Latina

Sequestrata la campesina Luz Denis Valle Valderrama

Colombia: guerra a bassa intensità contro la comunità di pace di San José de Apartadó

Le intimidazioni e le provocazioni sono opera di esercito e paramilitari
18 agosto 2014
David Lifodi

internet Sulla Colombia che aspira alla pace, ma è ancora prigioniera di uno stato che fa carta straccia dei diritti civili e umani, pesa una nuova ombra, quella relativa al sequestro della campesina Luz Denis Valle Valderrama ad opera di presunti agenti della Fiscalía legati ad ambienti militari e paramilitari.

Il rapimento di Luz Denis assume un significato preciso poiché la campesina vive a San José de Apartadó, dove nel marzo 1997 sorse la storica comunità di pace che dichiarò la sua equidistanza sia dalla guerriglia delle Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia sia dai paramilitari. Negli ultimi mesi le provocazioni nei confronti della comunità di San José de Apartadó sono cresciute ed hanno visto il coinvolgimento di esponenti di primo piano dell’esercito, a loro volta legati agli squadroni paramilitari. Il caso di Luz Denis Valle Valderrama è stato reso pubblico, in Italia, grazie alla mobilitazione della Rete Colombia Vive!. Il colonnello Germán Rojas Garcia, al comando della Brigata XVII dell’esercito, ha più volte minacciato apertamente la comunità di pace, abbandonata anche dalla Defensoría del Pueblo che, molto pavidamente, si è limitata ad inviare i familiari della campesina, madre di cinque figli, al comando di polizia, senza interessarsi minimamente della sua sorte. La Rete Colombia Vive! ha inviato alle più alte autorità colombiane una lettera per denunciare il sequestro di Luz Denis Valle Valderrama, avvenuto lo scorso  6 agosto, ultimo episodio di una strategia di intimidazione nei confronti della comunità di pace, il cui territorio, nel dipartimento di Antioquia, è fortemente infiltrato dai paras. Luz Denis non appartiene direttamente alla comunità di pace, ma tuttavia è parte integrante della popolazione civile: il suo rapimento, denuncia la stessa comunità, è il segnale di un governo che, invece di prendere delle misure per pacificare la regione, se hace siego, sordo y esquizofrénico. Alcuni esempi: il 7 luglio scorso, un folto gruppo di militari si è schierato all’ingresso dell’asentamiento della comunità di pace e se ne è andato solo dopo ripetute richieste da parte della comunità stessa che, suo malgrado, ha visto occupato il proprio territorio. Lo stesso episodio si è ripetuto il 9 luglio: su precisa richiesta, i militari hanno dichiarato di appartenere alle brigate mobili 24 e 25. Al momento di andarsene, gli uomini dell’esercito hanno minacciato la popolazione dicendo che sarebbero tornati con un maggior numero di forze e con intenti bellicosi. Dieci giorni dopo sono state rese pubbliche le dichiarazioni inquietanti del colonnello della Brigata XVII, Germán Rojas Garcia, che ha sostenuto la necessità di compiere un trabajo especial a San José de Apartadó per “riprenderci gli spazi che abbiamo perso”. Il territorio a cui si riferisce il militare, in realtà, è di proprietà dei comuneros, che hanno interpretato il poco conciliante messaggio del colonnello come un chiaro avvertimento lanciato in stile mafioso affinché la comunità abbandoni il proprio territorio. Rojas non è nuovo a comportamenti di questo tipo: negli anni scorsi, in qualità di membro del Batallón Voltigeros, legato alla Brigata XVII, è stato responsabile di montaggi giudiziari e persecuzioni nei confronti dei principali esponenti della comunità di pace. Non è finita qui. Nell’impunità più assoluta, il 21 luglio, un uomo non meglio identificato spacciatosi come integrante dell’Esercito, ha minacciato vari esponenti della comunità di San José facendo sapere loro che la Brigata XVII stava coordinando un’azione in grande stile per sterminare la comunità di pace. Del resto, la guerra a bassa intensità condotta nei confronti della comunità va avanti da lungo tempo, soprattutto grazie all’attivismo degli squadroni paramilitari, che sono stati tutt’altro che desmovilizados, come il precedente presidente del paese Uribe e l’attuale, Juan Manuel Santos, vogliono far credere. Walter Serpa, membro attivo della comunità è stato minacciato di morte e i paramilitari gli hanno mostrato una lista di appartenenti a San José de Apartadó da eliminare: pare che i nomi siano stati forniti loro dall’esercito. In particolare, a Serpa è stato contestato l’inverosimile ruolo di coordinatore della guerriglia nella zona, un’accusa non nuova, utilizzata più volte dai paras e dai militari per penetrare all’interno della comunità. In questo contesto, il governo non si è mai occupato di sanzionare gli abusi e le violenze dei militari né tantomeno ha mai contrastato con forza la pratica delle sparizioni forzate, ma si è contraddistinto per la violazione dei diritti umani ai danni dei membri della comunità, il cui territorio interessa allo stato colombiano soprattutto per le sue ricchezze minerarie. In uno scenario caratterizzato dalla contrapposizione armata tra componenti dell’esercito, dei gruppi paramilitari e dalla guerriglia, la comunità di San José de Apartadó ha scelto una rigorosa neutralità nel segno della non violenza, ma buona parte della sua popolazione civile ha pagato questa scelta con la vita e con lo sfollamento forzato. Buona parte dei leader comunitari sono stati uccisi (l’omicidio più tragico fu quello del 21 febbraio 2005, quando fu colpito Luis Eduardo Guerra, che in passato aveva partecipato anche alla  marcia Perugia-Assisi) e i  montaggi giudiziari nei confronti dei membri della comunità sono cresciuti, al pari degli incendi appiccati alle loro case ed alla presenza invadente dei paramilitari.

Eppure, la comunità di San José de Apartadó ha sempre difeso il suo diritto a restare neutrale rispetto al conflitto: ancora una volta, dicono, no podemos callar.

Note: Articolo realizzato da David Lifodi per www.peacelink.it
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