaborare un lutto assai più profondo, quello dell’assassinio di Galeano, avvenuto il 2 maggio per mano dei paramilitari della Central Independiente de Obreros Agrícolas y Campesinos Histórica (Cioac-h): si è trattato di un’aggressione grave come quella della strage di Acteal (nel 1997) e di altri episodi che hanno segnato in maniera drammatica la vita del Chiapas insurgente.In questi anni, anche a livello di controinformazione, l’attenzione sullo zapatismo è venuta meno, o è comunque calata, anche sui mezzi di controinformazione, ma ciò che invece ha proseguito senza sosta è stata la campagna di divisione delle comunità indigene, utilizzata dall’estabilishment governativo come nuova tattica per indebolire i movimenti sociali: in questo contesto si inserisce anche l’opera di frammentazione e, in certi casi, di cooptazione, delle autodefensas del Michoacán, caratterizzata dalla carcerazione immediata per i leader dissidenti. Carlos Fazio, su
Il personaggio di Marcos, che lo stesso subcomandante ha descritto come “una complessa manovra di distrazione, un trucco di magia terribile e meraviglioso…, la saggezza indigena che sfidava la modernità in uno dei suoi bastioni, i mezzi di comunicazione” non esisterà più, ma ciò che non muore, nonostante tutto è il progetto di autonomia della resistenza zapatista, a partire dall’autoeducazione delle escuelitas: il nuovo modo di fare politica degli zapatisti proseguirà a sfidare l’impero.
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