Latina

“Difenderemo i nostri territori ancestrali” dice la dirigente garifuna dopo il sequestro

Il crimine organizzato, in combutta con politici senza scrupoli e latifondisti, guardano con estremo interesse al territorio ancestrale garifuna di Vallecito
22 luglio 2014
Giorgio Trucchi

Miriam Miranda (Foto G. Trucchi | Opera Mundi)

Lo scorso 17 luglio, un gruppo di persone legate alla Ofraneh (Organizzazione fraternale nera honduregna), che vivono nel territorio garifuna di Vallecito, al nord dell’Honduras, è stato attaccato e sequestrato da uomini armati e a viso scoperto che stavano presidiando la zona dove, secondo gli stessi abitanti, il crimine organizzato stava riattivando una pista d’atterraggio clandestina per narco-aerei.

Nel 1997, i terreni di Vallecito – circa 980 ettari nel dipartimento di Colón – sono stati assegnati dall'Istituto nazionale agrario, Ina, al popolo garifuna. Un anno dopo, il latifondista e produttore di palma africana Miguel Facussé Barjum, proprietario di Dinant Corporation, ha invaso parte di queste terre per coltivare palma africana.

Ofraneh spiega che, dopo una sentenza della Corte Suprema di Giustizia, il magnate rinunciò alle sue pretese. Alcuni mesi dopo però, persone associate al crimine organizzato si sono impossessate di quasi l'80% del territorio di Vallecito e hanno costruito una pista d’atterraggio clandestina, la quale è stata utilizzata per anni “senza che le autorità intervenissero nonostante le denunce presentate”.

Nel 2013, l'Ina ha finalmente inviato dei tecnici a rimisurare l’intero territorio. Nonostante le minacce, le vessazioni, i sabotaggi e l'assedio permanente, la comunità garifuna riuscì a riprendere possesso delle proprie terre ed a esercitare momentaneamente il diritto alla proprietà collettiva.

Abbandono e impunità

È in questo contesto di minacce e repressione, ma anche di impunità e assenza totale dello stato honduregno, che una decina di membri della Ofraneh sono stati sequestrati, tra di loro Miriam Miranda, coordinatrice dell’organizzazione garifuna.

“Sei mesi fa, questa pista è stata fatta saltare con la dinamite. Negli ultimi giorni, però, avevamo notato strani movimenti nel nostro territorio e abbiamo deciso di andare a vedere cosa stesse accadendo. In effetti, abbiamo visto diverse persone che stavano tagliando alberi, riempendo le buche e risistemando la pista. Quando, il giorno seguente, siamo tornati sul posto, un gruppo di uomini con armi di grosso calibro ci ha intercettato e catturato. Per fortuna, alcune persone del gruppo sono riuscite a scappare e a nascondersi nel bosco. Da lí hanno fatto varie chiamate e hanno lanciato l’allarme”, ha detto Miriam Miranda alla LINyM.

Miranda ricorda qhe il gruppo dei sequestrati è stato obbligato a consegnare i telefoni cellulari ed è stato condotto in un luogo appartato. “C'era la chiara intenzione di farci scomparire, perché eravamo stati testimoni di quello che stavano facendo con la pista clandestina. Chiedevano insistentemente di me, della coordinatrice di Ofraneh e sono stata molto fortunata, perché nessuno dei rapitori mi conosceva”, ha aggiunto la dirigente garifuna.

“Uno dei rapitori ci ha messo in comunicazione per telefono con una persona che identificò come 'il capo'. Voleva negoziare la nostra liberazione a condizione di riunire tutte le persone che vivono a Vallecito. La denuncia fatta a livello nazionale e internazionale da parte delle persone che si erano sottratte alla cattura e la veloce mobilitazione della solidarietà ha però fatto saltare i piani di questi criminali. Gli uomini armati se ne sono andati e noi siamo potuti tornare nella comunità”, ha aggiunto Miriam Miranda.

Difesa del territorio

La dirigente garifuna ha piegato che la situazione è complicata e che lo Stato non solo non brilla per la sua presenza, ma ha anche vincoli e responsabilità dirette per quanto sta accadendo.

“La difesa dei nostri territori ancestrali è diventata una minaccia per i gruppi del crimine organizzato, per funzionari pubblici e latifondisti. Per il momento resteremo qui, perché non ci fidiamo a uscire dai terreni e ad avventurarci a raggiungere le nostre case. Temiamo che ci possa essere una rappresaglia. La gente ha paura, ma il continuo arrivo di compagni e compagne e la grande quantità di messaggi di solidarietà che giungono da tutto il mondo ci ha fatto capire che non siamo soli e che possiamo contare sul loro aiuto. Purtroppo dobbiamo anche denunciare l’assoluta assenza dello Stato e il disinteresse delle autorità per i nostri diritti e per la nostra sicurezza”, ha aggiunto la coordinatrice di Ofraneh.

Miriam Miranda è sicura che la rivendicazione permanente dei territori garifuna continuerà ad esporre lei e la Ofraneh alla persecuzione, alla repressione e alla violenza criminale, come effetto diretto di interessi che accomunano il crimine organizzato, istituzioni pubbliche, la politica corrotta e il business del monocoltivo.

La Ofraneh ha denunciato che questa situazione fa anche parte di una politica di Stato che promuove la criminalizzazione della protesta sociale, della lotta contro l'accaparramento e la sottrazione dei territori e contro lo sfruttamento indiscriminato delle risorse naturali e i beni comuni.

“Vogliono farci sparire perché non permettiamo l'accesso ai nostri territori ancestrali. Noi ci manterremo qui, decisi a difendere ciò che è nostro”, ha concluso Miriam Miranda.

Fonte originale: LINyM

Note: Traduzione: Sergio Orazi
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