Latina

A causa dei fondi speculativi a Buenos Aires si teme un nuovo default

Argentina: i fondi avvoltoi minacciano il paese

La sentenza di un giudice Usa ha dato piena ragione ad una minoranza dei creditori che pretende il pagamento senza alcuno sconto
6 luglio 2014
David Lifodi

internet

Grazie all’intransigenza di un giudice statunitense e a quella della finanza internazionale, l’Argentina rischia di trovarsi di nuovo di fronte allo spettro del default economico come già avvenuto nel 2001-2002. Thomas Griesa, questo il nome del fiscal Usa, ha stabilito infatti che l’Argentina debba pagare le richieste dei fondi speculativi, denominati buitres, avvoltoi, entro il 31 luglio: si tratta di quell’8% che ha rifiutato la ristrutturazione del debito derivante dalla bancarotta dei primi anni Duemila.

A seguito della crisi che allora mise in ginocchio l’Argentina, la Casa Rosada si era impegnata a pagare una rata del rimborso stabilito con il 92% dei possessori dei bond, ma l’8% dei creditori ha preteso, fin dall’inizio, un pagamento pieno, e non soltanto un terzo della somma dovuta: per questo si sono rivolti alla magistratura statunitense, che ha dato loro ragione. Griesa ha imposto all’Argentina il pagamento di 1,7 milioni di dollari, interessi compresi, per soddisfare soprattutto quegli hedge fund a stelle e strisce che hanno rifiutato qualsiasi forma di accordo: tra loro il fondo Elliot Associates di Paul Singer. Non solo: i fondi Aurelius Capital e Blue Angel si erano già rivolti in precedenza alla giustizia statunitense e per questo la competenza sul futuro economico dell’Argentina è nelle mani della magistratura Usa. Il contenzioso finanziario tra Buenos Aires e i fondi avvoltoi è in corso da anni. Nel 2012 Nml Capital, una società sussidiaria dell’hedge fund, sequestrò per mesi la fregata argentina Libertad, rimasta bloccata in Ghana per lungo tempo fin quando non ne fu disposto il rilascio: lo scopo era quello di ottenere un risarcimento per i debiti non pagati. Domani, a New York, è previsto il primo incontro tra governo argentino, magistratura Usa e buitres per risolvere una questione assai complicata e che rischia di portare di nuovo nel baratro un paese che, dopo il default del 2001, era tornato a risollevare l’economia nazionale grazie all’acquisto delle aziende pubbliche privatizzate all’epoca del menemismo e di De La Rua. La stessa Banca Mondiale ha dovuto riconoscere che l’Argentina è stato il paese che negli ultimi anni è riuscito a ridurre maggiormente il coefficiente di Gini e ad aver duplicato una classe media passata nel giro di pochi anni da 9 a oltre 18 milioni di persone. Eppure, la sentenza di Griesa, se davvero applicata, rischia di provocare sull’Argentina una cosiddetta “tempesta finanziaria”. Se la Casa Rosada rifiuterà di pagare i fondi avvoltoi, Griesa ha già disposto che sia bloccata anche la rata destinata al pagamento delle scadenze dei bonds ristrutturati. “Ogni tentativo di pagare i risparmiatori con il debito ristrutturato”, ha intimato Griesa, “è illegale”, respingendo anche il ricorso inoltrato con urgenza dall’Argentina alla Corte Suprema Usa. Dalla sua Buenos Aires può mettere in campo l’appoggio di Unasur, dell’Alba, e addirittura della balbettante Osa, l’Organizzazione degli Stati Americani, che ha appoggiato il governo argentino con le solite eccezioni di Stati Uniti e Canada. Oltre alla solidarietà scontata dei paesi latinoamericani di orientamento progressista, tra cui quella del presidente uruguayano Pepe Mujica (che pure non è mai andato troppo d’accordo con la presidenta Cristina Kirchner), si è schierato dalla parte dell’Argentina il think tank statunitense Council on Foreign Relations, un’organizzazione non certo sospettabile di avere simpatie di sinistra e che ha definito Griesa e la Corte Suprema come dei “pericolosi fondamentalisti”. In una lettera aperta a Thomas Griesa, il premio Nobel per la pace Adolfo Perez Esquivel ha scritto che “non è giusto privilegiare il capitale finanziario rispetto alla vita dei popoli”. Del resto, prosegue Esquivel, i fondi avvoltoi “fanno parte di un debito immorale e ingiusto contratto alle spalle del popolo”.

Nel 2001 il governo utilizzò i dollari dei correntisti privati per pagare il debito estero: si trattò del cosiddetto corralito che causò la bancarotta del paese, impose la chiusura delle fabbriche e provocò una crescita astronomica della disoccupazione. Adesso che l’Argentina si è rialzata, la sentenza di Griesa, dagli Stati Uniti, rischia di far saltare di nuovo il banco di un paese che, coraggiosamente, si era affrancato dalla schiavitù economica imposta dal Fondo Monetario Internazionale.

Note: Articolo realizzato da David Lifodi per www.peacelink.it
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