La recente scoperta di undici prigionieri politici brasiliani eliminati in Argentina dalla dittatura del triumvirato militare Videla-Massera-Agosti e il caso di sei argentini
desaparecidos nel Brasile occupato per quasi venti anni dai militari, riaprono una volta di più la necessità di fare piena luce sul Plan Cóndor, il piano di
controinsurgencia coordinato tra l’
intelligence di diversi stati del continente (Argentina, Paraguay, Uruguay, Cile, Bolivia, Brasile, Ecuador) che causò migliaia di vittime.
La rigida applicazione della dottrina di Sicurezza nazionale rese necessario, per molti oppositori politici del Cono Sur, migrare verso altri paesi del continente latinoamericano, ma lì furono preda di un’intelligence spietata che li seguiva ovunque. Secondo quanto è emerso dagli archivi della polizia politica ritrovati in Brasile e in Argentina grazie al lavoro delle rispettive Comisiones de la Verdad, emerse che i cittadini emigrati in un altro paese erano controllati e spiati. L’apparato repressivo dei paesi del Cono Sur era a conoscenza di tutte le loro attività di carattere politico, associativo, culturale e studentesco. La cooperazione tra le forze armate argentine e brasiliane cominciò nel 1971 e terminò solo nel 1980: nel mezzo, il biennio 1976-1977, quello dove maggiormente, in entrambi i paesi, si dispiegò il terrorismo di stato. L’obiettivo esplicito dell’attività di cooperazione tra i regimi dei due paesi, come emerso da numerosi documenti, era quello di coordinare le attività di intelligence allo scopo di scambiarsi i dati relativi ai militanti di sinistra e prevenire, in entrambi i paesi, la diffusione di idee considerate sovversive. Tra i casi più evidenti emersi nell’ultimo anno quelli del brasiliano Walter Fleury, brasiliano sequestrato e desaparecido in Argentina, e del giornalista argentino Norberto Armando Hebegger. Walter Fleury, il cui cognome, paradossalmente, corrisponde a quello di uno dei torturatori più feroci e spietati del regime brasiliano (il Sérgio Paranhos Fleury che torturò il frate domenicano Tito de Alencar Lima fino a causarne, anni dopo, il suicidio), faceva parte della lista dei ricercati, come risulta dall’archivio emerso dalla prefettura navale argentina. Insieme a lui emergono altri nomi di cittadini brasiliani scomparsi e mai più ritornati alle loro famiglie, segno della persecuzione sofferta in Argentina dagli oppositori politici in fuga dal loro paese. Di Fleury l’apparato repressivo argentino sapeva tutto: erano a conoscenza che era stato licenziato dalla Fiat per la sua ideologia comunista e di tutte le attività che realizzava presso il suo domicilio. Quanto al giornalista argentino Norberto Armando Hebegger, sparì per mano dei militari brasiliani non appena atterrato all’aeroporto Galeão di Rio de Janeiro. Hebegger, militante della guerriglia montonera, aveva cercato rifugio in Brasile. Andrés Habegger, figlio del giornalista, ha consegnato al console argentino Alana Lomónaco un documento della dittatura brasiliana, da cui emerge che era pienamente a conoscenza della guerriglia dei montoneros, del fatto che alcuni di loro avessero cercato riparo in Brasile, ma soprattutto della repressione, sul suolo brasiliano, che aveva causato la morte di alcuni guerriglieri. L’ipotesi più probabile è che Norberto Armando Hebegger sia stato catturato dai militari brasiliani all’aeroporto e poi consegnato ai colleghi argentini che lo hanno condotto in un campo di concentramento dove se ne sono perse le tracce. Fino al 1 agosto la Commissão Nacional da Verdade ha chiamato a testimoniare oltre cinquanta persone coinvolte nella violazione dei diritti umani all’epoca del Plan Cóndor. Tra le personalità di rilievo legate alla dittatura militare brasiliana l’ex colonnello dell’esercito Roberto Amorim Gonçalves, uno degli infiltrati all’interno della guerriglia dell’Araguaia. Gonçalves partecipò attivamente all’Operazione Sucurì, un’azione di infiltrazione della guerriglia avvenuta nel 1973 che decimò i ribelli. Inoltre, Gonçalves lavorò in prima persona presso la polizia politica brasiliana, ritenuto unanimemente il maggior organo di repressione del paese, ma ha sempre negato ogni addebito in fatto di sequestri e violazioni di diritti umani, anzi, ha fatto capire che l’infiltrazione tra le file della guerriglia si era resa necessaria. La negazione di ogni responsabilità da parte dei militari legati al Plan Cóndor caratterizza ormai ogni loro dichiarazione pubblica e nelle aule dei tribunali, nella speranza di sottrarsi alla giustizia. Ha seguito la stessa strada Deoclécio Paulo, addetto militare dell’ambasciata brasiliana a Santiago del Cile in occasione del colpo di stato dell’11 settembre 1973 che partecipò attivamente alla repressione pinochettista: a lui si deve la scomparsa del connazionale Vânio José de Matos, torturato e ucciso nel tristemente noto Estadio Nacional de Chile.
A dicembre, la Commissão Nacional da Verdade divulgherà un rapporto dettagliato sulle testimonianze dei carnefici del Plan Cóndor, l’elenco dei desaparecidos e le motivazioni per cui sono stati incriminati i repressori.
Note: Articolo realizzato da David Lifodi per
www.peacelink.it.
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